giovedì 29 marzo 2012

Euro: ci hanno sempre truffato


di: Francesco Filini
Finalmente arriva la risposta all’interrogazione presentata dall’Europarlamentare Marco Scurria sulla natura giuridica dell’euro, e finalmente arriva la conferma: ci stanno truffando. Ci hanno sempre truffati. Ma andiamo per ordine.
Marco Scurria aveva chiesto chiarimenti sulla risposta data dalla commissione europea alla prima interrogazione sulla proprietà giuridica dell’euro presentata dall’On. Mario Borghezio, nella quale si affermava che nella fase dell’emissione le banconote appartengono all’Eurosistema, mentre nella fase della circolazione appartengono al titolare del conto sulle quali vengono addebitate. Attenzione perché le parole negli atti ufficiali e nel linguaggio tecno-eurocratico vanno soppesate per bene. Quindi il commissario Olli Rehn rispondeva a Borghezio che la proprietà delle banconote cartacee (dove troviamo ben impressa in ogni lingua dell’Unione la sigla della Banca Centrale Europea) è dell’Eurosistema. Ma cos’è quest’Eurosistema?
“L’Eurosistema è composto dalla BCE e dalle BCN dei paesi che hanno introdotto la moneta unica. L’Eurosistema e il SEBC coesisteranno fintanto che vi saranno Stati membri dell’UE non appartenenti all’area dell’euro.” Questa è la definizione che si legge sul sito ufficiale della BCE. Quindi le Banche centrali nazionali stampano le banconote e si appropriano del loro valore nominale (ad Es. se stampare un biglietto da 100 ha un costo fisico per chi lo conia di 0,20 centesimi – valore intrinseco – le BCN si appropriano anche del valore riportato sul biglietto stampato). E l’On. Scurria chiedeva quali fossero le basi giuridiche su cui poggiava l’affermazione del Commissario Olli Rehn:
Interrogazione con richiesta di risposta scritta E-000302/2012
alla Commissione Articolo 117 del regolamento
Marco Scurria (PPE)
Oggetto: Natura giuridica della proprietà dell’euro
In risposta ad un’interrogazione scritta sul medesimo tema presentata dall’on. Borghezio fornita il 16 giugno 2011, la Commissione informa il collega che “al momento dell’emissione, le banconote in euro appartengono all’Eurosistema e che, una volta emesse, sia le banconote che le monete in euro appartengono al titolare del conto su cui sono addebitate in conseguenza”.
Può la Commissione chiarire quale sia la base giuridica su cui si basa questa affermazione?
Nei tempi stabiliti dal Parlamento Europeo arriva la risposta:
IT - E-000302/2012 - Risposta di Olli Rehn
a nome della Commissione (12.3.2012)
L’articolo 128 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea costituisce la base giuridica per la disciplina dell’emissione di banconote e monete in euro da parte dell’Eurosistema (costituito dalla Banca centrale europea e dalle banche centrali nazionali). La proprietà delle banconote e delle monete in euro dopo l’emissione da parte dell’Eurosistema è disciplinata dalla legislazione nazionale vigente al momento del trasferimento delle banconote e monete al nuovo proprietario, ossia al momento dell’addebito del conto corrente bancario o dello scambio delle banconote o monete.
Olli Rehn non fa altro che ribadire che dopo l’emissione, ossia dopo la creazione fisica delle banconote o più verosimilmente dell’apparizione in video delle cifre sui terminali dell’Eurosistema (totalmente a costo zero, se si esclude l’energia elettrica che mantiene accesi i computers…) la proprietà dei valori nominali appartiene al nuovo proprietario, ovvero a chi ha accettato l’addebito, a chi ha accettato di indebitarsi. Non solo. Olli Rehn, per giustificare l’affermazione secondo la quale rispondeva a Borghezio che l’Euro appartiene nella fase dell’emissione all’Eurosistema, cita l’articolo 128 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, dove nel comma 1 si legge:
La Banca centrale europea ha il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione di banconote in euro all’interno dell’Unione. La Banca centrale europea e le banche centrali nazionali possono emettere banconote. Le banconote emesse dalla Banca centrale europea e dalle banche centrali nazionali costituiscono le uniche banconote aventi corso legale nell’Unione.
