LA LISTA TSIPRAS, LA SINISTRA E BALOTELLI
Qualche settimana fa ho scritto qui un articolo sul progetto della costruzione di una lista in sostegno alla candidatura alla presidenza della Commissione europea di Alexis Tsipras. Se non sapete chi sia, o peggio pensiate sia il nome di qualche analgesico, vi rimando alla lettura dell’articolo in questione.
Fatta questa indispensabile premessa, giungiamo al dunque. La lista si farà, si chiamerà Altraeuropa e proprio mentre sto scrivendo dovrebbero venire ufficializzate le candidature. Ora, problema non da poco, son da trovare le 150.000 firme necessarie per la presentazione e, soprattutto, la gente che la lista la voterà.
Domanda da un milione di dollari: perché uno dovrebbe votare per la lista Tsipras (d’ora in poi: Altraeuropa)? Una delle fondatrici del progetto, la giornalista Barbara Spinelli, che di lavoro fa la giornalista, ha scritto che il progetto intende rivolgersi a tutti coloro che sono radicalmente contro la prosecuzione delle politiche di austerity portate avanti dall’Unione Europea ma che allo stesso tempo ritengono che il progetto di integrazione europea, su basi diverse e più democratiche, possa costituire un’opportunità per il futuro.
Mi sia consentito di dissentire. O meglio, condivido pure i due presupposti (anche se ammetto che sulla possibilità di riformare l’Unione Europea dall’interno nutro qualche dubbio in più rispetto alla fiducia della Spinelli), ma credo che sia un modo assolutamente intellettualistico di rispondere e che non sia, per dire, la risposta che darei al mio vicino di casa.
E siamo ancora così alla domanda da un milione di dollari (anzi, di euro, visto che siamo in tema): perché uno dovrebbe votare per Altraeuropa? Per tentare di rispondere, mi sia concesso di inserire un piccolo intermezzo.
Esattamente un anno fa, mi trovavo a fare il rappresentante di lista (il cui nome non pronuncerò ora in questa sede perché porta sfiga) nel mio seggio elettorale del quartiere di San Donato, a Pescara. Quartiere sostanzialmente proletario (e talvolta anche sottoproletario), grandi palazzoni di case popolari, insomma tutti avete presente la situazione. Il classico spaccato sociale di quei soggetti che più di tutti si ritrovano a dover subire gli effetti della crisi economica. Una signora anziana, uscendo dal seggio, a un certo punto ha esclamato: “Meh, so jettat’ nu vot’, mò sperem che Berlusconi vinc’ cuscì almen’ c’ardà s’Imu” (tradotto per i non pescarofoni, sempre che si dica pescarofoni: “beh, ho sprecato un voto, ora speriamo che Berlusconi vinca così almeno ci restituisce l’Imu”). Qualcun altro, decisamente più giovane, aveva votato Berlusconi per un motivo diverso: aveva comprato Balotelli al Milan.
Ok. Dai, Barbara Spinelli, te li lascio. Vagli a chiedere se sono contro l’austerity ma allo stesso tempo sono convinti della necessità di un percorso d’integrazione politica dei paesi membri dell’Unione Europea, per poi dalla risposta convincerli della bontà del progetto di Altraeuropa.
Esattamente per questo motivo, dicevo, la risposta che darei io sarebbe probabilmente un’altra. Storicamente la sinistra, alle sue origini, si è contraddistinta per un nobile obiettivo: l’organizzazione dei lavoratori e degli strati più bassi della società (tramite leghe operaie, sezioni di partito, sindacati eccetera) e il contributo alla loro formazione di una coscienza politica. Le leghe operaie erano quei posti dove nell’Ottocento ai lavoratori analfabeti si insegnava a leggere e a scrivere, dove i lavoratori potevano, attraverso un percorso collettivo, acquisire gli strumenti necessari a premunirsi dall’oppressione di quelli che una volta, con una terminologia un po’ desueta, ma a volte ancora valida, si chiamavano i padroni.
Don Milani diceva che il padrone era il padrone perché conosceva mille parole, laddove l’operaio ne conosceva solo cento. Ecco, le leghe operaie erano quel posto dove gli operai avevano anche loro, per la prima volta, l’opportunità di conoscere mille parole, e combattere i padroni ad armi pari.
