PREMESSA
Riprendo quest’articolo fatto 6 mesi fa, e lo riadatto. In Italia
sulla questione non se ne parla, ed al piu’ si discute sulla questione
del cambio 1 euro pari a 1000 lire nell’acquisto di beni di largo
consumo, che e’ un’impostazione un po’ semplicistica.
Ma l’Euro ci conviene? Da tempo scrivo articoli sul
tema, cercando di analizzare l’impatto che la moneta unica ha avuto sul
nostro paese e su altre nazioni europee. Direi che e’ arrivato il
momento di mettere in fila i birilli, e fare un’articolo di analisi di
tutti i
PRO e CONTRO di un mantenimento dell’EURO o di un ritorno alla LIRA.
1) SIMULAZIONE DI COSA ACCADREBBE IN CASO DI DISSOLUZIONE DELL’EURO
Allego la simulazione che
scenarieconomici.it ha di recente compiuto, e che sta avendo una grandissima diffusione in termini di lettori:
Esclusiva Analisi: simulazione di cosa accadrebbe con e senza EURO.
Riporto qui le conclusioni sintetizzate:
Lo studio dice chiaramente quanto e’ intuitivo da
chiunque mastichi di macro-economia: la rottura dell’Euro (non
traumatica) e la rivalutazione del Marco penalizzerebbero pesantemente
la Germania, ed avvantaggerebbero le economie periferiche, quella
Italiana in primis. Le conclusioni sono le stesse di altri studi seri.
L’effetto e’ lo stesso gia’ riscontrato nel passato in situazioni
similari, e le ragioni sono esattamente quelle opposte a quelle che
hanno consentito alla Germania di avvantaggiarsi in questi anni rispetto
ai paesi periferici.
Mi rendo conto dei limiti di questo studio, e di svariate altre
variabili (anche non economiche, interne o esterne) che potrebbero e
dovrebbero rientrare in gioco, ma reputo che a meno di uno scenario
distruttivo di default a catena, l’uscita dell’Euro di scena sia
un’affare per l’Italia ed altre nazioni periferiche (specialmente
quelle che hanno un sistema industriale dignitoso) ed un pessimo affare
per la Germania, destinata col Marco ad un futuro Giapponese di
deflazione-PIL asfittico-Debito crescente in un quadro demografico da
film dell’orrore.
Il vero limite dello studio, sta nel comportamento umano, in
particolare delle classi dirigenti dei paesi periferici, tendenzialmente
poco responsabili, che potrebbero non approfittare degli evidenti
vantaggi del ritorno alla valuta nazionale, facendo danni con decisioni
di spesa improduttiva o altre misure tese a gestire il consenso nel
breve periodo, e non a consolidare tale vantaggio in qualcosa di
permanente. Ovviamente, tale situazione non risolverebbe tutti i
problemi dei paesi periferici, ma certamente aiuterebbe ad affrontarli.
Mi auguro che questo post contribuisca ad attivare un serio
dibattito sulla questione Euro ed altre analisi sulla questione e
simulazioni sull’ipotetica uscita (o non uscita) dall’euro, perche’
comunque una nazione come l’Italia non si puo’ permettere il lusso in
futuro di scelta ideologiche. Vi consiglio in conclusione la lettura dei seguenti articoli:
Esclusiva – L’Intervista in forma integrale all’economista Alberto Bagnai – Euro e Crisi
Analisi della Svalutazione del 1992-1995
2) PRODUZIONE INDUSTRIALE: vince il RITORNO ALLA LIRA in modo netto
C’e’ poco da dire. Negli articoli in premessa sono stati analizzati
ampiamente (con dati, numeri, grafici e statistiche di trend) gli
andamenti della produzione industriale in 15 paesi Europei negli ultimi
20 anni. Ne’ e’ risultato che
l’Euro ha causato un colossale
trasferimento di produzione industriale da tutti i paesi periferici
verso la Germania, come conseguenza dell’invariabilita’ dei cambi, che
consente al sistema meno inflattivo (quello tedesco) e piu’ efficiente,
di sottrarre ampie quote di produzione. Il contesto complessivo
(l’Europa nel suo insieme) non ha da lustri una dinamica crescente
nella produzione, a causa della concorrenza asiatica, ed al suo interno
v’e’ un vincitore e tanti sconfitti.
