Sono passati ormai mesi infernali dall’inizio del conflitto
israelo-palestinese; mesi di terrore per i bombardamenti mirati; mirati a
colpire civili inermi; molti sono profughi o bambini. Oltre 160 razzi al giorno
sono piovuti su Gaza, mietendo centinaia di vittime e di feriti; hanno
attrezzato anche l’azione della fanteria. Ma perché Israele ce l’ha così tanto
con i Palestinesi? E soprattutto, perché uccide i civili? Avrà mai fine questa
guerra? Probabilmente no, e la risposta è semplice: perché non è una guerra!
Infatti la guerra la combattono gli eserciti; ma mentre
Israele è armato fino ai denti della migliore tecnologia in campo bellico, la
Palestina non ha neppure un esercito regolare e resiste con le pietre e qualche
vecchio automatico; e non saranno di certo i razzetti di Hamas a impensierire
l’avamposto dell’Occidente in Medio Oriente. No, questo massacro perpetrato dai
coloni di Israele sin dapprima della sua fondazione nel 1948, sin dall’800, è
un duello impari tra le armate sioniste e i civili palestinesi.
IL SIONISMO
Da sempre infatti, la politica di Israele è stata una
politica fondata sull’acceso nazionalismo ebraico, il sionismo, un movimento
ideologico che negli anni ha assunto caratteri sempre più di ultradestra; i pochi
governanti che hanno provato a prenderne le distanze, come Rabin, hanno pagato
con la vita. E’ chiaro dunque: la maggioranza della popolazione, il 76,4%, è
ebraica e a maggioranza esprime il proprio voto verso la destra estrema; non
vuole né distensione né pace. Certo, ci sono minoranze che la pensano
diversamente, ma sono minoranze; e sappiamo dalle cronache e dalle denunce che
queste fanno, quali vessazioni vivano le minoranze di questo stato
ultranazionalista; uno stato che è stato fondato colonizzando una terra che non
gli apparteneva, la Palestina, che perciò va ripulita dai suoi legittimi
abitanti. Israele vuole il genocidio dei Palestinesi. E’ di questo che si
tratta, di genocidio.
Il pretesto per portare avanti il massacro è ora uno guizzo
d’orgoglio palestinese, ora una loro montatura. Persino il The Jewish Daily ha
sollevato sospetti sull’origine della causa che ha portato a questo conflitto:
la ricostruzione sul presunto rapimento dei ragazzi ad opera di Hamas (che non
lo ha rivendicato) non quadra, è chiaramente una montatura; i responsabili
probabilmente sono i servizi segreti israeliani. Anche per questo non è una
guerra: nella guerra è pianificata la strategia del conflitto; nel genocidio,
la tattica dello sterminio. Nella Germania nazista una cosa era il fronte
contro gli Alleati, un’altra il piano per uccidere tutti gli ebrei, la
“soluzione finale”. I nazisti architettarono un meccanismo da replicare fino
all’uccisione dell’ultimo ebreo: un pretesto, arbitrario, per diffondere morte,
efficacemente. Perché? Perché la ragione è politica, come per ogni genere di contesa.
Il Reich voleva il controllo dell’economia in mano agli ebrei; Israele vuole il
controllo delle terre in mano ai palestinesi. La politica che questi estremisti
ebrei, i sionisti israeliani, stanno conducendo allora, non è molto distante,
né nelle modalità né nelle ragioni, dalla politica che i nazisti condussero
contro gli ebrei. Il sionismo vuole il riscatto della vittima ebrea dal
carnefice nazista, facendone a sua volta un carnefice per i palestinesi.
Ci auspicammo che la Shoah
(“annientamento”) potesse non ripetersi più. Ma questa, che una guerra non è,
voi come la chiamate?
EBRAISMO E SIONISMO
E’ la conseguenza della stigmatizzazione della Shoah senza
un’analisi profonda delle cause, senza una cura delle ragioni. Si è appioppati
all’ebreo la categoria di “vittima” par
excellance; si è cristallizzati la sua sostanza entro la forma di vittima e
basta, senza neppure domandarsi sul serio chi sia l’ebreo. Questo ha finito di
cancellare l’essenza dell’essere ebreo, ridotto a pura vittima; e ha fornito a
quegli estremisti la giustificazione per i loro massacri, il fondamento
ideologico del sionismo: il vittimismo.