E’ chiarissimo. Non c’è scritto da nessuna parte che la proprietà giuridica dell’euro emesso appartiene alla BCE o alle BCN. C’è soltanto scritto che la BCE può autorizzare l’emissione di euro a se stessa e alle BCN, dovendo controllare l’inflazione nella zona euro, così come stabilito dal Trattato di Maastricht. Ribadisce che solo l’Eurosistema può stampare le banconote o creare elettronicamente i valori nominali. Ma nessun riferimento giuridico, nessun trattato, nessuna legge, nessuna deliberazione, niente di niente ci dice che l’Eurosistema ha la facoltà di addebitare la moneta. E’ evidente che si appropria di questo grande ed esclusivo privilegio.
Ciò che diceva il prof. Giacinto Auriti trova finalmente conferma in un atto ufficiale della Commissione Europea: le Banche Centrali si appropriano del valore della moneta perchè emettono solo addebitando, prestando, e il prestare è una qualità esclusiva del proprietario. Auriti chiamava questo meccanismo la truffa del signoraggio, parola sulla quale oggi si fa volutamente grande confusione, essendo per la massa direttamente associabile alla farfallina di Sara Tommasi e a qualche improbabile personaggio del mondo della politica che fa avanspettacolo che le si accompagna.
Non a caso l’indomito professore dell’Università di Teramo aveva denunciato la Banca d’Italia (organismo privato in mano per il 94% a banche commerciali e fondazioni bancarie) per truffa, associazione a delinquere, usura, falso in bilancio e istigazione al suicidio (grave piaga dei tempi nostri). Infatti la moneta, essendo il mezzo di scambio con il quale i cittadini riescono ad interagire tra loro dando vita al mercato, ovvero riuscendo a scambiarsi reciprocamente beni e servizi prodotti grazie al loro lavoro, deve appartenere esclusivamente a chi lavora, ovvero al popolo. Chi si appropria indebitamente del valore della moneta non fa altro che sfruttare il lavoro del popolo, lucrare sulle fatiche e sulla produzione altrui chiedendo che gli vengano pagati gli interessi sul prestito erogato. Questa è la gigantesca distorsione del nostro tempo, questa è la Grande Usura. E sotto il giogo di questa malefica piaga, sono finiti tutti i popoli d’europa che oggi pagano sulla propria pelle una crisi sistemica e indotta, figlia di un paradigma che dal 1694 (anno di costituzione della prima Banca Centrale, la Bank of England) si è imposto sulla vita dell’uomo.
Il meccanismo dell’indebitamento degli Stati da parte di organismi privati quali sono le Banche Centrali Nazionali è presente quasi ovunque. La Federal Reserve conia negli USA il dollaro, la Bank of England conia nel Regno Unito la Sterlina, la BCE conia l’Euro. Ma per quanto ci riguarda, esiste un’abissale differenza, che rende il sistema ancora più perverso: gli Stati dell’Unione non possono ricevere il credito direttamente dalla BCE (cosa che invece accade in modo diretto e subordinato negli altri paesi, ed Es. negli USA dove il Congresso ordina di stampare e la FED esegue) ma devono finanziarsi sul mercato, la parolina magica con cui ci prendono per i fondelli. In poche parole funziona così: la BCE crea denaro a suo piacimento, lo da in prestito alle banche commerciali (Draghi ha recentemente creato circa 1000 miliardi di euro prestandoli all’1%) e queste possono decidere se acquistare o meno i cosiddetti BOND, i titoli del debito (con tassi che vanno dal 5 al 7%). Non è possibile, quindi, per i paesi della UE attuare una propria politica monetaria, pur volendo accettare il meccanismo dell’indebitamento pubblico.
Tutto è nelle mani della Grande Usura. I signori della Goldman Sachs, banca d’affari targata USA, siedono vertici delle grandi istituzioni bancarie, Mario Draghi ne è l’emblema. Ora hanno deciso di gestire direttamente anche le Istituzioni politiche, Mario Monti e Papademos sono i primi alfieri al servizio della Goldman.
La politica è messa sempre più all’angolo, ostaggio del sistema finanziario che controlla partiti, sindacati e mondo dell’informazione.
L’unica soluzione che abbiamo è quella di informare il più possibile. Questi meccanismi perversi devono essere conosciuti da tutti, nonostante il boicottaggio del sistema dell’informazione del regime usurocratico. Lo sforzo deve essere titanico, la volontà e la determinazione non devono piegarsi di fronte a niente.
A tutti noi un in bocca al lupo.


