lunedì 29 dicembre 2014

Cosi Muore una Biblioteca di Giovanna Murano

Il 10 dicembre è entrata in vigore la riforma del ministero dei Beni e delle Attività culturali e, come ha ricordato Tullio Gregory, con essa «il processo di liquidazione del patrimonio archivistico e librario giunge al suo esito estremo». La legge declassa le biblioteche di conservazione, le priva del ruolo dirigenziale e ne affiderà la direzione a funzionari privi di specifica preparazione. Tra le biblioteche colpite dal declassamento la Medicea Laurenziana di Firenze che con il suo patrimonio di oltre 11.000 manoscritti e 2.500 papiri è tra le più insigni del mondo. Dopo anni di tagli si era sperato in una decisiva inversione di rotta, in segnali positivi che non ci sono stati. La legge appena entrata in vigore condanna alla morte per estinzione biblioteche il cui patrimonio il mondo ci invidia.
Il 10 dicembre è entrata in vigore la riforma del ministero dei Beni e delle Attività culturali e, come ha ricordato Tullio Gregory dalle pagine del Corriere (29 nov.), con essa «il processo di liquidazione del patrimonio archivistico e librario giunge al suo esito estremo». La legge che riforma per l’ennesima volta il ministero voluto da Giovanni Spadolini declassa le biblioteche di conservazione, le priva del ruolo dirigenziale e ne affiderà la direzione a funzionari privi di specifica preparazione.
L’autonomia tecnico amministrativa è stata reinserita (pare per una svista) nel D.M. a seguito delle proteste della comunità scientifica, dopo essere stata cancellata, tuttavia biblioteche come la Braidense di Milano e l’Estense di Modena avranno dirigenti museali, altre dipenderanno dalla Direzione Generale Biblioteche (vd. la replica del ministro Franceschini del 1 dic. sul Corriere).
Dirette da una professionalità diversa da quella di un bibliotecario, è evidente che l’autonomia tecnica scientifica della Estense e della Braidense sarà indirizzata alla parte museale, piuttosto che alla biblioteca. Per le restanti non è chiaro come potrà attuarsi l’autonomia se il direttore sarà un funzionario che non potrà assumersi responsabilità che vanno al di là delle proprie specifiche competenze scientifiche e dovrà sempre e comunque interfacciarsi con i propri superiori gerarchici a Roma (questi ultimi non sempre pienamente coscienti del valore dei beni che hanno la responsabilità di tutelare)[1].
Tra le biblioteche colpite dal declassamento la Medicea Laurenziana di Firenze che con il suo patrimonio di oltre 11.000 manoscritti e 2.500 papiri è tra le più insigni del mondo. Iniziata da Cosimo il Vecchio e poi arricchita da Piero e Lorenzo de’ Medici, dal tumulto del Savonarola, nel 1498, fino al 1522 ha subito molte traversie (fu anche a Roma dopo essere stata acquistata dal figlio di Lorenzo, Giovanni de’ Medici). Riportata a Firenze, papa Clemente VII incaricò Michelangelo di costruire la biblioteca nei chiostri della basilica di San Lorenzo. Il salone destinato ad ospitare la biblioteca fu realizzato per volere di Cosimo I su disegni michelangioleschi. Il pavimento è di Niccolò di Raffaello mentre Giovanni da Udine, un allievo di Raffaello, ha creato le vetrate dipinte a fuoco. Vasari, per finire, ha costruito il vestibolo.
Nessuna altra biblioteca al mondo più vantare un tale novero di artisti impegnati nella sua costruzione, e poche altre possono vantare il suo patrimonio[2].
Altrove, in Germania ad esempio, i direttori delle biblioteche di conservazione non sono burocrati ma docenti universitari in quanto la tutela, la conservazione e la valorizzazione dei patrimoni librari conservati nelle biblioteche storiche necessita di elevati livelli di specializzazione, la conoscenza delle lingue classiche, della paleografia greca e latina, della codicologia, della storia ed archeologia del libro, della filologia. Inoltre le scelte compiute in campo biblioteconomico e digitale hanno ripercussioni sulla ricerca e non soltanto nell’area delle discipline umanistiche.
Mentre nel resto d’Europa dalla British Library, alla Bibliothèque Nationale di Parigi, a Monaco e Berlino le biblioteche nazionali sono diventate centri di innovazione e ricerca, in Italia la nuova legge sui beni culturali condanna alla marginalità persino le due biblioteche nazionali, quelle di Roma e Firenze, relegandole al ruolo di meri poli bibliotecari regionali. In Germania il DigitalisierungsZentrum di Monaco ha reso disponibili ad oggi 1.055.738 testi digitalizzati, in Italia, la Biblioteca Nazionale di Firenze non è stata ancora in grado di inserire nel catalogo online il suo intero patrimonio librario (in Opac non si trovano la maggior parte dei libri pubblicati prima del 1984 per accedere ai quali occorre ancora consultare il catalogo cartaceo). E questo mentre migliaia e migliaia di nuovi libri giacciono, non catalogati e dunque inaccessibili agli utenti, nei magazzini e l’acqua piovana devasta le sale di consultazione.
È notizia di due giorni fa l’intenzione di impegnare i 52 esuberi risultanti dal nuovo piano di rilancio del Teatro Comunale di Firenze «soprattutto nella Biblioteca Nazionale». Il sindaco Nardella non ha precisato per fare cosa. Per la catalogazione? Per le verifiche del deposito legale? (I periodici hanno lacune spaventose). Per l’avvio del deposito legale delle risorse digitali? (In Italia ancora in fase di sperimentazione). Per la creazione di una piattaforma online destinata ad accogliere le riproduzioni digitali dei periodici italiani? (Come Persee in Francia).
Dopo anni di tagli si era sperato in una decisiva inversione di rotta, in segnali positivi per il reclutamento di nuovo personale competente e professionale, di migliori dotazioni strumentali. Questi segnali non ci sono stati e la legge appena entrata in vigore condanna alla morte per estinzione biblioteche il cui patrimonio il mondo ci invidia.
[1] È esposto in queste settimane a New York il Cantico delle creature, ms. Assisi, Sacro Convento, 338:
http://www.americaoggi.info/2014/11...; è stato trasportato addirittura in Australia uno dei più grandi capolavori della cartografia di ogni tempo la Mappa Mundi di fra’ Mauro custodita nella Biblioteca Marciana di Venezia: http://www.iicsydney.esteri.it/IIC_...
[2] La Laurenziana è anche la biblioteca che custodisce il libro più venerato della storia (da sempre escluso dalla consultazione) che non è un esemplare della bibbia, o del talmut o del corano, ma la codificazione della giurisprudenza classica, raccolta per volere dell’imperatore Giustiniano nel secolo VI d.C., le Pandette.