Ma allora qual è l’essenza dell’essere ebreo? si può essere
ebrei senza essere sionisti, senza volere l’annientamento del popolo
palestinese?
Definire l’ebreo non è come definire l’individuo di un
qualunque popolo. Un popolo si definisce a partire dalla data area geografica
che lo delimita e dagli usi, costumi e ordinamenti che esso si dà. Dopo la
Grande Diaspora, iniziata con la distruzione del tempio di Gerusalemme da parte
dell’esercito romano di Tito (70 d.C.), gli Ebrei non ebbero più un loro
territorio. Gli ordinamenti che essi conservarono nei territori dove si
rifugiarono come comunità potevano solo essere ordinamenti religiosi; pure gli
usi e i costumi erano quelli di carattere religioso estratti dalla Torah. Allora nei secoli, tutto ciò che
si è conservato dell’antico popolo ebraico è la sua religione, il giudaismo. Per questo già molti
risorgimentisti e sostenitori della questione ebraica sostenevano che l’essere
ebreo non poteva prescindere dall’essere giudeo. Ciò che ancora mancava era il
recupero della terra originaria di questo popolo, il recupero dello stato
israelitico, perché l’ebreo potesse finalmente essere tale. Ovviamente, anche
in questo caso, fu la religione a indicare il luogo.
E allora, incuranti dei legittimi eredi che popolavano
quella terra da secoli (per altro di etnia semitica, la stessa degli ebrei) a
fine ‘800, e poi con la Dichiarazione Balfour del 1915, si è deciso che l’unico
“popolo” ad avere la presunzione di essere sopravvissuto all’era dell’antichità
dovesse riappropriarsi di una terra che non gli apparteneva più da oltre 1800
anni! Un tale affronto alla storia poteva risolvere le sue contraddizioni in un
fallimento o in un successo sfolgorante delle armi, con tutto l’orrore disumano
che esso comporta. Sfortunatamente, grazie alla volontà politica del blocco
occidentale, si decise di porre un avamposto a guardia del Medio Oriente, una
futura porta verso altre terre da colonizzare per l’imperialismo statunitense.
IL SOSTEGNO DELL’OCCIDENTE ALLA POLITICA SIONISTA
Da allora ufficialmente quella tra ebrei e palestinesi
diventa una lotta vitale. Le comunità locali, benché di religione diversa,
convissero per quasi due millenni dalla diaspora in maniera del tutto pacifica.
Qualche rabbino racconta persino di quando durante i festeggiamenti di Yomo
Kippur (la pasqua ebraica) le madri impegnate nelle celebrazioni lasciavano i
loro figli alle donne palestinesi. E allora perché una vera e propria
propaganda di regime – regime nato dalla volontà di ebrei venuti da fuori –
scava tra questi due popoli una trincea? Di nuovo: perché la ragione è
politica, come per ogni genere di contesa. E ogni ragione politica cela il più profondo interesse economico. Degli Stati Uniti di mettere piede in oriente,
dei coloni ebrei di appropriarsi di terre che saranno al centro delle contese
degli anni avvenire. E infatti, pensate ai fatti dell’Afghanistan, dell’Iraq, dell’Iran
e della Siria, e a quanto sono prossimi dallo stato di Israele; e pensate pure
che l’occidente, USA in testa, è stato protagonista in ognuno degli scenari che
questi posti hanno accolto dagli anni ’50 a oggi; ovviamente, per grazia di
Israele.
