Il 10 dicembre è entrata in vigore la riforma del ministero dei Beni e
delle Attività culturali e, come ha ricordato Tullio Gregory, con essa
«il processo di liquidazione del patrimonio archivistico e librario
giunge al suo esito estremo». La legge declassa le biblioteche di
conservazione, le priva del ruolo dirigenziale e ne affiderà la
direzione a funzionari privi di specifica preparazione. Tra le
biblioteche colpite dal declassamento la Medicea Laurenziana di Firenze
che con il suo patrimonio di oltre 11.000 manoscritti e 2.500 papiri è
tra le più insigni del mondo. Dopo anni di tagli si era sperato in una
decisiva inversione di rotta, in segnali positivi che non ci sono stati.
La legge appena entrata in vigore condanna alla morte per estinzione
biblioteche il cui patrimonio il mondo ci invidia.
Il 10 dicembre è entrata in vigore la riforma del ministero dei Beni e
delle Attività culturali e, come ha ricordato Tullio Gregory dalle
pagine del Corriere (29 nov.), con essa «il processo di liquidazione del
patrimonio archivistico e librario giunge al suo esito estremo». La
legge che riforma per l’ennesima volta il ministero voluto da Giovanni
Spadolini declassa le biblioteche di conservazione, le priva del ruolo
dirigenziale e ne affiderà la direzione a funzionari privi di specifica
preparazione.
L’autonomia tecnico amministrativa è stata reinserita (pare per una
svista) nel D.M. a seguito delle proteste della comunità scientifica,
dopo essere stata cancellata, tuttavia biblioteche come la Braidense di
Milano e l’Estense di Modena avranno dirigenti museali, altre
dipenderanno dalla Direzione Generale Biblioteche (vd. la replica del
ministro Franceschini del 1 dic. sul Corriere).
Dirette da una professionalità diversa da quella di un bibliotecario,
è evidente che l’autonomia tecnica scientifica della Estense e della
Braidense sarà indirizzata alla parte museale, piuttosto che alla
biblioteca. Per le restanti non è chiaro come potrà attuarsi l’autonomia
se il direttore sarà un funzionario che non potrà assumersi
responsabilità che vanno al di là delle proprie specifiche competenze
scientifiche e dovrà sempre e comunque interfacciarsi con i propri
superiori gerarchici a Roma (questi ultimi non sempre pienamente
coscienti del valore dei beni che hanno la responsabilità di
tutelare)[1].
Tra le biblioteche colpite dal declassamento la Medicea Laurenziana
di Firenze che con il suo patrimonio di oltre 11.000 manoscritti e 2.500
papiri è tra le più insigni del mondo. Iniziata da Cosimo il Vecchio e
poi arricchita da Piero e Lorenzo de’ Medici, dal tumulto del
Savonarola, nel 1498, fino al 1522 ha subito molte traversie (fu anche a
Roma dopo essere stata acquistata dal figlio di Lorenzo, Giovanni de’
Medici). Riportata a Firenze, papa Clemente VII incaricò Michelangelo di
costruire la biblioteca nei chiostri della basilica di San Lorenzo. Il
salone destinato ad ospitare la biblioteca fu realizzato per volere di
Cosimo I su disegni michelangioleschi. Il pavimento è di Niccolò di
Raffaello mentre Giovanni da Udine, un allievo di Raffaello, ha creato
le vetrate dipinte a fuoco. Vasari, per finire, ha costruito il
vestibolo.
Nessuna altra biblioteca al mondo più vantare un tale novero di
artisti impegnati nella sua costruzione, e poche altre possono vantare
il suo patrimonio[2].
Altrove, in Germania ad esempio, i direttori delle biblioteche di
conservazione non sono burocrati ma docenti universitari in quanto la
tutela, la conservazione e la valorizzazione dei patrimoni librari
conservati nelle biblioteche storiche necessita di elevati livelli di
specializzazione, la conoscenza delle lingue classiche, della
paleografia greca e latina, della codicologia, della storia ed
archeologia del libro, della filologia. Inoltre le scelte compiute in
campo biblioteconomico e digitale hanno ripercussioni sulla ricerca e
non soltanto nell’area delle discipline umanistiche.
Mentre nel resto d’Europa dalla British Library, alla Bibliothèque
Nationale di Parigi, a Monaco e Berlino le biblioteche nazionali sono
diventate centri di innovazione e ricerca, in Italia la nuova legge sui
beni culturali condanna alla marginalità persino le due biblioteche
nazionali, quelle di Roma e Firenze, relegandole al ruolo di meri poli
bibliotecari regionali. In Germania il DigitalisierungsZentrum di Monaco
ha reso disponibili ad oggi 1.055.738 testi digitalizzati, in Italia,
la Biblioteca Nazionale di Firenze non è stata ancora in grado di
inserire nel catalogo online il suo intero patrimonio librario (in Opac
non si trovano la maggior parte dei libri pubblicati prima del 1984 per
accedere ai quali occorre ancora consultare il catalogo cartaceo). E
questo mentre migliaia e migliaia di nuovi libri giacciono, non
catalogati e dunque inaccessibili agli utenti, nei magazzini e l’acqua
piovana devasta le sale di consultazione.
È notizia di due giorni fa l’intenzione di impegnare i 52 esuberi
risultanti dal nuovo piano di rilancio del Teatro Comunale di Firenze
«soprattutto nella Biblioteca Nazionale». Il sindaco Nardella non ha
precisato per fare cosa. Per la catalogazione? Per le verifiche del
deposito legale? (I periodici hanno lacune spaventose). Per l’avvio del
deposito legale delle risorse digitali? (In Italia ancora in fase di
sperimentazione). Per la creazione di una piattaforma online destinata
ad accogliere le riproduzioni digitali dei periodici italiani? (Come
Persee in Francia).
Dopo anni di tagli si era sperato in una decisiva inversione di
rotta, in segnali positivi per il reclutamento di nuovo personale
competente e professionale, di migliori dotazioni strumentali. Questi
segnali non ci sono stati e la legge appena entrata in vigore condanna
alla morte per estinzione biblioteche il cui patrimonio il mondo ci
invidia.
[1] È esposto in queste settimane a New York il Cantico delle creature, ms. Assisi, Sacro Convento, 338:
http://www.americaoggi.info/2014/11...;
è stato trasportato addirittura in Australia uno dei più grandi
capolavori della cartografia di ogni tempo la Mappa Mundi di fra’ Mauro
custodita nella Biblioteca Marciana di Venezia: http://www.iicsydney.esteri.it/IIC_...
[2] La Laurenziana è anche la biblioteca che custodisce il libro più
venerato della storia (da sempre escluso dalla consultazione) che non è
un esemplare della bibbia, o del talmut o del corano, ma la
codificazione della giurisprudenza classica, raccolta per volere
dell’imperatore Giustiniano nel secolo VI d.C., le Pandette.
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