La guerra scoppia quando il vizio diventa una fede, quando l'agiatezza diventa un costume, quando al viziato non basta l'oro e vuole un domestico per ogni stanza, del suo castello. Ogni volta che, in inverno, entrate in un bar, al cinema, al ristorante e vi togliete la giacca e la maglia di lana, per rimanere a maniche corte, state dichiarando guerra a qualche paese, magari qualcuno è già morto. Lo so, è complicato mettersi in discussione, dovremmo arrossire di vergogna, invece, sfugge l'ovvio.
L'agiatezza di un popolo è sempre a discapito di un altro, questa non è la conseguenza di una guerra, ma causa e concausa principale, per farla nascere e crescere dentro di noi.
La religione è il "barlume di speranza", con cui strutturiamo e calchiamo il razzismo, l'odio, la diffidenza, l'ostilità.
Qualcuno si ostina a citare l'articolo 11 della Carta Canta e magari, non sa, anzi "gli sfugge", che i nostri soldati giravano il Libano negli anni ottanta, nel precetto UNIFIL, tanto per dirne una.
Le guerre scoppiano quando l'odiato boia di turno, diventa sicurezza nazionale di un popolo, quando un pescatore italiano sente più vicino i marò, che la famiglia dei marinai indiani, quando la morte di un cantante melodico è in prima pagina, mentre la morte di 5500 Siriani, di cui 1200 bambini, sfugge.
Le notizie minori non sfuggono mai!
Non lamentatevi della guerra, signori miei, non ora, sarebbe troppo tardi. Del resto siamo il popolo che ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Nello stesso tempo, progettiamo, realizziamo e vendiamo armi. Lo facciamo da oltre cinquecento anni, ma questo sfugge. Leggete ipocrisia? No, basta dire che questo è un popolo cattolico.