Denigrare l'ipocrisia di Antonio Recanatini



“Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti.” Questo monito di Pirandello è sulla bocca di tutti, scrittore che più di ogni altro ha  denigrato e deriso l'ipocrisia. Nell'introspezione del personaggio Pirandello ha sempre tracciato la povertà d'animo umana di fronte alla propria tragedia, infatti l'ipocrisia imperante è lo strumento migliore per valutare una società Solitamente uomini e donne preferiscono parlare dell'ipocrisia degli assenti, in quel momento scovano anche le pagliuzze nascoste, tanto per usare un termine biblico. Questo perché la nostra ipocrisia è sempre presente nel percorso; spesso evitiamo di analizzarla, perché la maschera con cui l'affrontiamo potrebbe rivelarsi più falsa del previsto. L'ipocrisia è una costante e non una deviazione. Confondersi con la rabbia della gente è un esercizio dannoso per chiunque, specie per chi vive di scrittura. Molto spesso le persone confessano solo privatamente malessere e sfiducia. In pubblico hanno tutti una parte da interpretare, spesso in contrasto con quel che duole in privato. Denigrare l'ipocrisia significa svalutare l'uomo, denigrare l'ipocrisia significa accusare l'umanità, per questo le religioni parlano d'ipocrisia, ma si guardano bene dal combatterla. Ipocrisia è un termine regalato dal greco, Ypokrisis, quindi finzione, simulazione; con questa parola indicavano gli attori della commedia, soprattutto i secondi attori, quelli che imparavano a memoria il copione e provavano a imitare i gesti e i modi del primo. L'ipocrisia è la simulazione della bontà, è la risata che nasconde il pianto o viceversa, è il saluto pacioso e falso di chi il giorno prima parlava male di voi, della vostra stessa ipocrisia. L'ambiguità è nata con l'uomo e morirà con lui, dentro la stessa tomba. Tendere al miglioramento  è l'obiettivo, senza, però, simulare. Ricordo un seminario presieduto da un direttore didattico in cui asseriva che l'ipocrisia è ormai un bisogno. Su questo possiamo obiettare, semmai è una necessità, non mai una virtù. Incoerenza, ambiguità, ipocrisia, falsità, cinismo, malvagità provengono dallo stesso rubinetto, non siamo obbligati a bere, con un po' di fatica e con qualche stento di troppo, possiamo arrampicarci fino alla sorgente e sarà tutto un altro bere. Non è una scelta consigliabile, concordo, ma siamo tutti ancora in cammino. Denigrare e combattere l'ipocrisia significa mettersi in discussione e accettare la condanna prevista, sempre meglio dell'essere condannati ogni giorno a mettere una maschera diversa. Se tutto ciò vi sembra impossibile, imitiamo i poeti, ogni tanto  lasciamo tutte le maschere sotto il letto.

