mercoledì 24 giugno 2015

Il poeta

"Il poeta deve contrapporsi alla religione, deve ricordare al povero che rubare ai ricchi non è peccato, che vendicarsi di un compagno picchiato è giustizia, che odiare i privilegiati è un suo diritto. Egli deve ricordare all'uomo che non esiste amore impossibile, non esiste un giorno del giudizio, ma il giorno del rigurgito e della rivolta. Il poeta è colui che viola le norme a favore del proletario, colui che scardina l'ipocrisia e bombarda la mediocrità, irriverente verso il patinato. 
Tutti gli altri sono stati divi, non poeti".

(Antonio Recanatini)


martedì 23 giugno 2015

Figli di papà made in Italy

A proposito di un paese senza dignità, leggo che molti italiani difendono il figlio di papà Corona, quello che è stato rilasciato. Non so dove siete nati, ma dalle mie parti uno che ha una miriade di condanne come lui, va in carcere e ci rimane vent'anni. Chi pensa che è in carcere per aver fatto solo due scatti dovrebbe farsi anche lui un paio d'anni di isolamento. Buoni con i privilegiati e cattivi con i deboli, dovreste schifarvi di tutto ciò, dovremmo fare una rivoluzione solo perché la magistratura condanna chi dice "paese di merda" e sorvola su chi parla di ruspe contro gli immigrati. Rivoluzione, rivoluzione o sarà fascismo, buona serata a tutti!

IL MIO PAESE, LA MIA TRAGEDIA
Il mio paese è la mia tragedia.
Colline, montagne e
spiagge ridicole e
abbietti sulla scena,
tantomeno paese,
tantomeno nazione
ma di certo
un putrido misfatto irrisolto.
Un attentato alla civiltà e
imbiancato
da vesti sacerdotali
con turpi tappeti
a copertura
di squallidi e
convulsi trattati.
Un sangue acido e corrosivo
tra Europa e Africa,
armata e
mai e poi mai
distinta in evoluzione.
Lasciarti è dovere
per chi ama,
lasciarti è il giusto rimedio
per non incontrarti più e sola
e funebre
tra briganti collusi
e oscurantismo assicurato
per memoria e cultura.
Un popolo assetato
di giustizia ma
imprigionato e manipolato
da contrabbandieri
della verità e
della passione venduta
per un posto dove il sole non arde.
Non servi a te,
non servi al tempo
che una rivolta possa
colpirti di notte
e ritornare
a splendere come stella
nell'universo che
ti ha scordato.
Il mio paese è la mia tragedia.


venerdì 5 giugno 2015

ragione. Racconto per Lavoro e Salute MONOLOGO DI UN ETILISTA

ragione. Racconto per Lavoro e Salute

MONOLOGO DI UN ETILISTA.