Per capirsi, dal 2005 ad oggi, l’Italia ha fatto -18% e la Germania
+10%: e’ come se in 7 anni, tutte le fabbriche presenti nel Centro
Italia avessero chiuso e si fossero trasferite in Germania in blocco:
effetti analoghi a quelli di una Guerra Mondiale.
La dinamica in caso di mantenimento dell’EURO e’ prevedibilmente la
stessa degli ultimi 10 anni (ed ancora in pieno corso nel 2012), con una
Germania che sottrarra’ quote a tutti gli altri. Il trend proseguira’
inevitabilmente, fintanto che la Germania manterra’ un’inflazione minore
o uguale ai partners, e potra’ mutare solo quando tale tendenza mutera’
ed in modo duraturo (considero l’ipotesi fantascienza!). Ovviamente gli
aumenti di tassazione indiretta in Italia (IVA, accise) e Spagna (IVA),
causa prima di sovra-inflazione, promettono che il differenziale
inflattivo tra Germania e Sud Europa permarra’ anche nei prossimi 2
anni.
In caso di disgregazione dell’EURO, e ritorno alle valute
nazionali, e’ ovvio che accadra’ qualcosa di analogo a quanto accadde
nel 1992-95. L’Italia (e gli altri paesi che svalutarono) all’epoca ebbe
un’impennata nella Produzione Industriale e la Germania ebbe una bella
batosta. E’ cio’ che accade in corrispondenza di ogni
riaggiustamento monetario. E’ vero che l’Italia ha minore peso
industriale rispetto all’epoca, ma e’ anche vero che l’incidenza
dell’Import-Export rispetto alla produzione e’ aumentata molto rispetto a
20 anni fa, per cui e’ prevedibile vi saranno gli stessi effetti.
Di seguito la simulazione con e senza euro:
3) BILANCIA COMMERCIALE E BILANCIA DEI PAGAMENTI: stra-vince il RITORNO ALLA LIRA in modo netto
Anche in questo caso non c’e’ storia. Negli articoli in premessa sono
stati analizzati ampiamente (con dati, numeri, grafici e statistiche di
trend) gli andamenti delle bilance commerciali e dei pagamenti di tutti
i grandi paesi europei negli ultimi 15 anni.
L’Euro ha consentito alla Germania di ampliare a dismisura i
propri attivi commerciali in una misura pari esattamente alla somma
della crescita dei passivi in Spagna, Italia, Francia ed altri
periferici.
La dinamica in caso di mantenimento dell’EURO e’ prevedibilmente la
stessa degli ultimi 10 anni. E’ ovvio che molto dipendera’ dalla
quotazione dell’EURO stesso sul DOLLARO e dalle politiche restrittive
imposte all’interno dei singoli paesi. Per dire, nel 2012, l’Italia sta
quasi azzerando il passivo commerciale, grazie al calo dell’EURO
(fattore su cui l’economia Italiana e’ assai piu’ sensibile di molte
altre, ed in particolare di quella tedesca) ed alle politiche
restrittive suicide di Monti (che hanno fatto crollare l’import). La
tendenza di fondo pluriennale, pero’, restera’ inevitabilmente connessa
con la competitivita’ dell’industria, di cui abbiamo ampiamente scritto
sopra.
In caso di disgregazione dell’EURO, e ritorno alle valute
nazionali, e’ ovvio che accadra’ qualcosa di analogo a quanto accadde
nel 1992-95 con un ritorno ad un forte attivo commerciale per l’Italia
ed una decisa riduzione dei passivi per gli altri periferici che
svaluteranno; il tutto ai danni della Germania.