mercoledì 24 dicembre 2014

L' ESTINTO MATERNO di Janis Martina

Minchia, meno male che ci sono tutte "le Franzoni" che mi fanno sentire una vera MAMMA... e mica so' come loro, io!
Si, magari qualche volta anch'io ho avuto quell'l'istinto là, che se mio/a figlio/a è ancora vivo/a non è certo per merito mio..ma questo meglio non dirlo, che poi la gente mormora..
Poi, dopo, basta espiare quel cazzo di senso di colpa con tante foto del/la mio/a cucciolotto/a su fb per sentirmi piena d'amore e con l'istinto materno puro e incontaminato..mica ti chiudo al buio nello sgabuzzino come faceva mia madre con me, dopo avermi picchiata, finchè non la smettevo, io!!!!
...che poi dicono che st'istinto materno è solo un'invenzione maschilista, per deresponsabilizzare il papà..bhà?
Si, va bene, è vero: mio marito non si occupa del/la bambino/a, mi fa incazzare solo che lo/a sgridi quando durante la partita il/la bimbo/a si mette davanti al televisore con le braccine aperte..ma che ci vuoi fare? mio marito non ne capisce di psicologia infantile... mica posso prendermela con lui, no?
Così, anzichè rilassarmi un pochetto, mi tocca consolare il/la piccolo/a, che mi ci era voluto tutto il pomerig per tenerlo/a a bada, mentre sbrigavo svariate faccende senza sosta...no, perchè senò mio marito s'incazza se non trova la cena pronta quando torna dal lavoro..e ci ha ragione, povero uomo. S'ammazza di lavoro in ufficio lui!!!
Che spesso fa anche gli straordinari di notte con la segretaria che ha preso il mio posto quando è nato/a il/la bimbo/a.. la stronza sempre con le puppe di fuori!!!!
Ma anche questo meglio non dirlo, che la gente mormora.
MInchia sto coso continua a frignare, nemmeno sta culla a dondolo serve a un cazzo! smettila cuore di mamma, che tuo padre sta urlando, se poi viene qua lo sai che picchia me...cazzo, smettila ho detto!!!
..quel cuscino..
...e finalmente il silenzio...
Dormi ora, cuore mio, che la mamma ti sta cullando.

martedì 23 dicembre 2014

Ratti in Abruzzo, il seguito di ordine nuovo (di Antonio Recanatini)