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“Chissà cosa direbbero di me se sapessero che ho la fissa per il lato b delle donne?  le faccio passare avanti, non per galanteria, solo per ammirare quel fantastico disegno accennato”
Quella  era una sera un po’ diversa dalle altre, Renato pensava a tutto ciò che il mondo definiva miseria umana, ai pensieri reconditi, a ciò che nascondeva come fosse una malvagità.
Solito bar, solito scaffale, solito specchio “portami una caraffa di vino, Daniele”.
Nel bar non c’era tanta gente, spiccava Elena, la più pazza del quartiere, in attesa della notte per potersi mascherare e offrire il  suo bagaglio sensuale, poco più in là, sedeva  Enzo l’avvocato e Michele lo spazzino, ambedue distrutti da una storia d’amore, ambedue crucciati, ambedue perdenti; mentre il solito Romeo entrava e usciva,  dopo un colpo di wisky diretto al fegato o quel che ne era rimasto.
Renato salutò tutti alla fine del  terzo bicchiere, prima non avrebbe avuto senso,  si fece riempire la caraffa e sedette nel suo solito angolo, ormai lo conoscevano tutti e chiunque entrava non badava più tanto a lui.  Come al solito l’amico dei ricordi, l’amico mai nato di nome  Massimo,  sedette di fronte a lui per provocarlo, come solitamente fanno i demoni descritti dai cattolici  “maestro fallito, padre assente, che senso ha avuto per te vivere?”
Renato non alzava mai gli occhi quando rispondeva alle accuse dell’amico, non lo fece neanche quella sera  “ogni sera le stesse domande, ma che vuoi? Ho fatto il 68… io, ho scioperato per i diritti dei lavoratori, ho lottato onestamente, sono gli altri ad avermi tradito. Rimani solo tu, che vieni a interrogarmi, mia moglie non c’è e non dirmi che è colpa mia.
 Sai… stamattina pensavo ai giochi pericolosi, quando volevamo scannare i perbenisti, a quando tu e gli altri pensavate di prendere  Roma e proclamare la dittatura del proletariato; credevamo  di poter battere qualsiasi esercito, ma eravamo davvero mille, non come la favola su Garibaldi.  Io sono stato un vero combattente, un vero animale da guerriglia, anche se mi vedi basso… io so anche  essere alto, ma mai troppo alto. Vedi Massimo, tu vorresti sapere se tutto ciò ha avuto senso… Mi fai ridere, sai quante cose senza senso ho fatto?   Non  conto più le volte che ho abbracciato le cause perse, qualcuna l’ho portata fino allo spasmo. Non voglio,  non ho cercato  onori… io.
Siamo italiani, tu non sai quanto mi sembra  assurdo definirmi italiano… Ma lo  vedi quell’esercito attaccato ai cellulari? Quei ragazzi con le cuffie che parlano da soli? Parlano, ridono e promettono impegno, poi se la squagliano quando il gioco si fa duro… E quelle mamme che litigano con la maestre perché pensano di aver un genio come figlio?  Sono sempre le stesse, tutte uguali, al passo con la moda, rossetto grottesco e  ignoranza incorporata, eppure sono convinte di saperne più dei professori e, invece, pendono dalle labbra di un figlio straviziato e un po’  stronzetto. Ma non li vedi quando litigano per il calcio? Eh,  il calcio…   ancora capisco come fanno a credere nel calcio, a credere nella coscienza dei ricchi, proprio loro che credono in un Gesù che disse -È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio-… forse credono che un cammello possa entrare nella cruna di ago… eh! Te l’immagini?
 Tornando a me, io volevo solo non parlare troppo bene degli Ebrei e degli Stati Uniti, volevo raccontare dello Sputnik… Ma che vuoi raccontare a dei ragazzi che  vedono in tv i telefilm, i film, i racconti e le belle storie su New York?  Manco fosse Roma o Parigi.  Hanno messo sottosopra il mondo, la chiamano nazione, mentre quella è stata un’occupazione illegittima e invece… invece niente, tutto come peggio di prima, tutto come a fine Ottocento… Chissà se qualcuno un giorno lotterà per i suoi diritti? Perché… sai, io li vedo poco incazzati, non come noi!  I governi di qua  vogliono un cittadino che chieda umilmente di mangiare… sai perchè? Perché la carità è borghese, la carità è una beffa per far apparire il ricco un gentiluomo e il povero uno sbandato, se si unissero tutti i proletari del mondo, i potenti lascerebbero il comando senza opporre resistenza…. Tu te li immagini i principini a combattere da soli contro la gente? Sai che risate! Io li immagino con la calzamaglia e la spada a combattere contro operai grandi e grossi. Farebbero una brutta fine, ne sono certo”.
È mattino ormai, lo specchio ha spento l’immagine riflessa, Renato si abbottona  la camicia, riprende  le chiavi, il portafoglio, l’orologio, il cellulare ed esce  fuori, un’occhiata al cielo e il mondo lo porta via, fino alla prossimo incontro.
Antonio Recanatini
Racconto pubblicato sul nuovo numero del periodico lavoro e Salute
http://www.blog-lavoroesalute.org/monologo-di-un-etilista-stati-danimo-e-vissuto-di-sconfitti-dalla-volonta-ma-non-dalla-ragione-racconto-per-lavoro-e-salute/