Di seguito la simulazione con e senza euro:
4) OCCUPAZIONE e PIL: vince il RITORNO ALLA LIRA (a meno di uno scenario catastrofico di Default a catena dell’intera Europa)
Anche in questo caso e’ prevedibile che un ritorno alla LIRA rafforzi
il PIL e l’occupazione. Negli articoli in premessa sono stati
analizzati ampiamente (con dati, numeri, grafici e statistiche di trend)
gli andamenti dell’occupazione, della disoccupazione e del PIL dei
grandi paesi europei negli ultimi 15 anni.
L’Euro ha consentito alla Germania di riprendere la sua corsa
del PIL e dell’occupazione, e cio’ e’ stato fatto ai danni di diversi
paesi periferici, in primis dell’Italia, che e’ il secondo paese
manifatturiero europeo. La Germania non ebbe immediatamente
benefici dall’introduzione dell’Euro e dei cambi fissi. Rammentate che
fino al 2000-2005 si diceva che la Germania era il grande malato
d’Europa? Era vero, visto che aveva un’andamento del PIL asfittico (come
l’Italia, che pero’ era reduce da una corsa per ridurre il deficit dal
10% ed oltre al 3%), peggiore di ogni nazione europea. La Germania ha
avuto pazienza, ha anticipato alcune riforme, volte essenzialmente a
contenere il costo del lavoro interno (anche favorendo i lavori a
bassissimo salario) e l’inflazione; ovviamente ogni anno ha portato a
casa un piccolo vantaggio inflattivo sui concorrenti, che col passare
degli anni e’ diventato un grosso vantaggio e proprio dal 2005, ha
iniziato a vedere andamenti di PIL ed occupazione estremamente
favorevoli (ai danni degli altri, come testimoniato dai grafici allegati
negli articoli in premessa).
La dinamica in caso di mantenimento dell’EURO e’ prevedibilmente la
stessa degli ultimi 7 anni (ancora in pieno corso nel 2012). Tra
l’altro, se la Germania manterra’ l’atteggiamento che ha tenuto nei
confronti della crisi Europea negli ultimi disastrosi 3 anni e mezzo (e
non vedo perche’ debba cambiare linea), e’ ovvio che chiedera’
l’adozione a tutti i periferici di misure sempre piu’ restrittive (leggi
Manovra Monti) che inevitabilmente affosseranno sempre piu’ il PIL ed
aumenteranno la poverta’ e la disoccupazione. Nel contempo la Germania
sara’ impattata dal minore export verso i paesi “canaglia”, e
compensera’ in parte la cosa, grazie a tassi di interesse bassissimi ed
afflussi copiosi di capitale.
In caso di disgregazione dell’EURO, e ritorno alle valute
nazionali, e’ ovvio che la Germania rivalutera’ fortemente, ed i
periferici svaluteranno, con impatti seri su produzione ed export
tedeschi (e quindi su PIL ed occupazione), mentre ovviamente chi
svalutera’ avra’ le conseguenze opposte. E’ ovvio che molto dipendera’
da come avverra’ la disgregazione dell’EURO: se venisse accompagnata da
una serie di default di alcune nazioni, l’impatto sarebbe devastante non
solo per la Germania ma pure per i paesi sottoposti a default, in tale
scenario, nel medio periodo le nazioni sottoposte a default e simultanea
svalutazione avrebbero una netta ripresa (come accaduto sempre nel
passato in situazioni analoghe), mentre il quadro per la Germania
resterebbe fosco sia nel breve che nel medio periodo (a lungo termine le
cose potrebbero cambiare).
Ho visto 3 studi recenti sugli impatti della disgregazione
dell’EURO: in uno si diceva che TUTTA l’Europa avrebbe visto il PIL
crollare (ed associo questo andamento al caso di default generalizzati
di vari paesi), ed in altri 2 studi si prevedeva un forte calo del PIL
in Germania ed una ripresa nei paesi periferici (ed associo tale
previsione, ad uno scenario piu’ morbido, di abbandono di alcuni paesi
dell’area euro, con risoluzione successiva della crisi con svalutazioni
ed utilizzo da parte delle banche centrali degli strumenti di
flessibilita’ tradizionali, quali QE, tassi, etc).