Dunque il massacro dei palestinesi è un affare importante
per tutto l’occidente perché l’occidente stesso possa avere seriamente
intenzione di fermare il conflitto, al di là delle chiacchiere. Non stupisce
che la risoluzione ONU per indagare sui crimini di guerra commessi da Israele
non sia passata, con l’astensione della maggior parte delle nazioni europee
(Italia compresa) e la contrarietà di Stati Uniti e Israele (ovviamente). La
risposta dura c’è stata solo dal continente sudamericano che in diversi paesi
ha interrotto i rapporti con Israele, in campo economico e
politico-diplomatico, arrivando pure a ritirare il proprio ambasciatore e
costringendo a fare le valige quello israeliano. Ed è questa la strada da
seguire per far cessare il conflitto. E’ necessario che Israele sia tagliato
fuori dal mondo e seriamente danneggiato negli scambi commerciali. E’ questo
che sospinge ogni conflitto, la ragione economica, perciò non dovrebbe stupire
più di tanto che una multinazionale come la Garnier abbia regalato alle soldatesse israeliane cosmetici e
prodotti per la cura personale. E allora si boicotti Israele e i suoi partner!
Chi non lo fa ne diventa complice.
LA RICERCA TEORETICA DEL SIONISMO
Infine, alle dinamiche interne e alla loro ragione economica
fa da condimento una buona dose di “estetica della politica”, per usare un
termine del letterato ebraico Moses Hess. In patria si ha bisogno di stimolo,
di motivazione, di giustificazione, per alimentare il conflitto. La propaganda
di regime adottata dal governo sionista di Israele mira a far interiorizzare l’ideologia
vittimista di cui si parlava prima. Ma qual è il sostrato che permette a tale
ideologia di attecchire?
Se si considera che niente nasce dal nulla, bisogna ritenere che sia abbastanza il risentimento per aver subito lo sterminio nazista a far scattare la molla del vittimismo, essenza ideologica del sionismo; oppure, com’è più probabile, che nell’essere ebreo stesso ci sia il seme (che può crescere oppure no) del sionismo. Perché se questo lo si considerasse semplicemente una devianza estremistica originata dall’aver subito un torto (la vittima che diventa carnefice), bisognerebbe trovare il sistema di mantenere vivo nelle generazioni il risentimento per il torto subito, e la ricerca di quest’appiglio che lo consenta è proprio la ricerca di quel seme insito in ciò che accomuna tutti gli israeliani, l’essere ebrei – eccette quelle minoranze che, come si diceva prima, sono infatti perseguitate.
Se si considera che niente nasce dal nulla, bisogna ritenere che sia abbastanza il risentimento per aver subito lo sterminio nazista a far scattare la molla del vittimismo, essenza ideologica del sionismo; oppure, com’è più probabile, che nell’essere ebreo stesso ci sia il seme (che può crescere oppure no) del sionismo. Perché se questo lo si considerasse semplicemente una devianza estremistica originata dall’aver subito un torto (la vittima che diventa carnefice), bisognerebbe trovare il sistema di mantenere vivo nelle generazioni il risentimento per il torto subito, e la ricerca di quest’appiglio che lo consenta è proprio la ricerca di quel seme insito in ciò che accomuna tutti gli israeliani, l’essere ebrei – eccette quelle minoranze che, come si diceva prima, sono infatti perseguitate.
E allora va da sé che bisogna volgere la propria indagine a
quel torto e trovare una ragione che lo motivi. I tedeschi infatti, non avevano
nessuna cattiveria innata che li spingesse di punto in bianco proprio contro
gli ebrei; per lo meno, non meno dei russi che li massacrarono con i pogrom, o
della Spagna dei sovrani cattolici che li cacciò e li inquisì, o dei cattolici
italiani che li perseguitarono aizzati dai prelati. Eppure tutti questi, spinti
da questa o quella ragione contingente, nei secoli furono ostili nei confronti
degli ebrei. Deve esserci allora una ragione che accomuni ognuno di questi nell’aver
voluto osteggiare gli ebrei. Se quella ragione può essere tanto motivo di odio
nei loro confronti quanto da parte loro nei confronti dei palestinesi, allora
ho ragione nel dire che essere ebrei può essere pericoloso. E io credo di sì.