Ho già scritto nel precedente articolo come il successo di Syriza sia imputabile al suo incessante lavoro sul territorio, e di come si dovrebbe tentare di riprodurre un modello del genere anche in Italia. Intendiamoci, non che tentativi analoghi non esistano anche qui. Il nostro paese è un pullulare di biblioteche popolari dove si possono scambiare gratuitamente libri, scuole popolari per insegnare l’italiano agli immigrati, gruppi di acquisto popolari dei prodotti di cooperative ai braccianti e via dicendo. Il problema è che tali iniziative rimangono spesso isolate tra di loro, incapaci di mettersi in rete e di incidere realmente al di fuori della loro realtà locale. Il mio auspicio per Altraeuropa è che possa configurarsi non solo come lista elettorale, ma anche come spazio pubblico dove queste esperienze possano connettersi tra loro e assumere prospettive nuove e fino ad ora impensate, restituendo alla parola sinistra un significato non solo ideologico, ma concreto e tangibile.
Quindi, se mi dovessero chiedere perché votare Altraeuropa, la mia risposta sarebbe: per restituire dignità e consapevolezza a tutti coloro che subiscono gli effetti della crisi economica e che al momento, smarriti in un territorio per loro alieno, si trovano costretti a dover orientare le loro scelte di voto sull’acquisto o meno di Balotelli.
venerdì 28 febbraio 2014
La lista Tsipras spiegata a chi Tsipras non sa manco chi sia
Probabilmente alcuni di voi in questi giorni avranno sentito parlare (non troppo e non troppo spesso, che i mediamainstream non sono eccessivamente propensi a dare spazio a ciò che in campo politico si muove al di fuori della palude delle larghe intese) di quell’oggetto ancora non definitivamente identificato che porta il nome provvisorio di lista Tsipras. Ora, al di là delle difficoltà che ho personalmente ravvisato in molti nel pronunciare il nome (a scanso di equivoci, le prime due lettere si pronunciano con lo stesso suono con cui sono pronunciate la t e la z in mosca tzè tzè), credo che la maggior parte di voi (o meglio, la maggior parte della piccola parte che ne ha avuto minimamente sentore. Vabbè, insomma, mi avete capito) si sarà chiesta chi o che cosa sia questo Tsipras.
Quindi, per iniziare, un paio di delucidazioni preliminari: 1) A maggio in tutti i paesi dell’Ue si svolgeranno, come ogni cinque anni, le elezioni per stabilire la composizione del prossimoParlamento europeo; 2) Ogni paese manderà al Parlamento europeo un numero di parlamentariproporzionale al proprio numero di abitanti, per un totale di 751 europarlamentari; di questi 751, per dire, l’Italia ne manda 73; 3) Le liste dei singoli paesi fanno riferimento a grandi gruppi europei, che sono un po’ come i nostri partiti ma che costituiscono in realtà la federazione dei diversi partiti all’interno dell’Ue che, ognuno nella propria nazione, fanno riferimento a valori eideali comuni; 4) Quest’anno, per la prima volta, ogni grande gruppo europeo può nominare un proprio candidato alla presidenza della Commissione europea.
Al momento, al Parlamento europeo i gruppi più numerosi sono due, il Partito popolare europeo(Ppe) e il Partito socialista europeo (Pse). Manco a farlo apposta, in Italia al primo fa riferimento il Pdl (ora Forza Italia + Nuovo centrodestra) e al secondo il Pd. Che però ci governano insieme. E, a dimostrazione di come le larghe intese siano tutt’altro che un vizio italiano, il candidato alla presidenza della Commissione per il Pse è tale Martin Schultz, segretario del Partito socialdemocratico tedesco, che governa, guarda un po’, insieme alla Merkel (il cui partito è invece nel Ppe).
Insomma, il Pse e il Ppe, pur nelle rispettive differenze che comunque esistono, condividono nella maggior parte dei casi alcune idee importanti in materia di politica economica, governano assieme molti paesi europei e, anche quando non governano assieme, sono i principali responsabili, ora l’uno ora l’altro, delle politiche di austerity e di tagli selvaggi che stanno impoverendo e affamando l’Europa. Se siete riusciti a non perdervi fin qua, possiamo procedere. Ed è qui che, terminate le delucidazioni preliminari, salta fuori il nostro Tsipras.
