Spesso leggiamo o ascoltiamo notizie sulle stragi del sabato sera, ormai siamo abituati, guardiamo anche con un leggero distacco le foto scattate su carcasse di auto, schiantate nella notte. Una tragedia dietro l'altra che continuiamo ad ingoiare come fossimo di fronte a telefilm americani, quelli che passavano una volta a settimana, salvo risvegliarsi perché a smettere di battere è stato il cuore del figlio di un nostro amico. Pensate, i suicidi giovanili appaiono difficilmente in prima pagina, nonostante ci sia stato un aumento considerevole negli ultimi anni, quasi un voler nascondere questa immensa sciagura, non ad altri, ma a noi stessi. Secondo alcuni studi discutibili pare che i giovani a rischio siano quasi il 4%, una cifra considerevole, una cifra capace di farci sentire impotenti, proprio per questo il silenzio intorno è colpevole. Parlando di cifre diciamo che, in Italia, su 10 milioni di giovani, 400 mila sono a rischio, parliamo di età compresa dagli 11 anni 30, se a questa cifra aggiungiamo il colore nero del sabato sera, spero di farvi almeno paura. L'incapacità di adattarsi alla realtà è il male che sottrae parte della gioventù alla collettività, uno scenario squallido, posto innanzi a noi in modo quasi dissacrante, alla fine la morte diventa solo come nuova notizia. L'allarme non viene nemmeno attivato, non siamo neanche in preallarme, non siamo nemmeno coscienti dei rischi con cui questa generazione dovrà fare i conti. Questo silenzio è il vero muro che ci separa dai giovani, non voler guardare in faccia la realtà è il modo peggiore per interagire con essi, bisognerebbe educare ogni genitori alla comunicazione. Le affermazioni fatte da alcuni agiatissimi privilegiati politici nelle università italiane, mettono in risalto il distacco totale, nel caso avessimo il dubbio, alla sensibilità giovanile. L'insoddisfazione di cui rischiano di ammalarsi i nostri ragazzi è figlia dell'insoddisfazione dei genitori a non vederli trionfanti, il desiderio di vederli superiori, o, magari, dei robot da preparare per la guerra quotidiana.
Sempre più spesso sono i figli a capire i difetti dei genitori, mentre i genitori sono sempre più convinti di conoscerli bene, non per quello che sono, ma per quello che vorremmo fossero.
Una mia amica maestra racconta spesso di come i genitori rimangono sorpresi di fronte ad una ragazzata compiuta dal figlio e dice: -i genitori sono diffidenti verso noi insegnanti quando mettiamo in risalto un malumore o un'azione poco gratificante del figlio-.
Mi ricordo che per me fu davvero diverso, mio padre pensava sempre fossi io il peggiore, quindi prima di conoscere i fatti, ero già preso di mira, non era un pregiudizio, mi conosceva bene e non si sarebbe mai sorpreso di qualsiasi ragazzata commettessi.
Pensiamo siano fortunati perché hanno tutto, forse proprio questo è il problema, alla fine non hanno niente, li avviamo noi verso l'insoddisfazione perenne, li educhiamo a non prendersi responsabilità. Incapacità di adattarsi alla realtà entra anche attraverso il mondo dorato che pensiamo di avergli costruito intorno, i genitori dovrebbero essere angeli custodi capaci di dire no quando è giusto, capaci di ascoltare.
Non viviamo noi la vita dei nostri figli, qualcuno dovrebbe ricordarcelo, ogni volta che ci imponiamo o ci sbrachiamo dobbiamo chiederci -lo faccio per il suo bene o per stare tranquillo io?-
L'incapacità di adattarsi alla realtà potrebbe lasciare segni indelebili, vigiliamo prima di dover fare i conti con il tempo mai domato.
(Antonio Recanatini)
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