venerdì 1 novembre 2013
CENTOMILIONI DI COSTI PER LA FONSAI DEI LIGRESTI
Privatizzare i profitti e socializzare le perdite. Deve essere stato questo il refrain della famiglia Ligresti nella sua dissennata gestione di FonSai e Milano Assicurazioni, usate come fossero dei bancomat personali o delle discariche dove gettare le attività in perdita. Il caso più eclatante è quello della vendita di Atahotels, la catena alberghiera della famiglia alla FonSai. Di profitti per Atahotels manco a parlarne, ma la vendita ha permesso ai Ligresti di scaricare almeno 100 milioni di oneri sulla società quotata. Una compravendita priva di ogni logica economica e che pone molte domande. Perchè FonSai acquisì nel maggio 2009 il 100% di Atahotels al prezzo di 25 milioni di euro, l'intero valore del patrimonio netto del gruppo, consapevole che fino al 2013 Atahotels non avrebbe prodotto un euro di utile. E perché, nonostante un richiamo dell'Isvap (quella volta battè un colpo) del gennaio del 2009 che evidenziava le perplessità dell'Authority, Marchionni e l'intero Cda sono andati dritti per la loro strada? Queste le domande chiave di un'operazione talmente masochistica da parte di FonSai da suscitare più di un dubbio sulla sua convenienza.
La convenienza infatti è stata tutta per la famiglia Ligresti. Pagata 25 milioni di euro nel maggio del 2009, sei mesi dopo la catena alberghiera chiudeva il bilancio di quell'anno con un passivo di ben 26 milioni. Giusto il prezzo pagato solo sei mesi prima per quello che Fausto Marchionni definiva, in una riunione del Cda di FonSai pre-acquisizione, «un'opportunità di acquisire a valori di assoluto interesse una delle maggiori catene alberghiere». L'intervento di Marchionni, che perorava mesi prima l'acquisto degli alberghi dei Ligresti, è contenuto nel documento del collegio sindacale di FonSai in risposta alla denuncia del fondo Amber. Quello stesso documento ricorda che Marchionni e l'intero Cda di FonSai erano al corrente dello stato disastroso di Atahotels. Almeno dal dicembre 2008. Ricordano i sindaci della compagnia assicurativa che l'intero Cda era stato messo al corrente dagli stessi manager di Atahotels che il gruppo avrebbe perso fino a tutto il 2012 e sarebbe tornato all'utile solo nel 2013. Inoltre a quella data occorreva rafforzare il capitale per 18 milioni.
Eppure per Marchionni, come recita il documento dei sindaci, «la rilevanza patrimoniale (di Atahotels, ndr) e il pregio di tali asset è tale da suggerire di formare un presidio diretto della compagnia». Insomma, a scapito di ogni evidenza economica FonSai doveva comprare a ogni costo gli alberghi dei Ligresti.
L'avventura nel disastro (per FonSai) era solo agli inizi. Dopo le perdite di Atahotels per 26 milioni nel 2009 ecco aggravarsi profondamente il quadro. Il buco nei conti sale a 52 milioni nel 2010 su un fatturato di soli 120 milioni. Ricavi in declino e forti perdite per Atahotels che cumula 78 milioni di "rosso" tra il 2009 e il 2010. Quel buco è più del doppio di quanto la stessa Isvap avesse quantificato nel gennaio del 2009 provando a stoppare l'operazione. Non solo. Ecco che le previsioni di fabbisogno di capitale dei periti dell'epoca (la Kpmg e Roland Berger) vengono drasticamente superate in peggio. La FonSai guidata da Marchionni e la Milano Assicurazioni hanno dovuto provvedere a più di un aumento di capitale della disastrata Atahotels. Dodici milioni nell'anno dell'acquisto (pagato come già detto 25 milioni); 30 milioni nel 2010 e altri 36 milioni nel 2011. Il totale del capitale da immettere in Atahotels, da parte di FonSai e Milano, alla fine totalizza la bellezza di 78 milioni, l'intero valore delle perdite cumulate.
Si sommi il prezzo pagato e il capitale da ricostituire e il conto per gli azionisti di FonSai e Milano della tanto sospirata avventura in Atahotels è costato oltre 100 milioni di euro. Soldi bruciati a tutto danno degli azionisti di minoranza delle due compagnie assicurative quotate. Socializzare le perdite appunto. In questo i Ligresti erano molto abili.
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IN CIFRE
100 milioni
Pagata 25 milioni nel 2009, la catena alberghiera Atahotels della famiglia era già in perdita per 26 milioni. E non avrebbero prodotto utili fino al 2013. Ma le cose andarono addirittura peggio. Le perdite salgono a 52 milioni nel 2010 e sia la FonSai che la Milano devono provvedere a ben tre aumenti di capitale per sostenere la ex società della famiglia per un valore di oltre 70 milioni. Tra il costo d'acquisto e le ricapitalizzazioni il conto salato per gli azionisti FonSai salirà alla fine a 100 milioni.
FONTE IL SOLE24ORE
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