La riforma delle pensioni targata Fornero, contenuta nel decreto
salva-Italia, e varata a dicembre, istituisce per tutti gli Italiani da
un lato l'innalzamento dell'età pensionabile, dall'altro il passaggio al
metodo contributivo di calcolo per la pensione. Una stangata che ha
costretto decine di migliaia di lavoratori a rinviare di anni l'uscita
dal lavoro (pur avendo raggiunto i requisiti), o ad accontetarsi di una
pensione più magra. Ma questa riforma vale per tutti gli Italiani? In
teoria, sì. In pratica, come sempre avviene, no. Perché a tre mesi dal
varo della nuova legge, viene fuori che i deputati, a differenza di
tutti gli altri, si sono concessi l'applicazione di un metodo di calcolo
misto retributivo-contributivo (quello della rifroma Dini, ora
abrogata), con il quale salvano i diritti acquisiti al 31 dicembre 2011,
derogando dalla nuova norma, e si assicurano il vitalizio tanto
agognato, che appunto non verrà calcolato sulla base dei soli contributi
versati, ma secondo il vecchio sistema. I deputati saranno perciò gli
unici privilegiati a godere del vitalizio vecchia maniera, a meno che
non optino "da soli" per la scelta del nuovo metodo di calcolo del
trattamento previdenziale, come recita una clausola-beffa inserita nel
documento licenziato dalla commisione. E chi, fra i parlamentari
italiani, decidera di autotagliarsi la pensione? Facile immaginare la
risposta: proprio nessuno.
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