Ovviamente gli Studi valgono quello che valgono. All’epoca
dell’introduzione dell’EURO a fine anni 90, c’erano fior fiore di studi,
unanimi nell’affermare che l’EURO avrebbe portato benefici all’economia
ed al PIL dell’Eurozona consistenti. Nella realta’ e’ accaduto l’esatto
opposto, e l’Eurozona ha vissuto il peggior andamento del PIL da 50
anni a questa parte, sia in termini assoluti, che relativi nel confronto
ad USA e resto del mondo.
Di seguito la simulazione con e senza euro del PIL:
5) INFLAZIONE: vince il RESTARE NELL’EURO; ma con politici e politiche serie, cio’ non sarebbe un problema
Dopo aver visto che per l’economia reale non c’e’ partita a favore della LIRA, passiamo ad analizzare l’inflazione.
Per capire cio’, facciamoci una domanda. Cosa accadde nel 1992-1995
quando la LIRA svaluto’ da 750 a 1100 sul Marco, vale a dire del 50%,
all’inflazione? Accadde, come scritto nel relativo articolo richiamato
in premessa, che il differenziale di inflazione con la Germania scese
dal 3,3% del 1990-92 all’1,6% del 1993-95. Ma come e’ possibile?
Semplice: crollo’ il volume dell’import (piu’ caro) e parte di questo
venne sostituito da produzione nazionale (piu’ a buon mercato) e cio’
calmiero’ i prezzi. L’impatto piu’ severo fu ovviamente sui beni
energetici (che pero’ hanno un’incidenza modesta sul paniere inflattivo
complessivo rispetto alla componente del costo del lavoro, che e’
squisitamente un parametro interno). Rammento per la cronaca, che le
follie di Monti sulle accise, hanno avuto un’impatto analogo sui prezzi
energetici a quello di una classica svalutazione del 25-30% (ove sale il
prezzo della materia prima e dell’IVA e restano invariate le accise).
Sono dell’idea, comunque, che una svalutazione un qualche
impatto inflattivo lo provochera’, sia diretto (a causa dell’aumento dei
prezzi dei prodotti importati) che indiretto (legato al fatto che il
PIL sara’ meno asfittico, e cio’ inevitabilmente avra’ qualche ricaduta
sui prezzi).
E’ ovvio, comunque, che i vantaggi della svalutazione permarranno nel
tempo, solamente se ci sara’ una politica seria di contenimento
dell’inflazione, con differenziali sulla Germania che restino nell’alveo
della ragionevolezza. Per far cio’ e conservare ed utilizzare al meglio
il vantaggio competitivo, serve una classe dirigente seria e
responsabile, che adotti riforme serie di liberalizzazione, che incidano
pesantemente sui settori distributivi e sui servizi semi-monopolisti,
dove sarebbe possibile ottenere tramite maggior efficienza una decisa
caduta dei prezzi, e quindi una tenuta della competitivita’ del paese.
Di seguito la simulazione con e senza euro:
6) TASSI DI INTERESSE: vince nettamente il RESTARE NELL’EURO
Passiamo ad analizzare i tassi di interesse.
Rammendiamo a
tutti, che il contenimento dei tassi di interesse era, appunto, il
maggior vantaggio per l’Italia nell’ingresso nell’Euro-zona.
Tale vantaggio non si limita al settore pubblico (minori interessi da
pagare sul debito pubblico), ma si estende al sistema privato (tassi
agevolati sui mutui ed il credito per le famiglie e finanziamenti piu’
convenienti per le imprese).
E’ indubbio che per 10 anni l’Italia ha usufruito di vantaggi enormi su
questo fronte, con tassi bassissimi e spread con la Germania ridicoli
(ed in parte irrealistici).
E’ altrettanto vero che nel contesto degli anni 80 ed inizio anni 90 i
tassi italiani erano stratosferici, anche perche’ il panel complessivo
dei tassi mondiali (e dell’inflazione) erano decisamente diversi (tassi
nulli erano una chimera anche nelle nazioni di riferimento).
