Ormai ci siamo: le notizie confermano che nel giro di un mese il senato uruguayano voterà la legge antiproibizionista del presidente José “Pepe” Mujica, per la legalizzazione delle droghe leggere e la produzione di marijuana di stato. L’obiettivo è quello di vendere un prodotto di elevata qualità in maniera controllata, al fine di tenere i giovani lontani dalla criminalità e la criminalità lontana da un affare miliardario. Per il paese del presidente-guerrigliero Mujica, il nemico viene dal vicino Paraguay, il più grande esportatore di cannabis al mondo; l’avversario da sconfiggere però è anche il proibizionismo e lo stupido moralismo, che rappresentano, oltre ad un problema economico, un ostacolo sociale.
In Italia invece, il nemico ce lo abbiamo addirittura dentro casa: al meridione si produce, per mano delle mafie, il 99,3% di marijuana sequestrata nel nostro paese, la quale costituisce all’incirca l’equivalente delle espropriazioni di cannabis effettuate in Jamaica! Oltre un milione di piante sono state sequestrate nel 2011, mentre nel 2012 addirittura il quadruplo! Com’è facilmente intuibile, con pochi calcoli, ci si può rendere conto che questo business è miliardario, a tal punto da essere diventato quello di punta per la maggior parte della criminalità organizzata. Evidentemente allora, in Italia la mafia non è il nemico. Di sicuro il moralismo borghese e il proibizionismo fascista non sono avversari da combattere. Infatti, mentre in Uruguay si cerca di controllare il consumo di stupefacenti, sottraendo gli introiti ai narcotrafficanti e incassando milioni di dollari di tasse, in Italia si continuano a recriminare i consumatori di cannabis, riempendo le carceri di innocenti! L’elevata ignoranza in materia e il pessimo livello di informazione, aiutano a mantenere in vigore una legge che equipara la cannabis alle sostanze stupefacenti quali l’eroina; una legge superficiale e conformista, intollerante e ingiusta, inefficace e addirittura controproducente: la Bossi-Fini. L’esperienza del proibizionismo statunitense degli anni ’20 ci avrebbe dovuto insegnare già tutto: vietando la vendita e il consumo degli alcolici, gli alcolisti sono addirittura aumentati, regalando ingenti proventi alla mafia e sottraendoli allo stato; e infatti la legge-divieto fu eliminata. Lo stato Italiano però preferisce ignorare la questione e sbolognare il problema, con la scusa che la marijuana fa male! Ci sarebbe da chiedersi allora perché, in tutto il mondo, è utilizzata a scopo terapeutico per la cura di svariate malattie… Sono moltissimi i medici che ormai smentiscono categoricamente i numerosi effetti deleteri erroneamente attribuiti al consumo di marijuana. Invece circa 6 milioni di persone l’anno muore di fumo di tabacco, che è legale, mentre cresce il numero delle vittime delle gravissime conseguenze, quali la morte, legate al consumo di alcool; che pure è legale. Dunque lo stato italiano considera una sostanza legale o illegale, giusta o sbagliata, innocua o mortale, basandosi sul discriminante dei propri interessi economici?
Sono in tantissimi ormai ad aver preso anche a livello internazionale, come la Commissione globale sulla politica delle droghe (organizzazione di cui fa parte anche l’ex presidente dell’ONU Kofi Annan), una posizione nettamente antiproibizionista e piuttosto, a favore della legalizzazione della cannabis. Sono in tantissimi ormai a volere fortemente l’eliminazione di una legge così stupida e la produzione di marijuana di stato, come testimoniano i vari referendum sul tema. Che aspetta lo stato italiano a cambiare indirizzo alla propria politica in materia di stupefacenti, come ha fatto il presidente Mujica? Niente.
Perché mentre in tutto il mondo si affronta con spirito progressista la questione della legalizzazione della cannabis, lo stato italiano è semplicemente troppo impegnato a legalizzare l’ex premier Berlusconi. La discussione politica, su qualsiasi tematica, in Italia si è ridotta alle chiacchiere sulle beghe giudiziarie e sugli espedienti politici che un vecchio delinquente (che a quest’ora dovrebbe essere già stato dimesso dalle sue funzioni pubbliche e arrestato) deve architettare per evitare di finire in galera e, possibilmente, per tenere il culo incollato alla “poltrona”. Siamo stufi! Mentre la politica dei porci comodi si perde volutamente tra queste bagarre, non soltanto viene impedito al nostro paese un passo avanti in termini di civiltà, ma in ultimo permette il verificarsi di un’ulteriore assurdità, l’alimentarsi di una vera e propria discriminazione: in carcere oggi ci finisce chi si fa una canna, mentre i veri delinquenti sono tutelati, ancora a piede libero, ancora a ricoprire incarichi governativi o già a spasso grazie alle ingerenze del pezzo grosso di turno. E allora non ci sono dubbi: il potere dimostra di intendere l’amministrazione della giustizia unicamente come tutela degli interessi economici della propria casta, stabilendo il confine tra legalità e illegalità con il discriminante del capitale. E allora è chiaro che a nessuno importa di migliorare la legge per renderla più equa, tanto non è uguale per tutti: per chi possiede il capitale, è sempre un po’ più uguale.
