LA LISTA TSIPRAS, LA SINISTRA E BALOTELLI
Qualche settimana fa ho scritto qui un articolo sul progetto della costruzione di una lista in sostegno alla candidatura alla presidenza della Commissione europea di Alexis Tsipras. Se non sapete chi sia, o peggio pensiate sia il nome di qualche analgesico, vi rimando alla lettura dell’articolo in questione.
Fatta questa indispensabile premessa, giungiamo al dunque. La lista si farà, si chiamerà Altraeuropa e proprio mentre sto scrivendo dovrebbero venire ufficializzate le candidature. Ora, problema non da poco, son da trovare le 150.000 firme necessarie per la presentazione e, soprattutto, la gente che la lista la voterà.
Domanda da un milione di dollari: perché uno dovrebbe votare per la lista Tsipras (d’ora in poi: Altraeuropa)? Una delle fondatrici del progetto, la giornalista Barbara Spinelli, che di lavoro fa la giornalista, ha scritto che il progetto intende rivolgersi a tutti coloro che sono radicalmente contro la prosecuzione delle politiche di austerity portate avanti dall’Unione Europea ma che allo stesso tempo ritengono che il progetto di integrazione europea, su basi diverse e più democratiche, possa costituire un’opportunità per il futuro.
Mi sia consentito di dissentire. O meglio, condivido pure i due presupposti (anche se ammetto che sulla possibilità di riformare l’Unione Europea dall’interno nutro qualche dubbio in più rispetto alla fiducia della Spinelli), ma credo che sia un modo assolutamente intellettualistico di rispondere e che non sia, per dire, la risposta che darei al mio vicino di casa.
E siamo ancora così alla domanda da un milione di dollari (anzi, di euro, visto che siamo in tema): perché uno dovrebbe votare per Altraeuropa? Per tentare di rispondere, mi sia concesso di inserire un piccolo intermezzo.
Esattamente un anno fa, mi trovavo a fare il rappresentante di lista (il cui nome non pronuncerò ora in questa sede perché porta sfiga) nel mio seggio elettorale del quartiere di San Donato, a Pescara. Quartiere sostanzialmente proletario (e talvolta anche sottoproletario), grandi palazzoni di case popolari, insomma tutti avete presente la situazione. Il classico spaccato sociale di quei soggetti che più di tutti si ritrovano a dover subire gli effetti della crisi economica. Una signora anziana, uscendo dal seggio, a un certo punto ha esclamato: “Meh, so jettat’ nu vot’, mò sperem che Berlusconi vinc’ cuscì almen’ c’ardà s’Imu” (tradotto per i non pescarofoni, sempre che si dica pescarofoni: “beh, ho sprecato un voto, ora speriamo che Berlusconi vinca così almeno ci restituisce l’Imu”). Qualcun altro, decisamente più giovane, aveva votato Berlusconi per un motivo diverso: aveva comprato Balotelli al Milan.
Ok. Dai, Barbara Spinelli, te li lascio. Vagli a chiedere se sono contro l’austerity ma allo stesso tempo sono convinti della necessità di un percorso d’integrazione politica dei paesi membri dell’Unione Europea, per poi dalla risposta convincerli della bontà del progetto di Altraeuropa.
Esattamente per questo motivo, dicevo, la risposta che darei io sarebbe probabilmente un’altra. Storicamente la sinistra, alle sue origini, si è contraddistinta per un nobile obiettivo: l’organizzazione dei lavoratori e degli strati più bassi della società (tramite leghe operaie, sezioni di partito, sindacati eccetera) e il contributo alla loro formazione di una coscienza politica. Le leghe operaie erano quei posti dove nell’Ottocento ai lavoratori analfabeti si insegnava a leggere e a scrivere, dove i lavoratori potevano, attraverso un percorso collettivo, acquisire gli strumenti necessari a premunirsi dall’oppressione di quelli che una volta, con una terminologia un po’ desueta, ma a volte ancora valida, si chiamavano i padroni.
Don Milani diceva che il padrone era il padrone perché conosceva mille parole, laddove l’operaio ne conosceva solo cento. Ecco, le leghe operaie erano quel posto dove gli operai avevano anche loro, per la prima volta, l’opportunità di conoscere mille parole, e combattere i padroni ad armi pari.
Ho già scritto nel precedente articolo come il successo di Syriza sia imputabile al suo incessante lavoro sul territorio, e di come si dovrebbe tentare di riprodurre un modello del genere anche in Italia. Intendiamoci, non che tentativi analoghi non esistano anche qui. Il nostro paese è un pullulare di biblioteche popolari dove si possono scambiare gratuitamente libri, scuole popolari per insegnare l’italiano agli immigrati, gruppi di acquisto popolari dei prodotti di cooperative ai braccianti e via dicendo. Il problema è che tali iniziative rimangono spesso isolate tra di loro, incapaci di mettersi in rete e di incidere realmente al di fuori della loro realtà locale. Il mio auspicio per Altraeuropa è che possa configurarsi non solo come lista elettorale, ma anche come spazio pubblico dove queste esperienze possano connettersi tra loro e assumere prospettive nuove e fino ad ora impensate, restituendo alla parola sinistra un significato non solo ideologico, ma concreto e tangibile.
Quindi, se mi dovessero chiedere perché votare Altraeuropa, la mia risposta sarebbe: per restituire dignità e consapevolezza a tutti coloro che subiscono gli effetti della crisi economica e che al momento, smarriti in un territorio per loro alieno, si trovano costretti a dover orientare le loro scelte di voto sull’acquisto o meno di Balotelli.
Nessun commento:
Posta un commento