Nel 1992-95, gli spread tra Italia e Germania si mantennero sui 500
punti (con picchi sopra i 700). L’era EURO ha decretato spread di 50-100
punti, ma la recente crisi ha riportato gli spread all’epoca della
crisi del 1992-95, sui 400-500 punti.
Allora l’unico vero grosso vantaggio dell’EURO, quello di tassi a buon
mercato, e’ svanito? Onestamente direi di no, almeno attualmente, visto
che i tassi sul breve termine restano comunque convenienti e che
l’Italia con la neo-LIRA Tassi di sconto all’1% li vedrebbe solo col
binocolo.
E’ evidente che passare dall’EURO alla LIRA provochera’ un netto
rialzo del TASSO di sconto, nonche’ dei rendimenti dei titoli,
soprattutto a breve termine.
E’ altrettanto evidente che se questa crisi non trovera’ sbocco (e non
vedo come possa risolversi definitivamente, perlomeno fino a settembre
2013, data delle elezioni federali tedesche), gli spread ed i tassi
potrebbero volare nell’iperspazio (ovviamente col solito andamento a
dente di sega).
Di seguito la simulazione con e senza euro:
7) DEBITO PUBBLICO e conti pubblici:
secondo me vincerebbe la LIRA, ma unicamente nel caso di avere politici
decenti (nel caso opposto saremo fottuti comunque sia con EURO che con
LIRE)
Qui, farei un ragionamento un po’ semplicistico, ma efficace.
I Fautori dell’EURO sostengono che tornare alla LIRA fara’ riesplodere i
Tassi, e che l’introduzione dell’EURO ha consentito di ridurre
l’ammontare degli interessi pagato di 60-75 miliardi, pari a 4-5% del
PIL (in termini attualizzati). Hanno ragione, ovviamente, ma penso che
il ragionamento sia monco. Mi spiego.
L’ingresso nell’EURO (ed ancor prima in un sistema a cambi fissi a 990
sul marco) ha avuto anche altre 2 conseguenze. In primo luogo ha frenato
nettamente la dinamica del PIL reale (la cosa l’abbiamo vista negli
articoli in premessa), sia per il contenimento inflattivo, sia per le
ricadute sull’economia reale (sappiamo che da 15 anni cresciamo dell’1%
meno della media UE, differenziale che nel 2012 si avvicinera’ al 2%).
Ebbene, cio’ implica una contrazione del denominatore con cui si misura
il debito pubblico (e quindi lo fa aumentare). In secondo luogo, il calo
del PIL ha impatti sulle spese (che crescono, specie quelle di tutela)
nonche’ sulle entrate (la Manovra Monti ne e’ un’esempio lampante, con
entrate nettamente inferiori al preventivato a causa del crollo del PIL,
causato dalle stesse misure). Che significa cio?
Che dire, facciamo 2 calcoletti senza pretese. Dal 1995 ad oggi,
l’Italia e’ passata da avere un PIL industriale che pesava il 65% di
quello tedesco, al 50% attuale (ne abbiamo gia’ discusso). Ipotizzando
che l’Italia fosse rimasta al 65%, e che la Germania avesse corso meno
(non avrebbe avuto i vantaggi che ha avuto), l’Italia oggi avrebbe avuto
un PIL industriale di 60-70 miliardi di Euro in piu’, raddoppiabili con
gli impatti su export e servizi. 120-140 miliardi di PIL in piu’
equivalgono a 60-70 miliardi di tasse in piu’, che guarda un po’ sono
esattamente il costo dei maggiori interessi. Ovviamente il calcolo ha
limiti evidenti, ma da’ un’idea sul fatto che l’EURO ha avuto anche
impatti negativi indiretti su Deficit e Debito (legati a minore PIL e
minore inflazione), accanto a quelli positivi diretti (minori tassi di
interesse).
Conclusioni?
Restare nell’EURO e’ comunque un suicidio. Nel 2012 voleremo al 126% di Debito.