Ezra Pound

«Se un uomo non è disposto a correre dei rischi per le sue idee, vuol dire che le sue idee non valgono nulla o che non vale nulla lui».
Me lo disse per la prima volta l’onorevole Beppe Niccolai dopo un rischioso comizio tenuto da Marco Cellai in piazza San Michele a Lucca verso la metà degli anni ’70. Assaltati a più riprese da una democratica massa di estremisti di sinistra, che era intervenuta a Lucca da mezza Toscana per impedire alla destra di parlare, se la polizia che ci difendeva avesse ceduto, per noi sarebbe stata la fine.
«Non sono parole mie -aggiunse Niccolai- ma di Ezra Pound, il grande autore dei Canti Pisani».
«Di chi?», chiesi io, che non lo avevo mai sentito nominare e non avevo neanche ben compreso quel nome straniero.
Beppe Niccolai mi guardò con estrema severità, rimproverandomi aspramente con gli occhi per quella mia ignoranza e, senza dubbio perché deluso e adirato, non mi rispose.
Capii allora che per uno di destra era una mancanza che doveva essere colmata.
Domandai ad un amico professore e questi, non appena gli feci il nome alquanto storpiato di Ezra Pound, mi ridisse la frase di Niccolai, che era dunque conosciuta, ma non volle, o forse non seppe, dirmi altro.
Mi segnai comunque la frase. Mi piacque, la feci mia, cercai di metterla in pratica ed ora sono certo che mi ha fortemente condizionato, forse per l’intera vita.