Molti partiti della sinistra radicale, che ritengono incoerenti le politiche sostenute da quei partiti della sinistra raggruppati nel Pse in quanto – concentrate come sono sull’austerity e i tagli alla spesa per il sociale, l’istruzione eccetera – poco attente agli interessi degli oppressi e dei più deboli, son già da diversi anni raggruppati in un altro partito europeo, quello della Sinistra Europea. Il cui candidato designato alla presidenza è, appunto, Alexis Tsipras.
40 anni da compiere, ingegnere, Tsipras è il leader del partito greco Syriza, il cui nome significa Coalizione della sinistra radicale e che, proprio nel paese più duramente colpito e devastato dagli effetti della crisi economica, è riuscito con un instancabile lavoro politico dal basso, e grazie all’impegno di migliaia di militanti, a conquistarsi la fiducia delle classi sociali più disagiate, balzando nel giro di pochi anni dal 5 al 27% dei voti e conducendo una dura opposizione al governo greco formato anche lì, manco a dirlo, da una coalizione fra i conservatori di Nuova democrazia (appartenente al Ppe) e il Partito socialista greco (appartenente al Pse).
In quanto simbolo della volontà di resistenza del popolo più sofferente d’Europa, Tsipras è stato scelto fra tutti i leader della Sinistra Europea per guidare uno schieramento che si presenta alle elezioni con il dichiarato intento di rompere il blocco di potere Ppe-Pse ed imprimere una netta sterzata alle politiche dell’Unione europea, in modo da renderle meno condizionate dalla volontà dei potentati economici e finanziari non sottoposti al controllo democratico popolare e più attente alle esigenze dei cittadini. Oltre ovviamente a Syriza, i partiti che sostengono la candidatura di Tsipras sono il Front de Gauche in Francia, Izquierda Unida in Spagna, la Linke in Germania, ilBloco de Esquerda e la Coalizione Democratica Unitaria in Portogallo, lo Sinn Fein in Irlanda, ilPartito Socialista in Olanda e così via, dalla Norvegia a Cipro, passando per la Repubblica Ceca, la Lettonia, il Lussemburgo e quasi tutti i 28 paesi membri dell’Unione europea.
E l’Italia? Già, l’Italia. Formalmente, l’unica forza organizzata italiana facente parte della Sinistra Europea è il Partito della Rifondazione Comunista che, differentemente da tutti i partiti citati prima, non è attualmente in Parlamento. La sinistra radicale italiana, in effetti, un po’ per colpe proprie un po’ per la peculiarità della situazione nel nostro paese, non è riuscita ad affermarsi come forza radicata e in continua ascesa come nella maggior parte dei paesi europei.
Per questo, alcune settimane fa, un gruppo di personalità del panorama intellettuale italiano, come lo scrittore Andrea Camilleri (quello del commissario Montalbano, per intenderci), la giornalista di Repubblica Barbara Spinelli, il sociologo Luciano Gallino e altri ancora, hanno stilato un appello per la costruzione, anche in Italia, di una lista a sostegno della candidatura di Alexis Tsipras, che comprenda le forze della sinistra radicale (a partire ovviamente da Rifondazione membro ufficiale della Sinistra Europea, che è stata una delle prime a proporre la candidatura di Tsipras alla presidenza della Commissione) ma che non si limiti ad essa, cercando di allargare il più possibile il fronte di coloro che vogliono rimettere in discussione i trattati europei e l’attuale funzionamento dell’Ue.
Anche Sel, all’ultimo Congresso, in contrasto con l’opinione del suo leader Nichi Vendola, ha deciso a maggioranza di appoggiare la costruzione di una lista a supporto della candidatura di Alexis Tsipras, e uguale interessamento si è registrato da parte di altri gruppi organizzati, personalità importanti del mondo della cultura e della politica, attivisti dei movimenti, semplici cittadini. Lo stesso Tsipras è stato questi giorni in visita nel nostro paese, per parlare con i promotori della lista italiana, e durante il suo intervento nell’affollatissimo Teatro Valle Occupato di Roma ha proclamato a gran voce i suoi punti politici principali per la lotta all’austerity europea, incentrati sullo sviluppo di un piano per la piena occupazione, sulla revisione dei trattati europei, sulla trasformazione della Banca centrale europea in prestatrice di ultima istanza, sull’abolizione delle diseguaglianze tra le forti economie del Nord Europa e quelle più fragili dei paesi mediterranei.