Successivamente non credo le cose migliorino. Restare nell’EURO, poi,
significa inflazione bassa e quel che e’ peggio PIL nominale con
andamento disastroso. E’ evidente che anche nel 2013 il Debito salira’,
visto che il denominatore avra’ un’ andamento disastroso, e cio’
avverra’ anche nel caso di riduzione del deficit all’1,5-2,0%. Inoltre,
Bruxelles c’ha gia’ fatto sborsare l’equivalente del 3% del PIL di nuovo
debito per salvare la Grecia, Portogallo, banche Spagnole ed Irlanda e
seguira’ un altro 1% (come minimo; temo assai di piu’). In questo
contesto nel 2013, in assenza di privatizzazioni e dismissioni serie, il
debito volera’ e se gli spread cresceranno, si avvitera’ sempre piu’
verso l’alto, con conseguenze gia’ viste in Grecia. Se anche a fine
2013, andassero al governo in Germania formazioni a favore degli
Eurobond, l’Italia (sempre che non sia fallita prima) si trovera’
comunque con un debito al 130% e con dinamica crescente, per cui
realisticamente parlando, la permanenza nell’EURO non promette bene sul
fronte del Debito Pubblico.
Passiamo al ritorno alla LIRA ed ipotizziamo avvenga domani. Sappiamo
che ci sarebbe un’impatto immediato sul PIL (legato ad una crescita
netta dell’export e della produzione, nonche’ a qualche ricaduta
inflattiva), eviteremo di dare altre prebende a Grecia e soci (costose),
mentre non ci sarebbe un’impatto immediato significativo sugli
interessi (se s’alzasse anche del 2-3% la curva dei tassi, l’impatto il
primo anno sarebbe solo dello 0,3-0,5%). In sintesi, un ritorno alla
LIRA avrebbe certamente nel primo e secondo anno vantaggi notevoli
sull’ammontare del Debito (minori sul fronte del deficit, dove la
ripresa economica ed inflattiva, comunque, compenserebbe nettamente la
maggior spesa per interessi). E’ ovvio che nel medio e lungo periodo, le
spese per interessi avrebbero un’incidenza maggiore.
Ecco
perche’ reputo essenziale, la gestione di un ritorno alla LIRA con una
classe politica decente (non dico eccellente), che sappia contenere e
ridurre la spesa pubblica, fare le riforme e le dismissioni, contenere
l’inflazione su valori decenti e ridurre tasse e burocrazia sui
produttori. In questo caso non c’e’ partita, ed il ritorno alla LIRA
sarebbe nettamente vantaggioso rispetto ad una permanenza nell’EURO,
come da ragionamento sovrastante (gente seria al governo, con
l’EURO e questa crisi in svolgimento, a mio vedere potrebbe fare
comunque poco, e le dinamiche di cui sopra potrebbero solo essere
attenuate; infatti l’economia reale, con l’EURO e la crisi, non si puo’
far ripartire, a meno di riforme serie ed anni di lavoro….. ma in alcuni
anni, saremo gia’ morti e sepolti).
Di seguito la simulazione con e senza euro:
8) FINANZA – STABILITA’ E STRUMENTI DI FLESSIBILITA’ FINANZIARIA: secondo me vince la LIRA
Eccoci arrivati al secondo vero vantaggio dell’EURO: entrare
in un sistema piu’ forte e stabile, dove le nostre debolezze sono
compensate dalla forza altrui, e non siamo sottoposti a crisi periodiche.
Questo vantaggio e’ stato indubbio nei fatti nel periodo 1996-2008. Dal 2008 non e’ piu’ vero.
Abbiamo rinunciato a TUTTI gli strumenti di flessibilita’ cui
dispone una nazione sovrana: Banca Centrale, possibilita’ autonoma di
stampare, fare QE e muovere i tassi. Sono i tradizionali strumenti cui
dispone una nazione per gestire l’ordinario e lo straordinario.