Qualche anno più tardi trovai su una rivista di destra alcuni dei suoi famosi aforismi, ma il primo libro che mi è capitato fra le mani è stato quello di Giano Accame pubblicato nel 1995 col titolo "Ezra Pound economista – contro l’usura". Un ottimo libro, molto chiaro. Lo lessi nel giro di un paio di giorni e presi anche degli appunti, che mi piace riproporre.
Il grande poeta dei "Cantos" non beveva, non fumava e vestiva come gli capitava; non aveva automobile, spendeva poco, non ebbe mai debiti, né problemi personali con gli usurai. L’avversione all’usura fu quindi disinteressata, tutta concettuale.
Ha fatto della sua opera e della sua vita una crociata contro l’usura, definita nei "Cantos" la bestia centipede che soffoca il figlio nel ventre.
Si prodigava molto per i suoi amici artisti. Scrisse Hemingway: «Ezra Pound dedica un quinto del suo tempo lavorativo a scrivere poesie. Nel tempo restante cerca di promuovere il futuro, sia materiale che artistico, dei suoi amici».
Sposato con Dorothy, amava anche la musicista Olga Rudge, dalla quale ebbe un figlio. E la moglie lo ricambiò andando in Egitto e rimanendo a sua volta incinta con un altro.
Nella sua poesia irrompe l’economia. Nei "Cantos" l’economia occupa la parte che nella "Divina Commedia" di Dante è quella del sapere teologico. Si sentiva un riformista economico. E quando venne in Italia, la nazione in cui si è trovato meglio, le sue simpatie per Mussolini erano soprattutto in funzione di farsi accettare come tale.
Voleva che la sovranità economica fosse nelle mani dei popoli e non dei mercanti di denaro.
Fu tra i primi a sostenere che bisognava lavorare meno per lavorare tutti. «Tecnici di buon senso e uomini saggi -sosteneva Pound nel suo ABC of economics- ci assicurano che la questione della produzione è risolta. L’apparato produttivo mondiale può produrre tutto ciò di cui l’uomo ha bisogno. Non c’è la minima ragione di dubitarne. Con l’aumento dell’efficienza meccanica, la produzione di cui si è ora parlato richiederà sempre meno tempo e fatica umana. In una sana economia questa fatica, per varie ragioni, dovrebbe essere distribuita fra una quantità molto considerevole di persone... Lascia lavorare l’uomo quattro ore per la paga o, se lui desidera lavorare ancora, lascialo lavorare come ogni artista o poeta, lasciagli abbellire la casa o il giardino o allungare le gambe in qualche forma di esercizio o piegare la schiena su un tavolo da gioco e star seduto sul suo sedere e fumare... Lo so, non dalla teoria ma dalla pratica, che potete vivere infinitamente meglio con pochissimi soldi ed un mucchio di tempo libero anziché con più soldi e meno tempo. Tempo non è denaro, ma è quasi tutto il resto».
Simpatizzante del fascismo, non era fascista (non si iscrisse mai né al partito né ad organizzazioni collaterali) e non era anticomunista. Nel 1931 dichiarò: «Il partito comunista in Russia e il partito fascista in Italia sono degli esempi di una aristocrazia attiva. Vi sono i migliori elementi, pragmatici, coscienti, gli elementi più riflessivi e volitivi delle loro nazioni».
E faceva spesso paragoni positivi tra Mussolini e Lenin, più libero quest’ultimo perché «non aveva il Vaticano nel suo giardino», pensando che le due rivoluzioni del secolo (bolscevica e fascista) dovessero essere intercomunicanti. La stessa cosa provò anche il suo amico Filippo Tommaso Marinetti, il padre del futurismo.
Scambiò il fascismo per un sistema di libertà perché in Italia ci stava bene e, dopo aver provato l’intolleranza americana (era stato buttato fuori dall’università per aver ospitato una notte, pare anche innocentemente, un’attricetta squattrinata che non sapeva dove andare a dormire), ci si sentiva più libero. Era un pacifista, un non violento, e non gli piacevano le divise.
Fu l’unico poeta ammesso alla Bocconi, la più importante università commerciale, a tenere un ciclo di conferenze sull’economia.
Ma i suoi progetti di riorganizzazione economica nazionale ed internazionale furono liquidati dalla segreteria del Duce con note ad uso interno come questa: si tratta di un progetto strampalato concepito da una mente nebbiosa, sprovvista di ogni senso della realtà. Qualcuno ha detto: «Pound non ha capito il fascismo e il fascismo non ha capito Pound».
Alla nascita della Repubblica Sociale Italiana, si entusiasmò per i 18 punti di Verona del Partito Fascista Repubblicano e sperò che, dopo la socializzazione delle imprese, Mussolini accettasse anche i suoi princìpi di riforma economica e confuciana. Si definì fascista di sinistra e nei cantos 72 e 73 esalta gli ideali, pur cominciando con le parole guerra di merda. Nel canto 72 molto bello e intenso l’incontro di tipo dantesco con lo spirito di Marinetti, morto il 2 dicembre 1944.
Nella rivista "Italia e Civiltà" si leggeva: «Sappiano finalmente Roosevelt e Churchill, e tutti i loro compagni, che i fascisti più consapevoli, i quali hanno sempre riconosciuto nel comunismo la sola forza viva contraria alla propria, non tanto nella Russia quanto nella plutocratica Inghilterra e nella plutocratica America hanno individuato il loro nemico». Era anche il pensiero di Ezra Pound.
«Questa guerra non fu cagionata da un capriccio di Mussolini né di Hitler. Questa guerra -sostenne Ezra Pound- fa parte della guerra millenaria tra usurai e contadini, fra l’usurocrazia e chiunque fa una giornata di lavoro onesto con le braccia o con l’intelletto».
«Per questa affermazione -scrive Giano Accame- finì in manicomio».
Accusato di tradimento dagli USA già nel luglio 1943, fu arrestato il 3 maggio del 1945 e portato a Pisa presso il Disciplinary Training Center, dove fu rinchiuso in una gabbia per gorilla e trattato peggio di una bestia per tre settimane. Dovette combattere contro se stesso per non impazzire. Il 18 novembre, dopo aver scritto in infermeria i "Canti Pisani", che sono il meglio della sua opera poetica, fu trasferito in America dove, senza processo, fu dichiarato infermo di mente e chiuso per dodici anni nel manicomio criminale di St. Elizabeths.
Nel marzo del 1949 Eugenio Montale lo presentò ai lettori italiani con un articolo sul "Corriere della Sera" intitolato "Fronde d’alloro in un manicomio". «Poesie di un pazzo? -scrisse Montale a proposito dei "Cantos"- Nemmeno per sogno, a meno che non si vogliano considerare come pazzi i tre quarti degli scrittori d’avanguardia contemporanei. L’opinione corrente è che Ezra sia stato considerato pazzo per salvarlo dal carcere perpetuo o dalla pena di morte».
Molte personalità americane e molti altri scrittori e poeti italiani, tra cui Giovanni Papini, Riccardo Bacchelli, Piero Bigongiari, Giorgio Caproni, Libero de Libero, Carlo Bo, Alfonso Gatto, Mario Luzi, Alberto Moravia, Marino Moretti, Aldo Palazzeschi, Alessandro Parronchi, Clemente Rebora, Umberto Saba, Ignazio Silone, Giuseppe Ungaretti e Cesare Zavattini, chiesero a più riprese la sua liberazione. La stessa cosa fece anche José V. de Pina Martins da Radio Vaticana.
Uscì dal manicomio il 7 maggio 1958 e si imbarcò per l’Italia con la moglie Dorothy e l’amica Marcella. All’arrivo fece il saluto romano e disse che l’America era tutta un manicomio.
È morto il 1° novembre del 1972, quando io avevo già 22 anni. Avrei potuto incontrarlo e parlarci!
Domenico Riccio