In Abruzzo c'è stata una retata di topi, stavano  riorganizzando il partito armato di ordine nuovo, fascisti per chi non ricorda bene. A parte un ex-carabiniere e sua moglie, c'è un elenco di cognomi altisonanti, da sempre legati al periodo fascista, in fatti il fascismo è un virus, spesso tramandato da padre a figlio, ma queste cose non verranno mai scritte sui giornali; viviamo in Italia. 
E' ancor più grave sapere che questa banda si è impossessata della collezione di armi di un architetto conosciutissimo in tutta al regione, residente al centro di Pescara, il suo arsenale personale era costituito da 21 fucili da caccia e una pistola, logicamente i giornali non riportano il nome di costui, perché si sa, quando i privilegiati sono sporchi e marci esiste il segreto d'ufficio. I fucili erano tutti denunciati, questa è la difesa, mentre dovrebbe essere l'accusa, verso chi ha permesso tutto ciò, ma siamo in Italia e certe cose non vanno approfondite.
Tra i 31 indagati spicca il nome di un ex ordine nuovo, scrittore, avvocato e infame, uno di quegli uomini da sterilizzare e cancellare il dna, un uomo da rinchiudere in un ospedale psichiatrico e tenere sotto controllo con la camicia di forza, insieme ai suoi quadri, perchè, dimenticavo, era conosciuto anche come pittore. Lo chiamano intellettuale di destra, bastava leggere uno dei suoi libri per metterlo in quarantena, ma si sa in Italia si legge poco e solo quel che la tv pubblicizza. Il signore in questione era l'ideologo dei ratti riuniti. Il suo nome? Rutilio Sermonti! con lui c'erano anche cognomi cari ai fascisti, tipo Montanaro e Gentile, poi un certo Emanuele Lo Grande Pandolfina Del Vasto, Maria Grazia Rapagnetta, in arte Maria Grazia Santi Zuccari, l'ex carabiniere Menni parente di Gianni Nardi, terrorista fascista, uno dei capi della banda di ratti di ordine nuovo.
Tutto il resto è cronaca, dalla quale è giusto staccare la presa, ma quel che sarebbe da lavare con il sangue e da vendicare una volta per tutte,  sono gli innumerevoli riferimenti nelle intercettazioni telefoniche sulla Strage di Bologna, che definivano un'opera d'arte.
Ultima annotazione personalissima, ho visto la foto dei personaggi implicati, devo convenire con quel che spesso dice un vecchio compagno della zona  "i fascisti vecchi e quelli giovani hanno un punto in comune, sono sempre brutti da far schifo per  qualsiasi essere pensante.
Buongiorno Italia!

sabato 20 dicembre 2014

Un giovane tranquillo di Antonio Recanatini

Non compratemi con soldi facili
resta poco del degno fanciullo, 
voglio rapire un prete con la sua squillo
voglio  appiccare fuochi nelle chiese.
Resta poco del ragazzo tranquillo
e non ci sto a darla vinta per qualche lira,
le manette non pagano, la rabbia moltiplica
dopo le opinioni degli onesti e dei caramba,
perché questa notte voglio la resa.
Compratemi con soldi facili
purchè possa sfogare i nervi infetti,
resta poco del bambino curioso
sono tutti uguali i risvolti e 
il sommo vorrebbe distogliermi dalla veglia.
Cammino velocemente, sfibrato nelle smanie,
sembra d'essere tra le corna di un ariete
e non tra le gambe di una donna.
Non compratemi con soldi facili
vale oro questa ira, vale dolore,
voglio turbare i sogni dell'inquilina
voglio sputare in faccia al figlio del dirigente.
Resta poco della tregua
e ancora irrompo in questi luridi luoghi
sembrano tutti delle puttane ben vestite,
voglio accedere al lusso di vederli pregare
voglio dissipare ogni dubbio sulla mia disonestà.
Resta poco del galante ballerino
ho prenotato un volo per l'addio.


giovedì 18 dicembre 2014

CUBA: TRA OTTIMISMO E PESSIMISMO C’È IL REALISMO



La legge dell’entropia deve avere qualche fallacia. Oppure la colpa sarà della gravità che non viene ancora intesa nel modo più giusto. Oppure semplicemente i processi mentali, con buona pace dei neuroscienziati, non sono riducibili a fenomeni che la fisica può indagare. Diversamente non mi spiego come negli ultimi tempi ogni analisi di qualsivoglia genere sia del tutto priva di equilibrio critico e invece di tendere all’ordine dalla confusione delle idee porti esattamente al contrario!


Chiusa la parentesi sarcastica sul “riduzionismo”, vengo alla “filosofia” che voglio discutere in questo breve scritto, sperando veramente che sia breve e che più che discutere sui massimi sistemi, faccia luce sui fatti. Ripropongo la classica diatriba da bar tra “il bicchiere mezzo pieno” e “il bicchiere mezzo vuoto”, per arrivare ad una prospettiva critica sulla recente questione in merito all’embargo USA verso Cuba, che non sia né ingenuamente ottimista né catastroficamente pessimista. L’equilibrio e il raggiungimento dell’ordine su cui scherzavo prima, riguardano seriamente anche questo caso: non si può fare a meno di vedere gente schierarsi nel giudizio su una questione tra due posizioni recisamente antitetiche, che sicuramente non aiutano a far chiarezza sull’argomento, ma che al massimo instaurano una propria dialettica, che finisce per lasciare di sé una mera polemica e lasciare dietro di sé la questione di cui si voleva discutere. Questa matrice conflittuale del discorso, di hegeliana memoria, vi assicuro che appesantisce e mortifica ogni discussione, compresa la nostra che riguarda un fatto di cronaca senza alcun dubbio di grande rilevanza storica.