Ma soprattutto ha ricordato come la sua candidatura, lungi dal rappresentare l’ennesima, stantia, riproposizione della “figura carismatica”, sia solo l’incarnazione di un percorso collettivo, quello di larga parte della popolazione greca, che è riuscita a creare attivamente, in prima persona, forme di resistenza all’oppressione dell’austerità giungendo a proporre un candidato alla presidenza della Commissione, nel tentativo di rovesciare gli equilibri attuali all’interno dell’Ue, in un tentativo di riscatto non solo della Grecia, ma di tutte le vittime dell’attuale sistema economico.
Hanno fatto notare alcuni attivisti dei movimenti sociali italiani che hanno stilato uno degli innumerevoli appelli a sostegno di Tsipras che stanno circolando questi giorni che “La democrazia o è saldamente ancorata nella partecipazione e nella cittadinanza attiva, o non è. Persone, comunità e territori devono poter riprendere la politica nelle loro mani altrimenti, comunque la si presenti, rimarrà gioco di palazzo. Syriza non si è accontentata di un buon risultato elettorale, ma ha investito le energie di dirigenti e militanti nel creare e rafforzare esperienze indipendenti di mutuo soccorso e di solidarietà sociale nelle città e nei quartieri, per offrire alla popolazione un’altra opzione: la solidarietà, il mutuo aiuto, la fiducia che insieme si può resistere e vincere. I deputati eletti da Syriza versano una parte del loro stipendio alle esperienze territoriali indipendenti: mense popolari, botteghe a prezzo zero, mercati di filiera corta, doposcuola gratuiti, ambulatori sociali, campagne per la difesa dell’acqua pubblica e del territorio e dei beni comuni. Noi a questo pensiamo, quando pensiamo a una possibile lista per Tsipras. Questa è la lista di cui c’è bisogno.”
Se l’Italia riuscirà in questo processo a fare la sua parte, per usare un vecchio e scontato modo di dire, solo il tempo ce lo dirà. Ma anche, e soprattutto, la voglia di mettersi in gioco in prima persona di tutte e i tutti.
Federico Vernarelli
sabato 15 febbraio 2014
TUTTA LA VERITA' SU MATTEO RENZI, IL “VECCHIO” CHE AVANZA E WIKIPEDIA CHE GLI DA UNA MANO
pubblicato da Marcello De Vita il Gio, 03/11/2011 - 13:53
Se il nuovo che avanza è Matteo Renzi, allora stiamo freschi.Cominciamo con Wikipedia e la vergognosa pagina dedicata al sindaco di Firenze che lo fa passare per un politico che è “In linea con la sua idea di lotta alla casta e agli sprechi, nel suo mandato ha diminuito le tasse provinciali, diminuito il numero del personale e dimezzato i dirigenti dell'ente fiorentino”.
Quando ha fatto queste cose e sopratutto dove é la fonte di tutto ciò? In Wikipedia c'è un link, il numero 4, che porta semplicemente ad un articolo che si riferisce all'indagine a carico di Matteo Renzi, quando era presidente delle provincia, dove, secondo la procura, alcune delle persone assunte in Provincia non erano in possesso dei requisiti richiesti, come la laurea, oppure erano doppioni rispetto a figure professionali già presenti in Provincia. Alla faccia della lotta agli sprechi! La pagina di Wikipedia su Matteo Renzi
Ma torniamo un po' indietro e impariamo a conoscere questo giovane che avanza. La prima cosa che ogni cittadino dovrebbe fare prima di gridare “è lui l'alternativa” dovrebbe informarsi un po' e informarsi su Renzi non è così difficile. Renzi è figlio di un Democristiano, Tiziano Renzi, ex consigliere comunale che ha sempre spianato la strada al figlio per fargli raggiungere sempre più ampi poteri. Il padre di Renzi è definito gran signore della Margherita e della Massoneria in Toscana. Il feudo incontrastato della famiglia Renzi è il Valdarno, dal quale si stanno allargando a macchia d'olio. Il padre di Matteo controlla dalla metà degli anni '90 la distribuzione di giornali e di pubblicità in Toscana. Questo, unito agli affari con la Baldassini-Tognozzi, la società un po' edile e un po' finanziaria che controlla tutti gli appalti della Regione, spiega l'ascesa di Matteo Renzi.
Oggi il giovane politico continua a farsi paladino della precarietà, lui che che non ha mai spedito un cv in vita sua, mai fatto un colloquio di lavoro, mai temuto la fine di un contratto a tempo determinato.