In Italia invece, il nemico ce lo abbiamo addirittura dentro casa: al meridione si produce, per mano delle mafie, il 99,3% di marijuana sequestrata nel nostro paese, la quale costituisce all’incirca l’equivalente delle espropriazioni di cannabis effettuate in Jamaica! Oltre un milione di piante sono state sequestrate nel 2011, mentre nel 2012 addirittura il quadruplo! Com’è facilmente intuibile, con pochi calcoli, ci si può rendere conto che questo business è miliardario, a tal punto da essere diventato quello di punta per la maggior parte della criminalità organizzata. Evidentemente allora, in Italia la mafia non è il nemico. Di sicuro il moralismo borghese e il proibizionismo fascista non sono avversari da combattere. Infatti, mentre in Uruguay si cerca di controllare il consumo di stupefacenti, sottraendo gli introiti ai narcotrafficanti e incassando milioni di dollari di tasse, in Italia si continuano a recriminare i consumatori di cannabis, riempendo le carceri di innocenti! L’elevata ignoranza in materia e il pessimo livello di informazione, aiutano a mantenere in vigore una legge che equipara la cannabis alle sostanze stupefacenti quali l’eroina; una legge superficiale e conformista, intollerante e ingiusta, inefficace e addirittura controproducente: la Bossi-Fini. L’esperienza del proibizionismo statunitense degli anni ’20 ci avrebbe dovuto insegnare già tutto: vietando la vendita e il consumo degli alcolici, gli alcolisti sono addirittura aumentati, regalando ingenti proventi alla mafia e sottraendoli allo stato; e infatti la legge-divieto fu eliminata. Lo stato Italiano però preferisce ignorare la questione e sbolognare il problema, con la scusa che la marijuana fa male! Ci sarebbe da chiedersi allora perché, in tutto il mondo, è utilizzata a scopo terapeutico per la cura di svariate malattie… Sono moltissimi i medici che ormai smentiscono categoricamente i numerosi effetti deleteri erroneamente attribuiti al consumo di marijuana. Invece circa 6 milioni di persone l’anno muore di fumo di tabacco, che è legale, mentre cresce il numero delle vittime delle gravissime conseguenze, quali la morte, legate al consumo di alcool; che pure è legale. Dunque lo stato italiano considera una sostanza legale o illegale, giusta o sbagliata, innocua o mortale, basandosi sul discriminante dei propri interessi economici?
Sono in tantissimi ormai ad aver preso anche a livello internazionale, come la Commissione globale sulla politica delle droghe (organizzazione di cui fa parte anche l’ex presidente dell’ONU Kofi Annan), una posizione nettamente antiproibizionista e piuttosto, a favore della legalizzazione della cannabis. Sono in tantissimi ormai a volere fortemente l’eliminazione di una legge così stupida e la produzione di marijuana di stato, come testimoniano i vari referendum sul tema. Che aspetta lo stato italiano a cambiare indirizzo alla propria politica in materia di stupefacenti, come ha fatto il presidente Mujica? Niente.
Perché mentre in tutto il mondo si affronta con spirito progressista la questione della legalizzazione della cannabis, lo stato italiano è semplicemente troppo impegnato a legalizzare l’ex premier Berlusconi. La discussione politica, su qualsiasi tematica, in Italia si è ridotta alle chiacchiere sulle beghe giudiziarie e sugli espedienti politici che un vecchio delinquente (che a quest’ora dovrebbe essere già stato dimesso dalle sue funzioni pubbliche e arrestato) deve architettare per evitare di finire in galera e, possibilmente, per tenere il culo incollato alla “poltrona”. Siamo stufi! Mentre la politica dei porci comodi si perde volutamente tra queste bagarre, non soltanto viene impedito al nostro paese un passo avanti in termini di civiltà, ma in ultimo permette il verificarsi di un’ulteriore assurdità, l’alimentarsi di una vera e propria discriminazione: in carcere oggi ci finisce chi si fa una canna, mentre i veri delinquenti sono tutelati, ancora a piede libero, ancora a ricoprire incarichi governativi o già a spasso grazie alle ingerenze del pezzo grosso di turno. E allora non ci sono dubbi: il potere dimostra di intendere l’amministrazione della giustizia unicamente come tutela degli interessi economici della propria casta, stabilendo il confine tra legalità e illegalità con il discriminante del capitale. E allora è chiaro che a nessuno importa di migliorare la legge per renderla più equa, tanto non è uguale per tutti: per chi possiede il capitale, è sempre un po’ più uguale.
Giacomo Katanga
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