Perciò visto che si tratta di parlare di cronaca politica e di storia, cominciamo col dire che la presunta diplomazia di papa Francesco con questa storia non c’entra veramente niente! 


Gli Stati Uniti, tramite un documento[*1] firmato dal Segretario di Stato americano John Kerry, annunciano il ristabilimento di rapporti diplomatici con Cuba e avviano un processo di progressiva riduzione delle restrizioni ai danni dell’isola. La famigerata politica di embargo attuata dagli USA contro Cuba infatti “ha fallito”, ammette il documento senza mezzi termini, continuando dicendo che questa “ha isolato gli Stati Uniti da partner regionali e internazionali” e “limitato la propria capacità di influenzare tutto l’emisfero occidentale”. Senza dubbio allora gli Stati Uniti hanno portato avanti una politica fallimentare nei confronti di Cuba. Dopo 56 anni circa di guerra economica, se il generale cinese Sun Tzu fosse vissuto oggi anziché 500 anni prima di Cristo non si direbbe affatto sorpreso di quanto dichiarato dalla Casa Bianca.
“Ho visto molte guerre lampo condotte male. Ma non ho mai visto nessuna guerra che protratta a lungo nel tempo abbia sortito un qualsivoglia effetto positivo per alcuna nazione” (Sun Tzu, L’Arte della Guerra). La guerra, economica che sia, dilapida le casse dello stato: se non sortisce effetti in un arco di tempo relativamente breve porta al disastro economico. Dunque, secondo la strategia classica, gli Stati Uniti hanno condotto una guerra che non si è mai risolta, divenendo solo un ingente costo economico per i cittadini e basta. Ciò non significa che Cuba abbia vinto!


Di per contro da diverso tempo ormai il governo di Raúl Castro ha aperto a delle liberalizzazioni in campo economico. Si tratta di determinate concessioni al mercato libero che non intaccano la natura socialista dello stato, ma che sono fondamentali in vista di un armistizio con gli Stati Uniti: chi chiede la tregua dovrà fare delle concessioni per ottenerla. Quanto poi queste siano ingenti dipende da quanto il nemico è stanco di combattere. E gli Stati Uniti possiamo ritenerli a buon diritto stanchi di combattere stando a quanto detto prima. L’auspicio insomma è che queste liberalizzazioni davvero non intacchino la natura socialista dello stato cubano, che ha pur sempre ottenuto il grande risultato di vedersi rimosse pesanti restrizioni economiche, anche se per la rimozione dell’embargo è necessario il voto alla Camera (a maggioranza repubblicana, contraria alla rimozione). In sostanza ciò non significa che Cuba abbia perso!


Ma allora chi ha vinto?! Sun Tzu insegna, nessuno! Questa guerra altro non è che un disastro strategico, una situazione che non conviene più a nessuna delle parti. Insomma pare più propriamente che siamo difronte a un armistizio.


Quindi, cari ottimisti che celebrate quest’evento come la vittoria della rivoluzione: mettete pure l’accento su quel che vi è più comodo politicamente, ma evitate per piacere di diventare così grotteschi!


Quanto a voi, pedanti pessimisti che ormai vedete tutto nero: toglietevi la benda, anche i colossi conoscono il fallimento! Anche gli USA perdono, l’esperienza di un altro grande generale (che sicuramente aveva letto e appreso Sun Tzu) Võ Nguyên Giáp ci dimostra che più di mezzo milione di Yankees può trovare la sconfitta contro poche decine di migliaia di ribelli nell’ “inferno verde”, il Viet Nam ricordato anche nel documento di Kerry sulla politica verso Cuba.







GIACOMO KATANGA




mercoledì 17 dicembre 2014

Roberto Benigni: che recitò Dante e finì nel girone dei bugiardi di Barbara Tampieri




“Sono europeista da prima di Carlo Magno, ma l’euro è una moneta senza stato. Ci sono 28 paesi ognuno con un suo punto di vista. Di peggio c’è solo la sede del PD. Se ognuno si libera dalle sue piccole cose e cede sovranità riusciamo a farla questa Europa. Non è uno scambio di regole ma di sogni. E questa è l’unica cosa che ci garantisce la pace”. (Roberto Benigni, 16 settembre 2014, I E.R.)