Sopratutto lui rappresenta tutto ciò che era una volta Berlusconi!
E per averne conferma basta leggere le sue così dette 100 proposte... proposte dei quali tra i co-firmatari si trova un certo Gori: uomo già di Rete Quattro, di Fininvest e direttore di Canale 5 nella prima metà degli anni '90, successivamente fonda la casa di produzione Televisiva Magnolia famosa per aver importato in Italia format quali il Grande Fratello o l'Isola dei Famosi. Si può dire il perfetto esempio di quella cultura berlusconiana.
Ma al di là di chi abbia sottoscritto o meno le proposte, in fondo le folgorazioni sulla via di Damasco esistono da sempre (anche se in questo caso il folgorato sembra Renzi) è interessante leggere le proposte. Al di là che difficilmente si possono classificare come di 'sinistra' (parola che d'altronde non ha più valore) con privatizzazioni varie a destra e a manca e attacco a sistema del welfare (per esempio favorendo una ancora maggiore esternalizzazione dei servizi ospedalieri per... risparmiare) è interessante notare come le proposte più 'sensibili' lo siano solo all'apparenza con la negazione spesso nella stessa frase o quella successiva di quanto inizialmente affermato. Lampante il punto 26 sugli ordini professionali dove a dispetto del prorompente titolo 'Riformare gli ordini professionali' dopo si parla di abolire gli ordini superflui (leggasi: nessuno) e ricondurre gli altri a funzione di 'regolatori di mercato' e non di 'protezione corporativa'... tante belle parole per dire nulla.
Situazione che diventa fin comica nel capitolo dedicata alla sanità:
"40. Completa riorganizzazione della medicina sul territorio: radicale cambiamento del ruolo della medicina di base. Abolizione dell’attuale ruolo del medico di medicina generale. Creazione di ambulatori polispecialistici sul territorio. Consorzio dei medici di Medicina generale."
"42. Chiudere tutti gli ospedali con meno di 100 posti letto e che non abbiano un servizio di anestesia e rianimazione aperto 24 ore su 24. Questi dovrebbero essere ospedali per pazienti cronici a lunga degenza a bassa intensità di cure ma a basso costo. Dovrebbero essere di supporto agli Ospedali ad alta complessità e alto costo, i quali dovrebbero esclusivamente gestire la fase acuta e poi inviare a strutture con costi ridotti. Ne consegue anche la necessità di un’assistenza domiciliare efficace e ben coordinata. Nei grandi ospedali bisogna cancellare i doppioni, la moltiplicazione dei reparti ad alto costo e ad alta tecnologia creati solo per moltiplicare i ruoli direttivi."
Non credo bisogna commentare, basti considerare che il poliambulatorio è per sua natura specialistico, l'ospedale no. Che serve avere sotto casa l'ambulatori che fa i controlli del sangue e poi dover fare decine e decine di chilometri in caso di una semplice frattura? Ad essere maligni un motivo c'è e riguarda gli interessi generali degli attori privati nella sanità, ma andiamo oltre.
Altro punto che sembra essere stato scritto da una persona in crisi di identità ed idee è il seguente:
"71. Scegliere le grandi opere che servono davvero Rivedere il piano delle infrastrutture alla luce di criteri di valutazione economica. Puntare sulle (poche) grandi opere che servono e soprattutto sulle tante piccole e medie opere delle quali il Paese ha davvero bisogno."
Ovvero come dire nulla usando paroloni complessi?
Poi non può mancare il classico punto sull'istruzione che sembra non poter mancare dagli anni '80 in poi:
"82. Abolizione del “valore legale” del titolo di studio. Introdurre nei concorsi della Pubblica Amministrazione criteri di valutazione dei titoli di studio legati all’effettiva qualità del percorso formativo dei candidati."
E questo solo per dire alcuni degli aspetti più curiosi dei 100 punti, di cui si consiglia caldamente la lettura. Se qualcuno voleva il successore di Berlusconi... beh, con questi 100 punti il successore forse l'ha trovato.
