domenica 26 ottobre 2014

L'IDOLATRIA DEI "COMPAGNI"

“Perché come diceva Marx” … Quante volte avrò sentito questa frase? Da perdere il conto. Tutti i discorsi possibili immaginabili che i compagni hanno fatto nell’ultimo mezzo secolo sono iniziati con questa frase.
 

Sapete perché già da bambino non mi piacevano i preti? Perché fatta eccezione per qualcuno – ricordo con tanto affetto e stima il compagno Don Gallo – ripetevano tutti sempre le stesse cose. Aprivano la Bibbia, leggevano la pappardella e dicevano: “Parola di Dio”. Cioè tu potevi leggere qualunque fesseria lì sopra, essere d’accordo o meno, averla capita o meno, ma stava il fatto che l’aveva detta il padreterno e allora, come diciamo in Abruzzo: “‘nze tosce!”. Ovvero non si fiata, non si discute. 


Nel mondo della sinistra il padreterno è Marx. Intendiamoci, lui non solo è esistito per davvero, ma non che abbia detto cose non condivisibili; alcune però sono difficili da interiorizzare per una mente mediocre, anzi per una mente mediocre è difficile interiorizzare proprio tutto! E allora questa apre “Il Manifesto”, legge la pappardella e dice: “Dannazione, la religione è l’oppio dei popoli”! Illuminata dal “verbo”, si straccia di dosso la croce appesa al collo, spicca il crocifisso dal muro di casa, rinnega il clero e tutti i santi e brucia le chiese! E poi si appende al collo la catenina con la falce e il martello.


Al che viene naturale pensare: costui si è liberato di una fede e se n’è fatta un’altra. D’ora in avanti il compagno mediocre non andrà più a messa ma alle riunioni di circolo; non leggerà più la Bibbia ma “Il Capitale”; non farà più il pellegrinaggio a Calcutta ma la visita al mausoleo di Lenin a Mosca. La stessa acriticità che porta alla cieca obbedienza al precetto religioso, che Marx condannava, il nostro “compagno” la applica senza ritegno a Marx stesso. Ossequioso verso i suoi nuovi “idoli sacri”, il sedicente comunista li venera in tutta l’asetticità che il passato comporta, si sente “vivo” solo nell’idillio che quei feticci hanno inveterato, si entusiasma quando vede rosso (manco una corrida!) e guai a chi gli tocca la Russia (di Putin)! E che dire dei nostalgici del nostro paese, malinconici quando si parla del PCI, della CGIL, di Bella Ciao e di Bandiera Rossa? Ah, i bei tempi di Berlinguer!


Eh! Quanti ricordi… La metà di questi nostalgici – spaventa assai questo fatto! – quei tempi non li ha neanche vissuti: è talmente giovane da non poterli conoscere, se non attraverso le parole dei vecchi compagni, stanchi della politica ma stranamente ancora in mezzo ai piedi, cosa che testimonia una totale assenza di conflitto generazionale proprio all’interno del nostro movimento!


Conflitto, questo sconosciuto! Ci è sconosciuto perché sconosciuta ci è la sua essenza irriverente verso ogni cosa data; ci è sconosciuta la sua naturale tensione verso una risoluzione futura. E sì, perché i comunisti in realtà è assurdo che vivano nel passato, quando per definizione sono proiettati verso il futuro! Nella Russia tanto idolatrata da quei sedicenti compagni il movimento “futurista” era socialista e rappresentava l’espressione più pura del progressismo! Era l’avanguardia!


Allora i compagni veri sono di conseguenza giovani, irriverenti, progressisti, vitali! Sono l’anima del cambiamento; affondano i piedi nel presente, ma hanno lo sguardo rivolto al futuro; il passato nel frattempo è stato oggetto di un rinnegamento secolare, di un’iconoclastia totale! Non ci sono idoli né dei; non ci sono nostalgie né rimpianti; non ci sono profeti da ascoltare più di quanto abbiamo già fatto; non c’è sopravvissuto al vecchio ordine. Chi come Marx ci ha addestrato al cambiamento è morto assieme al suo tempo, speso perché noi potessimo tirare su un tempo migliore, non di certo perché potessimo passarlo a riesumare il suo come un vecchio cimelio di cui egli piuttosto non aveva alcun rispetto. E invece noi il nostro tempo lo passiamo ad accumulare cimeli, alcuni dei quali – come finiscono sempre per fare i vecchi la cui memoria scarseggia – li raccontiamo manco fossero di grande valore, quando al loro tempo erano aberrazioni che mai vogliamo ammettere, pur di non riconoscere gli errori commessi; purché insomma non fosse insegnato alla nostra generazione che i nostri predecessori andavano rinnegati. 


E’ insopportabile per noi umani la sensazione di essere usati. Eppure questa è la storia, noi dobbiamo servirla sapendo che ci chiederà di farci da parte non appena saremo diventati inutili: questa è la legge di natura. Allora al momento opportuno bisognava defilarsi e andava insegnato alle future generazioni di compagni a non ricommettere gli stessi errori. Forse così ne avremmo commessi di meno e meno brutti, forse così ora li staremmo commettendo noi almeno. Invece sono sempre i vecchi a sbagliare, a rifare sempre gli stessi errori.


E’ questa mentalità conservatrice che conduce al culto del passato. Passato fatto per lo più di grandi compagni, i quali di certo non pensavano ai bei tempi andati.


Allora, cari “compagni” che idolatrate tutt’oggi un partito di inciuci come il PCI; un sindacato che tratta i lavoratori come merce di scambio come la CGIL; i vecchi canti perché non avete più idee per farne di nuovi, non siete forse come quei preti con la verità in mano, cioè totalmente lontani dalla realtà, che difronte alle sue difficoltà non sanno cosa fare se non attaccarsi non agli idoli sacri?


Ditemi se è questo che volevate. Ditemi se volevate diventare come i vostri nemici! Siate onesti e confessate che comunisti non siete; che volete il potere ma voi, meschini rinnegatori, non siete stati capaci nemmeno di prendervelo e tenervelo stretto! La vostra superstizione vi convince di servire la causa del proletariato, ma mai come in questo momento storico siete lontani da essa. Che i giovani vi annientino con tutti i vostri idoli!



 


GIACOMO KATANGA

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