Siccome ce lo chiede l'E.U.R.O.P.A. (E' Una Ributtante Operazione di Propaganda Antidemocratica) la serata televisiva di martedì ha visto l'esordio dei talk show gemelli, un'apparizione più inquietante delle morticine di "Shining". Un vero scontro di Titanic tra mozzi: il ridanciano e il vicesostitutoportiere.
Repubblica, con un delirante autopompino, descrive la propaganda piddina a reti unificate "la fusione calda dei talk show e un dramma per i telespettatori", riferendosi all'oggettiva impossibilità del piddino modello base di poterli guardare tutti e due allo stesso tempo senza zappettare disperatamente tra la Rai e La7. Un dramma, capite? Strano la chiamino fusione e non scissione, visto che si parla di schizofrenia.

Io, più cinicamente, trovo la bizzarra operazione null'altro che il tentativo di occupazione sistematica delle frequenze, come in quei film di alien invasion dove sui monitor, uno dopo l'altro, scompare il segnale, sostituito dal medesimo messaggio minaccioso extraterrestre. 
Ho già annunciato che quest'anno i talk show in blocco se li ciuccierà chi non ha ancora completato la Cura Ludovico e ha bisogno ancora di una ripassata al limite di sopportazione umana. Io ho già dato, basta.
Tuttavia, visto che  la mia timeline di Twitter era un unico grido angosciato di fronte alle cose che sono state dette durante le suddette trasmissioni, dedicherò appena una pennellata, un ritocchino, ad un personaggio di cui già mi sono occupata in occasione della sua trasmissione sulla Costituzione.
Lo spunto ed il personaggio mi servono per dimostrare ancora una volta che chi afferma che questanonèverasinistra si sbaglia. E' sinistra e di quella bona. Essi vivono.

Vedete, Robertino è l'archetipo del comunista e della sua parabola storica. Di colui che, perduto il punto di riferimento dell'URSS, lo ha sostituito egregiamente con l'ordoliberismo montante, senza nemmeno per un momento soffermarsi ad osservare l'enorme, oscena contraddizione insita nella propria scelta.
Mi dicevano, perché non l'ho visto, che Benigni è apparso benedicente ed auspicante l'ulteriore perdita di sovranità in favore dell'Europa, con il vicesostitutoportiere che per poco non cade in ginocchio e gli bacia il lembo del mantello. Euro ti voglio bene. Peccato non possa prenderselo in braccio come un pupo, il feticcio orostellato, l'euromostriciattolo. Per i forti di stomaco qui c'è il filmato del marchettone doppio carpiato con avvitamento tra il finto intervistatore e  il toscanaccio (il toscanaccio in oggetto, non "quello là"), con atroce decapitazione in diretta della dignità.
E' successo nella stessa trasmissione dove sono apparsi anche Romano Prodi ed Eugenio Scalfari, immaginando cosa possano aver detto anch'essi su Europa, suicidio ed autorazzismo.
Una Salò al completo, dai gerarchi ai guitti con il motto "Trent'anni di lecchinaggio e non abbiamo mai perso un culo".
A sentire i commenti sui social non si registravano tanti conati di vomito nei telespettatori dai tempi del capolavoro pasoliniano con lo stesso nome,  o almeno in coloro che hanno conservato un barlume di lucidità critica di fronte al medium televisivo. Una nota di ottimismo: questi pare siano i dati di ascolto della serata. Backfire.

Tornando a Robertino. Qualcosa dev'essere successo tra l'era del Mario Cioni e quella dell'Oscar. Ci dev'essere un anello dell'iridio nella cortex in corrispondenza dell'Illuminazione. In fondo è la vecchia fascinazione per il potere e la menzogna che permette ad esso di prosperare ed è lo stesso fenomeno che abbiamo osservato in altri communisticosì, da quelli spalmabili a quelli vittime di avvelenamento da cashmere fino all'attuale dirigenza piddina. "Ma quelli sono democristiani", ribattono i disperatamente negatori dell'evidenza. I babbi saranno democristiani ma la mamma è il vecchio apparato comunista. Fate la prova del DNA e chiedete loro della patrimoniale.
Roberto, dicevo, ieri sera ha fatto finta di buffettare il premier ragazzino rispondendo alle domande a salve del Giannini ma, a proposito di Doppelganger e di scissione, io vedo una straordinaria somiglianza tra i due maledetti toscani, come se la sinistra, dopo l'ibridazione, gemmasse ormai sempre lo stesso tipo di entità biologica simbionte del potere. Perché Renzi non tocca la potta alla Merkel e il pacco a Barroso ma siamo lì. Ed è un ballista provetto.

