La giustizia è ormai un affare per ricchi: lo sa bene chi si è recato, negli ultimi anni, in uno studio di avvocati. Spending review e riforme hanno reso il costo delle cause sempre più oneroso per i semplici cittadini. Con la conseguenza che la stessa giustizia, in sé considerata, è diventata incostituzionale.
“Via dai tribunali”: è questo il nuovo motto che capeggia nelle aule delle udienze al posto del vecchio adagio “la legge è uguale per tutti”. Lo Stato non ha più i soldi per far funzionare la macchina della giustizia e così preferisce non erogarla a chi non può permettersela, dimenticando che ciò è profondamente incostituzionale e trascurando il fatto che la stessa economia di un Paese si regge sul rispetto delle norme. I rapporti tra cittadini si sono ormai ridotti a un far west. Le leggi continuano a creare diritti; ma, sul piano pratico, non è più possibile far valere i diritti.
Ecco come lo Stato ha reso la giustizia civile un affare per soli ricchi.
1) Dal 2002 al 2013, il contributo unificato (la tassa che si paga per avviare una causa) è cresciuto anche di cinque volte.
Un esempio: se dieci anni fa, un giudizio di risarcimento del danno poteva costare, per entrambi i gradi, al massimo 960 euro, oggi può arrivare anche a 5 mila euro.
2) È stato creato il filtro in appello.
Per iniziare un giudizio di secondo grado, oggi, bisogna avere una ragionevole possibilità di successo. Infatti, già in prima udienza i giudici valutano la possibilità di successo della causa. Se l’impugnazione non è fondata, l’appello viene immediatamente respinto, senza neanche iniziare il giudizio (leggi l’articolo “Come funziona il nuovo filtro in appello”).
3) È stato introdotto il meccanismo perverso della doppia condanna in appello.
Quando l’appello viene dal giudice respinto integralmente o dichiarato inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta oggi viene condannata a versare una sovrattassa (ossia un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione principale o incidentale). In altre parole, chi perde paga doppio (leggi l’articolo: “Appello: come cambia dal 2013 la nuova restrizione col contributo unificato”).Questo sistema peraltro è del tutto incostituzionale (leggi l’articolo “Il nuovo contributo unificato in appello è incostituzionale”).
4) Il paradosso delle cause contro il Fisco: se si intende impugnare una cartella esattoriale bisogna comunque pagare un terzo della stessa, anche se errata. Inoltre, prima di iniziare la causa, bisogna versare il contributo unificato, ossia una tassa. Quindi, anche quando il contribuente contesta qualcosa all’Amministrazione finanziaria, il fisco ci guadagna sempre!
5) Per le multe stradali il discorso è ancora più grave. Qui i costi per iniziare il giudizio sono più elevati rispetto alle contravvenzioni stesse. Inoltre, qualora il ricorso venga vinto e l’amministrazione condannata a rimborsare le spese, quest’ultima non paga mai il cittadino, né è possibile effettuare un pignoramento delle somme (per via delle disastrate condizioni delle casse comunali e dei vincoli di destinazione ai fondi pubblici).
Il tribunale è diventato come un ospedale: il cittadino sa quando entra, ma non sa come e quando esce.
fonte http://www.laleggepertutti.it
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