venerdì 20 gennaio 2012

MANIPOLAZIONE ARGUTA DEL DISSENSO (Antonio Recanatini)

L'unione come utopia
I potenti della terra hanno bisogno di inventare una morale diversa per il cittadino, che non sia viva, che sia serva, che sia senza speranze,
che sopravviva e che non sogni. Ma la morale ha un'unica connotazione, essa è parte dell'etica con un peso vitale non scindibile dal senso di giustizia e dall'onestà intellettuale
Il problema è che siamo quasi tutti presenti quando c'è da accaparrare un privilegio, quando c'è da rimarcare il proprio dominio, ognuno si distingue per il proprio egoismo, non ci sono grandi emisferi con cui confrontarsi perchè parliamo dell'uomo.
Dalle ultime stime in Italia ci sono 8 milioni di poveri, 11% delle famiglie sotto la soglia della povertà, disoccupazione da record, una strage con cui si sta speronando lo stato sociale per ridurlo ai minimi termini.
Colpevole è la stampa, forse la più colpevole, riesce a mixare le notizie fino a far sembrare i quotidiani un album di figurine, un assemblaggio di costumi, falsi opinionisti e scellerati governanti in prima pagina. Ma questa è storia, una semplice storia che gira intorno al mondo da sempre, quello che invece impressiona sono i mugugni per poche briciole, le sfide tra poveri come una guerra promossa dai potenti.
La Sicilia che si ferma sembra lontanissima dai fatti di questo paese, esportiamo lusso e impomatati furfanti a cui non è mai interessato il bene comune, ma il peggior sentimento che ci trasciniamo è l'egoismo. Siamo perplessi, costernati, indignati e rivoltosi a parole, ma poi giudichiamo pesantemente chi non riesce ad abbassare la testa, siamo insoddisfatti di tutto ma non sappiamo cooperare a prescindere.
Siamo divisi anche sul colore dei calzini, divisi per ogni stupida particella incolore senza guardare mai l'obiettivo, senza mai guardare oltre il confine di questo consumismo spasmodico e indecente.
Giudichiamo a priori chi protesta anche se essi avallano le nostre idee, quasi una disfida per non trionfare, un mezzo per non comunicare, una posizione di stallo alla quale non sappiamo rinunciare.
Proust disse che è molto più facile rinunciare ad un sentimento che abbandonare un'abitudine, parliamo e sputiamo sentenze prima di conoscere, ma non abbattiamo il muro di omertà promulgato da leggi non scritte, anche se da sempre conosciute come la manipolazione di massa e, parliamoci chiaro, dovesse partire una rivoluzione non saremo nemmeno mille a giocarci la pelle.
Sono stati abrogati i confronti perché siamo vispi individualisti che cercano di salvarsi prima che la nave affondi del tutto, come tanti piccoli spauracchi incapaci di discernere il bene dal male. No! mi spiace ma non è colpa dei soli poteri occulti, non è colpa di banchieri putridi come un letamaio sigillato, la colpa è da ricercarsi nei nostri dissapori popolari, nella nostra funzione di cittadini ignari e compromessi.
La smania di combattersi come pretendenti di una cagna in calore ci asfissia molto più di mille manovre, di altre centomila tasse. L'unico modo è unirsi nel dissenso, trovare accordi dal basso per ribaltare uno stato di fatto equivalente all'eutanasia, dipende da noi, ognuno con il suo ruolo per cercare accordi, migliorie e l'espressione dei meriti. Troviamo punti di contatto, il nemico è dall'altra parte.

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