Quando ha fatto queste cose e sopratutto dove é la fonte di tutto ciò? In Wikipedia c'è un link, il numero 4, che porta semplicemente ad un articolo che si riferisce all'indagine a carico di Matteo Renzi, quando era presidente delle provincia, dove, secondo la procura, alcune delle persone assunte in Provincia non erano in possesso dei requisiti richiesti, come la laurea, oppure erano doppioni rispetto a figure professionali già presenti in Provincia. Alla faccia della lotta agli sprechi! La pagina di Wikipedia su Matteo Renzi
Ma torniamo un po' indietro e impariamo a conoscere questo giovane che avanza. La prima cosa che ogni cittadino dovrebbe fare prima di gridare “è lui l'alternativa” dovrebbe informarsi un po' e informarsi su Renzi non è così difficile. Renzi è figlio di un Democristiano, Tiziano Renzi, ex consigliere comunale che ha sempre spianato la strada al figlio per fargli raggiungere sempre più ampi poteri. Il padre di Renzi è definito gran signore della Margherita e della Massoneria in Toscana. Il feudo incontrastato della famiglia Renzi è il Valdarno, dal quale si stanno allargando a macchia d'olio. Il padre di Matteo controlla dalla metà degli anni '90 la distribuzione di giornali e di pubblicità in Toscana. Questo, unito agli affari con la Baldassini-Tognozzi, la società un po' edile e un po' finanziaria che controlla tutti gli appalti della Regione, spiega l'ascesa di Matteo Renzi.
Oggi il giovane politico continua a farsi paladino della precarietà, lui che che non ha mai spedito un cv in vita sua, mai fatto un colloquio di lavoro, mai temuto la fine di un contratto a tempo determinato.
Sopratutto lui rappresenta tutto ciò che era una volta Berlusconi!
E per averne conferma basta leggere le sue così dette 100 proposte... proposte dei quali tra i co-firmatari si trova un certo Gori: uomo già di Rete Quattro, di Fininvest e direttore di Canale 5 nella prima metà degli anni '90, successivamente fonda la casa di produzione Televisiva Magnolia famosa per aver importato in Italia format quali il Grande Fratello o l'Isola dei Famosi. Si può dire il perfetto esempio di quella cultura berlusconiana.
Ma al di là di chi abbia sottoscritto o meno le proposte, in fondo le folgorazioni sulla via di Damasco esistono da sempre (anche se in questo caso il folgorato sembra Renzi) è interessante leggere le proposte. Al di là che difficilmente si possono classificare come di 'sinistra' (parola che d'altronde non ha più valore) con privatizzazioni varie a destra e a manca e attacco a sistema del welfare (per esempio favorendo una ancora maggiore esternalizzazione dei servizi ospedalieri per... risparmiare) è interessante notare come le proposte più 'sensibili' lo siano solo all'apparenza con la negazione spesso nella stessa frase o quella successiva di quanto inizialmente affermato. Lampante il punto 26 sugli ordini professionali dove a dispetto del prorompente titolo 'Riformare gli ordini professionali' dopo si parla di abolire gli ordini superflui (leggasi: nessuno) e ricondurre gli altri a funzione di 'regolatori di mercato' e non di 'protezione corporativa'... tante belle parole per dire nulla.
Situazione che diventa fin comica nel capitolo dedicata alla sanità:
"40. Completa riorganizzazione della medicina sul territorio: radicale cambiamento del ruolo della medicina di base. Abolizione dell’attuale ruolo del medico di medicina generale. Creazione di ambulatori polispecialistici sul territorio. Consorzio dei medici di Medicina generale."
"42. Chiudere tutti gli ospedali con meno di 100 posti letto e che non abbiano un servizio di anestesia e rianimazione aperto 24 ore su 24. Questi dovrebbero essere ospedali per pazienti cronici a lunga degenza a bassa intensità di cure ma a basso costo. Dovrebbero essere di supporto agli Ospedali ad alta complessità e alto costo, i quali dovrebbero esclusivamente gestire la fase acuta e poi inviare a strutture con costi ridotti. Ne consegue anche la necessità di un’assistenza domiciliare efficace e ben coordinata. Nei grandi ospedali bisogna cancellare i doppioni, la moltiplicazione dei reparti ad alto costo e ad alta tecnologia creati solo per moltiplicare i ruoli direttivi."
Non credo bisogna commentare, basti considerare che il poliambulatorio è per sua natura specialistico, l'ospedale no. Che serve avere sotto casa l'ambulatori che fa i controlli del sangue e poi dover fare decine e decine di chilometri in caso di una semplice frattura? Ad essere maligni un motivo c'è e riguarda gli interessi generali degli attori privati nella sanità, ma andiamo oltre.