"Più una menzogna è grande più la gente la crederà" recita il I° postulato della propaganda.
Notavo una curiosa sincronicità. Benigni, così innamorato della menzogna europea da auspicare l'unconditional surrender nelle mani del boy scout finlandese, non è colui che ha campato per anni celebrando le gesta di uno dei più fenomenali bugiardi della storia italiana e prima ancora di un altro bel rodomonte milanese? Ha vinto il paraculissimo Oscar de "La vita è bella" con una storia praticamente identica a quella raccontata in "Jacob il bugiardo" con Robin Williams, raccontando la storia di un toscano che racconta balle e alla fine si salva salendo sul carro armato del vincitore.
Si è poi occupato in seguito di un altro celeberrimo bugiardo, Pinocchio, rimanendo però annichilito dal contatto con il capolavoro, fenomeno che si è per altro ripetuto quando ha eseguito la trascrizione per piddino della poesia di Dante e ha ricoperto di melassa appiccicosa la nostra Costituzione.
Ora, appunto, celebra una delle più colossali truffe ideologiche della storia spacciandola per sogno. Il fogno vendoliano. Rieccoci a parlare di leader della sinistra. Tutte pure coincidenze, figuriamoci.


fonte http://ilblogdilameduck.blogspot.it/2014/09/roberto-benigni-che-recito-dante-e-fini.html

giovedì 11 dicembre 2014

Io sto bene qui

Io sto bene qui
negli angoli sperduti, tra case diroccate
palazzi sporgenti, nati come figliastri del cemento.
Io sto bene qui
a guardare i musi sporchi e le ginocchia ferite dei bambini,
a discutere con i vecchi e i veri ultimi del sistema.
Io sto bene qui
a quattro passi dal mare e due dai sogni,
tra rifiuti umani e insegnanti disperati, senza tunica.
Io sto bene qui
molto lontano dalla vittoria e molto più vicino al sentimento,
in mezzo a sorrisi senza denti e lacrime essiccate sul viso.
Io sto bene qui
il mondo è fuori portata e la gente non mormora, non giudica
vive stringendo i pugni e accarezzando i figli.
Io sto bene qui
tra coscienze distrutte e lutti generazionali,
dove la polizia non concede sconti e tratta con le bestie.
Io sto qui
non ho rimpianti da ricordare, non ho luci per abbagliare,
non sono il peggiore e neanche il migliore, sono io!

Io sto bene qui
Hai già letto questa poesia
Antonio Recanatini10/12/2014 

venerdì 5 dicembre 2014

Uno show per niente semplice di Antonio Recanatini

In un periodo di tensioni sociali, come al solito, rinvengono vecchi trucchi all'italiana da riportare in prima pagina, fascisti appartenenti ai nar, boss mafiosi e gli immancabili politici. Arresti in diretta con fotografi al seguito, colloqui tra pezzenti trasmessi in prima serata, interviste rilasciate da strozzini del sistema e nessun segreto di stato. A vederlo così pare un paese votato alla legalità, sono riemersi perfino personaggi della banda della magliana dati per dispersi e amici di fioravanti. Molti non conoscono quel periodo storico, non sanno di chi si parla. La montagna partorirà il topolino, ma saviano racconterà di una dura lotta alla mafia e contro i fascisti, parteciperanno magistrati eccellenti e scaricatori di porto.
Servitevene, stanno solo coprendo il futuro da servi che vi aspetta!
Posso assicurarvi, senza timore di essere smentito, che in un paese normale lo stato sarebbe sotto accusa e dovrebbe spiegare a ogni cittadino il motivo della messa in libertà di certi stragisti, come dovrebbe spiegare la libertà concessa al figlio di riina e molti altri illustri.
Invece no, aspetteremo che la giustizia segua il suo corso, nel frattempo è bene coprire la strage legale di lavoratori, lavoratori a progetto, lavoratori occasionali, lavoratori determinati e indeterminati, precari, disoccupati.
Bisogna essere italiani per credere ancora che uno stato fascista-mafioso sia pronto a processarsi e a condannarsi!