451mila euro transitati da Fonsai all'ex ministro e altri pagamenti al fratello e al figlio. "Soldi leciti per lavori effettuati quando non ero ministro". Non c’è solo il nome di Annamaria Cancellieri tra quelli dei ministri che hanno avuto a che fare con Salvatore Ligresti e la Fonsai: Ignazio La Russa avrebbe infatti ricevuto dal gruppo Fonsai 451mila euro tra il 2009 e il 2010 come “parcelle spese sinistri” e “altre prestazioni di servizi”. 211mila euro invece sono arrivati come pagamento per parcelle professionali al figlio di Ignazio, Geronimo La Russa e 300mila invece a Vincenzo La Russa, fratello dell’ex ministro. Il “problema”, per Ignazio La Russa - che non è indagato e ha uno studio legale a Milano - è che questi soldi sono arrivati quando lui era ministro della Difesa. Ma i rapporti tra i La Russa e i Ligresti sono molto più stretti di quanto si potrebbe pensare, dal momento che Vincenzo La Russa era consigliere di Fonsai, mentre Geronimo La Russa è ex amministratore della controllante Premafin. Un legame che si è scoperto solo nel 2011, quando la Consob ha imposto maggior trasparenza alle società quotate sui rapporti economici con le “parti correlate”. Sulla questione ha cercato di fare chiarezza lo stesso Ignazio La Russa: “Come ho più volte precisato, il mio rapporto professionale con la Sai (poi Sai Fondiaria) data dalla fine degli anni ‘70 e cioè anni prima che il gruppo Ligresti ne fosse azionista. Nel periodo in cui sono stato ministro della Difesa ho ritenuto, in ragione del mio incarico, di autosospendermi di fatto dall’Ordine degli Avvocati inviando lettera al Presidente avv. Giuggioli. In quegli anni non ho perciò assunto alcun incarico ne dalla Sai Fondiaria ne da alcun altro cliente. Tant’è che la mia dichiarazione dei redditi 2012 relativa al 2011 non ha avuto alcun reddito professionale”. Quindi, spiega La Russa, tutti questi pagamenti sono riferiti a un periodo precedente al lavoro da ministro della Difesa: “Eventuali parcelle incassate nel 2009 e 2010 e comunque mentre ero ministro, si riferiscono perciò a pratiche acquisite e svolte negli anni precedenti. Rilevo peraltro che se è esatta la notizia di Repubblica (che mi riservo di verificare) 450 mila euro lordi per numerose pratiche assicurative in ben due anni (per un lavoro che coinvolge anche diversi avvocati del mio studio da me retribuiti) mi fa risultare nella parte bassa dell’elenco dei legali che seguono in Italia le pratiche di quella assicurazione. Si tratta in ogni caso di parcelle relative al legittimo lavoro professionale (così come quelle di mio fratello Vincenzo che ha uno studio distinto e separato e che collaborava con la Sai già quando io non ero ancora neanche laureato) che non ha alcun ragione di essere accostato a quelle dello studio legale Cardia che rispetto, ma col quale non ho alcun rapporto non solo professionale ma nemmeno di semplice frequentazione. Con Giannini infine non ho poi avuto proprio mai rapporti di alcun genere”.
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