Tali strumenti vengono prontamente mossi da una nazione nel suo
interesse ed al momento opportuno. Ebbene, nel passato, arrivava una
sana crisi, si muovevano i tassi, c’era panico, partiva la speculazione,
la Banca d’Italia stampava e difendeva la Lira, e poi alla fine
svalutava. Tutti gli indicatori oscillavano, e dopo un po’ tutto tornava
ad un equilibrio. Sembrava talvolta un film horror, ma aveva una sua
logica. Nel caso peggiore avremo fatto default (e solo Dio sa, se cio’
non sarebbe stato meglio o peggio).
Quanto sopra, sacrificato senza uno straccio di referendum all’EURO,
moneta STATUS SYMBOL, che ci avrebbe garantito la protezione alle
insidie della finanza anglosassone cattiva ed ingiusta.
Ora, qualcuno mi spiega nel 2008-2012 quali protezioni reali abbiamo
avuto? Niente QE, niente stampa, polemiche infinite, classi politiche
nazionali che si sbranano, la Germania che si rifiuta di garantire per
gli altri e chiede misure che manderebbero in recessione pure la tigre
Cinese. In sintesi, non solo non siamo protetti, ma siamo pure con le
mani legate, completamente privi di strumenti di flessibilita’ per
azioni sul breve periodo, destinati alla deindustrializzazione, ad una
poverta’ crescente, ad essere cucinati a fuoco lento, e ciliegina sulla
torta, pure derisi.
Ebbene, personalmente (e qui lo ripeto: personalmente!), credo
che l’EURO e’ una costruzione alle cui spalle abbia una BABELE ed appare
evidente anche a persona che di finanza capisce poco (tipo me) che
questa crisi si risolvera’ solo in ultima analisi mettendo assieme
destini, potere, debiti e quant’altro (ho dubbi che la Germania
accettera’ mai, e comunque anche se fosse ci sono ostacoli politici e
burocratici non da ridere) o con una disgregazione. Ebbene, ritengo che
tornare ad avere tutti gli strumenti di flessibilita’ finanziaria (Banca
centrale, Tassi, stampa, QE, etc), dia maggiori garanzia che restare
nel Limbo in attesa di qualcosa (la garanzia finanziaria complessiva da
parte tedesca ed OK di 17 parlamenti ad una serie di step inevitabili in
caso di creazione degli Stati Uniti d’Europa) che difficilmente
arrivera’.
9) DEMOCRAZIA e RESPONSABILITA’: stravince la LIRA
Nell’attuale Unione Europea e Monetaria, non vedo traccia di Democrazia, ne’ di Responsabilita’. Attualmente vedo solo una
Babele
dove fondamentalmente non si capisce niente e non si comprende
realmente come uscirne. I processi sono spesso decisi in barba
all’opinione pubblica, da gente mai eletta.
A mio vedere il
progetto EURO avrebbe senso se l’EUROPA fosse concepita come Stati Uniti
d’Europa (non mi prolungo, credo sia chiaro cosa intendo), mentre
l’attuale minestrone e’ un non senso in termini, destinato ad un’ovvia
implosione. Inoltre, l’attuale crisi si svolge in modo tale che
inevitabilmente cresceranno i nazionalismi ed il sentimento di odio tra
le varie nazioni.
Tornare alla LIRA significa Responsabilita’ di affrontare i propri
problemi con autonomia, con un minimo di parvenza democratica. Meglio
ognuno per i fatti suoi, rispettandosi coi vicini.
10) CONCLUSIONI: direi che e’ meglio
tornare alla LIRA, e conviene farlo alla svelta; ovviamente in un
contesto internazionale fortemente competitivo e spesso ostile, tale
azione ha senso (specie sul medio e lungo periodo) solo se guidata da
una classe dirigente decente, che faccia le riforme, riduca le spese e
le tasse e riporti il paese ad un minimo di buon senso
In uno degli articoli in calce, mi ero sbilanciata, affermando che
l’Italia in caso di svalutazione avrebbe svalutato nell’ordine del 18-25% sulla Germania
(ovviamente per cifre assai inferiori su Francia, USA ed UK);
l’affermazione vale a meno delle forti oscillazioni iniziali, ed e’
legata al fatto che le svalutazioni normalmente si risolvono in
ammontari analoghi al differenziale inflattivo del periodo dalla
precedente svalutazione, a meno di differenze imposte iniziali.