IL SIONISMO COME ESTREMISMO RELIGIOSO
Ma intendiamoci, questo io lo credo solo in un senso. Ho già
detto di come l’essenza dell’ebreo sia estrapolata tutta dalla Torah. Ebbene,
provate ad immaginare cosa può causare in una coscienza il doversi inginocchiare
difronte ad un essere supremo, che tutto vuole e tutto può; che ha ogni cosa
sotto di sé, specialmente l’uomo a cui ha dato leggi severissime da rispettare
ossequiosamente – pena la dannazione eterna – e che ha dato prova di sé
inviando sulla Terra atroci condanne e macabre pestilenze. Annullarsi in un
culto del genere che esiti può avere se non disastrosi? Hegel parlava della
coscienza infelice come di quel fenomeno che capita ai fanatici religiosi, che
avendo estraniato la ragione da sé per averla assegnata ad un dio esterno ed
indipendente, usavano flagellarsi e auto-macerare nel dolore, figlio della
frustrazione per il delitto commesso e di cui non si rendevano conto, quello di
aver allontanato la ragione da sé. E allora ecco la presenza di questo continuo
senso del peccato e del doverlo espiare. I cristiani – specie in epoca
medievale – che pure non sono esenti dal figurare nelle pagine nere della
storia per aver torturato e ucciso in nome di dio, questo fenomeno lo conoscono
bene. Ma per loro è diverso, la loro religione ha qualcosa di buono ed ottimistico
che possono avvertire: l’essersi rinnovata nell’uomo per tramite di Cristo. Gli
ebrei invece il messia non ce l’hanno; anzi, già da allora erano così
obbedienti e simili al loro dio che hanno condannato a morte quello dei
cristiani. Ebbene è così assurdo allora che l’alienazione religiosa possa
portare l’uomo a sfogare tutto il suo ressentiment
nella violenza? Freud sarebbe stato psicologicamente concorde.
In tutto questo però, non si può mancare di dire che non per
forza bisogna essere fanatici religiosi. Certo che avere dei rituali così
ferrei ai quali si viene iniziati – proprio malgrado – sin da bambini porta
facilmente su quella strada. Anche qui gli istinti giocano un ruolo
determinante. Esistono tanti ebrei, convintissimi, eppure pacifici. E sono i
più sottomessi, credetemi. Per il loro dio è il massimo. Per me è uno schifo.
Perché la maggior parte non riesce umanamente ad essere così indulgente da
sopportare la pressione e si sfoga con la violenza. A quel punto ogni burattino
politico può convogliare quella rabbia di popolo verso questo o
quell’interesse, proprio come agli albori la casta sacerdotale ebraica fece per
fondare e mantenere il proprio potere. Anzi, la religione ebraica, come ogni
religione, è nata proprio in funzione di una casta. Non dissimile dal potere del re, questo feudalesimo mentale
che dura fino ai giorni nostri ha dimostrato tutta la sua crisi nei secoli:
l’aver accumulato sempre maggiori poteri e ricchezze, ha portato la casta
ebraica in ogni parte del mondo dopo la diaspora a diventare da ospite il
padrone di casa. E’ questa mania di spadroneggiare ovunque in funzione della propria oligarchia che ha portato gli
ebrei ad essere odiati nel mondo in ogni tempo. Poi, con la nascita del
sionismo è accaduto semplicemente che tutti gli ebrei che la pensavano in
questo modo poterono trovare la loro legittimazione con lo stato di Israele. I
restanti ebrei che invece non condividono tale logica, oggi si schierano con i
palestinesi. E che ben venga!
LA BUTTO Lì…
Allora non voglio dire che la religione è la diretta
responsabile del massacro dei palestinesi, di certo però pone il terreno più
fertile possibile per far attecchire un’ideologia violenta. A questo punto,
avendo bisogno il sionismo del seme della religione ebraica (pur potendosi in
seguito sviluppare autonomamente), domando provocatoriamente: “se la
smettessero di tagliare un pezzo di pisello ai bambini”, se la smettessero cioè
di imporre alle persone il loro culto drammatico e gli fosse lasciato
l’arbitrio di sceglierselo, non si avrebbero forse solo ebrei più sottomessi e
graditi al loro dio e meno sionisti assassini? Tanto meglio per tutti.
GIACOMO KATANGA
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