Altro punto che sembra essere stato scritto da una persona in crisi di identità ed idee è il seguente:
"71. Scegliere le grandi opere che servono davvero Rivedere il piano delle infrastrutture alla luce di criteri di valutazione economica. Puntare sulle (poche) grandi opere che servono e soprattutto sulle tante piccole e medie opere delle quali il Paese ha davvero bisogno."
Ovvero come dire nulla usando paroloni complessi?
Poi non può mancare il classico punto sull'istruzione che sembra non poter mancare dagli anni '80 in poi:
"82. Abolizione del “valore legale” del titolo di studio. Introdurre nei concorsi della Pubblica Amministrazione criteri di valutazione dei titoli di studio legati all’effettiva qualità del percorso formativo dei candidati."
E questo solo per dire alcuni degli aspetti più curiosi dei 100 punti, di cui si consiglia caldamente la lettura. Se qualcuno voleva il successore di Berlusconi... beh, con questi 100 punti il successore forse l'ha trovato.
giovedì 6 febbraio 2014
FOIBE? L’ENNESIMO ORRORE NAZIFASCISTA!
Oggi ci risiamo con il consueto appuntamento dell’anno
fascista, moralista, borghese, anticomunista, revisionista e chi più ne ha più
ne metta: il ricordo del massacro delle foibe.
E sì, perché come ogni anno si ricordano i 6 milioni di ebrei sterminati dai nazifascisti, per par condicio storica, per correttezza politica, dobbiamo ricordare che anche i partigiani jugoslavi di Tito hanno ammazzato. Cosa che equivale a porre sullo stesso piano di inusitata violenza, insensato massacro, ingiustificabile eccidio, due episodi che non sono minimamente equiparabili. Infatti, mentre i regimi fascista e nazista hanno basato la propria politica su un’espansione aggressiva ai danni delle persone ritenute inferiori di razza, giustificando assurdamente come “normale” e persino “dovuto” l’atteggiamento di violenza totale nei loro confronti; i partigiani titini reagivano proprio a quell’aggressione per riappropriarsi delle terre loro usurpate. Tra politica dell’aggressione e della sottomissione e politica della liberazione nazionale dall’oppressore c’è già una differenza abissale; se si aggiunge poi che l’invasore dopo aver aggredito e sottratto, ha stuprato, violentato, torturato e ucciso decine di migliaia di uomini, donne, bambini e anziani nel loro paese, non ci si deve stupire se questi civili sono passati al contrattacco e hanno reagito con tutti i mezzi a loro disposizione, per riscattare la libertà di cui erano stati privati. Certo la soluzione “del fiore al fucile” è più bella, ma storicamente era ancora troppo prematura, ed è tutto da dimostrare se sia effettivamente efficace per vincere la barbarie schiacciante del nazifascismo. Davvero certo è invece che prendere le armi ed essere stati disposti persino a perdere la vita pur di riscattare la propria libertà e dignità di uomo, di popolo, i partigiani jugoslavi lo hanno dimostrato, ha funzionato.