In questa crisi, comprendo in parte i Tedeschi (anch’io non vorrei fare
la fine della Lombardia in Italia), e li ammiro come popolo: a
differenza di altri (che piagnucolano mancie) io sono un po’ incavolata
con la Merkel, perche’ non ha un comportamento da Leader; un Leader a
mio vedere deve dare l’esempio ed essere onesto, e non tirare avanti per
3 anni in tentennamenti: credo la sappiano pure loro che se ne esce
solo o disgregandosi o unendosi del tutto…. le soluzioni intermedie
incancreniscono tutto… ebbene, a me spiace di loro questo andreottismo
nel non voler decidere… e di fatto lo sanno anche i sassi, che alla fine
decideranno loro… troverei che fossero onesti e dicessero: cari amici,
cosi’ non si puo’ andare avanti, andiamo ciascuno per la sua strada, ed
ognuno se la cavi sa solo….. invece non lo fanno, perche’ su una cosa
sono tutti concordi nelle analisi in caso di crollo dell’euro: la
Germania ne verra’ fortemente penalizzata.
Detto quanto sopra, all’ITALIA SENZA DUBBIO CONVIENE UN RITORNO
ALLA LIRA. La cosa conviene da quasi tutti i punti di vista e la
simulazione fatta lo conferma. Ci sono pero’ 2 insidie:
1) Un ritorno alla LIRA fatto dopo il
suono della campanella, in presenza di una serie di default a catena,
non darebbe vantaggi all’economia reale, perche’ il contesto complessivo
europeo sarebbe di tracollo generalizzato. Tale situazione priverebbe
l’Italia di parte dei vantaggi legati alla svalutazione (in contesti di
tracollo, l’export verso il resto d’Europa, che assorbe il 60% delle
nostre merci, avrebbe problemi) ed un eventuale default troverebbe
reazioni feroci in una serie di nazioni declinanti e desiderose di
sopravvivere. Il ritorno alla LIRA va fatto quanto prima, mettendo la
Germania di fronte alla scelta definitiva, facendo tale azione in
compagnia di altre nazioni.
2) Un ritorno alla LIRA andrebbe gestito
da gente con la testa sulle spalle. Inizialmente la svalutazione
produrrebbe forti vantaggi su molti fronti economici, ma ci esporrebbe
ad attacchi e rappresaglie da parte di nazioni con la spalle piu’ larghe
delle nostre. Ovvio che ci vuole una classe dirigente minimamente seria
e decisa, e non pagliacci che parlano di “spread a 1200”, o di “culona
inchiavabile”, o di “patrimoniali”. Il dopo e’ ancora piu’ tosto: vanno
mantenuti i vantaggi competitivi e non scialacquati, facendo riforme
serie che consentano all’inflazione di essere tenuta sotto controllo, e
facendo politiche di bilancio tese a ridurre spese e sprechi dando
vantaggi fiscali ed operativi alle categorie produttive ed alle
famiglie. Ovviamente gli attuali barbagianni della classe dirigente
italiana sono inadeguati, per cui capisco bene le ritrosie di Funny King
ed altri su questo sito, all’ipotesi di ritorno alla LIRA.
Personalmente, ritengo pero’, che barbagianni o non barbagianni, se non
torniamo rapidamente alla LIRA, presto saremo come paese in coma
irreversibile, e non potremo riprenderci come nazione, neanche in
decenni.
L’opzione EURO non e’ un’opzione, ma e’ un suicidio. Gli
svantaggi sono infiniti. I vantaggi promessi all’origine (tassi,
sicurezza) stanno svanendo in questa crisi. Ma quello che e’ peggio, e’
che appare evidente che l’EURO ha alle spalle una costruzione
imperfetta, destinata ad un verosimile collasso.
Per cui vale la pena tenere l’EURO solo perche’ e’ uno status symbol chic? Direi proprio di No.
Esclusiva Analisi: simulazione di cosa accadrebbe con e senza EURO.