In sostanza dovremmo dire tutti grazie a Tito e ai partigiani comunisti jugoslavi per aver contribuito a debellare la minaccia più grande che l’umanità possa aver subito finora. E invece no! Il metodo utilizzato ha lasciato l’amaro in bocca (ovviamente!) di tutti gli anticomunisti (ogni scusa è buona per dire che sono brutti, cattivi e mangiano i bambini) e di tutti gli pseudo-nazionalisti o giù di lì, quella sorta di gente con il mito dell’italianità in testa (che è un modo come un altro di essere razzisti) a cui le sorti della guerra proprio non sono andate giù. La comune scusa addotta? “Li hanno buttati in un fosso, come fossero vermi”. Guardate, il congiuntivo è una bella cosa, ma il problema di questa frase è tutto lì: i fascisti sono vermi! sono carogne! Non so se voi avete altre espressioni per definire individui del genere:
E sì, perché come ogni anno si ricordano i 6 milioni di ebrei sterminati dai nazifascisti, per par condicio storica, per correttezza politica, dobbiamo ricordare che anche i partigiani jugoslavi di Tito hanno ammazzato. Cosa che equivale a porre sullo stesso piano di inusitata violenza, insensato massacro, ingiustificabile eccidio, due episodi che non sono minimamente equiparabili. Infatti, mentre i regimi fascista e nazista hanno basato la propria politica su un’espansione aggressiva ai danni delle persone ritenute inferiori di razza, giustificando assurdamente come “normale” e persino “dovuto” l’atteggiamento di violenza totale nei loro confronti; i partigiani titini reagivano proprio a quell’aggressione per riappropriarsi delle terre loro usurpate. Tra politica dell’aggressione e della sottomissione e politica della liberazione nazionale dall’oppressore c’è già una differenza abissale; se si aggiunge poi che l’invasore dopo aver aggredito e sottratto, ha stuprato, violentato, torturato e ucciso decine di migliaia di uomini, donne, bambini e anziani nel loro paese, non ci si deve stupire se questi civili sono passati al contrattacco e hanno reagito con tutti i mezzi a loro disposizione, per riscattare la libertà di cui erano stati privati. Certo la soluzione “del fiore al fucile” è più bella, ma storicamente era ancora troppo prematura, ed è tutto da dimostrare se sia effettivamente efficace per vincere la barbarie schiacciante del nazifascismo. Davvero certo è invece che prendere le armi ed essere stati disposti persino a perdere la vita pur di riscattare la propria libertà e dignità di uomo, di popolo, i partigiani jugoslavi lo hanno dimostrato, ha funzionato.
In sostanza dovremmo dire tutti grazie a Tito e ai partigiani comunisti jugoslavi per aver contribuito a debellare la minaccia più grande che l’umanità possa aver subito finora. E invece no! Il metodo utilizzato ha lasciato l’amaro in bocca (ovviamente!) di tutti gli anticomunisti (ogni scusa è buona per dire che sono brutti, cattivi e mangiano i bambini) e di tutti gli pseudo-nazionalisti o giù di lì, quella sorta di gente con il mito dell’italianità in testa (che è un modo come un altro di essere razzisti) a cui le sorti della guerra proprio non sono andate giù. La comune scusa addotta? “Li hanno buttati in un fosso, come fossero vermi”. Guardate, il congiuntivo è una bella cosa, ma il problema di questa frase è tutto lì: i fascisti sono vermi! sono carogne! Non so se voi avete altre espressioni per definire individui del genere:
«Di
fronte ad una razza inferiore e barbara come la slava, non si deve seguire la
politica che dà lo zuccherino, ma quella del bastone. I confini dell'Italia
devono essere il Brennero, il Nevoso e le Dinariche: io credo che si possano
sacrificare 500.000 slavi barbari a 50.000 italiani» (Mussolini)
«So che
siete dei buoni padri di famiglia; questo va bene a casa, ma non qui, qui non
sarete mai abbastanza ladri, assassini, stupratori.» (Generale Roatta)
«Si
ammazza troppo poco» (Generale Robotti)
E qualcuno
ancora si lamenta che gli italiani occupanti siano stati massacrati in massa?
Forse sarebbe stato più facile cercare un ago in un pagliaio che un italiano
antifascista nei Balcani: gli antifascisti erano impegnati in Italia a
liberarsi dello stesso nemico allo stesso modo. Nemico che per questi suoi
crimini di guerra spesso non ha mai pagato, come Roatta, salvato dal Vaticano e
dal regime di Franco. E allora come si può biasimare i partigiani? Andrebbero
commemorati, esaltati, ricordati come veri eroi! Non furono loro a scegliere la
sanguinarietà: loro hanno combattuto contro l’ingiustizia che li opprimeva, che
opprimeva tutta l’umanità; ed oggi qualcuno gli vuol far pagare il prezzo di
una guerra che di certo non hanno voluto né iniziato, solo perché come tutti i
giusti furono costretti al massacro dei massacratori. Per quanto tutto ciò
possa essere umanamente triste, vi mentirei se vi dicessi che mi dispiace anche
solo un pochino per i nazifascisti; inoltre io non vedo altre soluzioni, come
non ne vide allora la storia che ha eliminato il mostro che ha creato. Perciò
se pensate alle foibe e a quanto sia stato brutto, ricordate che fu un momento
necessario della storia e la condizione per la quale siete liberi oggi, anche
di pensarla diversamente. Ricordate che sono l’ennesima conseguenza del
nazifascismo, una sua diretta responsabilità. E ricordate che in fin dei conti,
l’unico posto giusto per una carogna è sottoterra.
Giacomo Katanga
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