lunedì 26 marzo 2012

Sempre e comunque a modo mio, scontroso con la banalità, spontaneo e indisponente con la realtà. Posso

attirare malevolenza e ostilità, ma non ho mai abbagliato con una luce che non fosse mia o per ciò che non potrei mai essere. (Antonio Recanatini)

domenica 25 marzo 2012

Vorrei essere la riva che accoglie le tue turbolenti acque. Ti aspetto come il deserto aspetta le sue piogge.

Ti aspetto in un angolo di paradiso tra l'indifferenza della gente che  ha smarrito sogni e desideri.
 Ti aspetterò  affinché  il mio respiro possa contenere la tua pazzia. TI ASPETTO... (Antonio Recanatini)

In Messico fanno la fame ma spendono 11 milioni di dollari per la visita del Papa!

Undici milioni di dollari, è a quanto ammonta la spesa sborsata dal governo messicano per organizzare la visita di Papa Benedetto XVI di questi giorni ... e intanto oltre 57 milioni di persone (circa la metà della popolazione messicana - dato fornito dallo stesso governo per giustificare la manovra finanziaria 2010) sono al di sotto della soglia di povertà, non potendo usufruire del servizio sanitario, l'istruzione, la casa, i trasporti ...

Insomma ... viva il Papa!


da stop censura

sabato 24 marzo 2012

E i deputati decidono di non tagliarsi il vitalizio

La riforma delle pensioni targata Fornero, contenuta nel decreto salva-Italia, e varata a dicembre, istituisce per tutti gli Italiani da un lato l'innalzamento dell'età pensionabile, dall'altro il passaggio al metodo contributivo di calcolo per la pensione. Una stangata che ha costretto decine di migliaia di lavoratori a rinviare di anni l'uscita dal lavoro (pur avendo raggiunto i requisiti), o ad accontetarsi di una pensione più magra. Ma questa riforma vale per tutti gli Italiani? In teoria, sì. In pratica, come sempre avviene, no. Perché a tre mesi dal varo della nuova legge, viene fuori che i deputati, a differenza di tutti gli altri, si sono concessi l'applicazione di un metodo di calcolo misto retributivo-contributivo (quello della rifroma Dini, ora abrogata), con il quale salvano i diritti acquisiti al 31 dicembre 2011, derogando dalla nuova norma, e si assicurano il vitalizio tanto agognato, che appunto non verrà calcolato sulla base dei soli contributi versati, ma secondo il vecchio sistema. I deputati saranno perciò gli unici privilegiati a godere del vitalizio vecchia maniera, a meno che non optino "da soli" per la scelta del nuovo metodo di calcolo del trattamento previdenziale, come recita una clausola-beffa inserita nel documento licenziato dalla commisione. E chi, fra i parlamentari italiani, decidera di autotagliarsi la pensione? Facile immaginare la risposta: proprio nessuno.  

venerdì 23 marzo 2012

LA SINDROME DEGLI IMPUNITI


Prima di mirare alla sindrome che colpisce gli impuniti, diamo un significato alla parola
sindrome: “il complesso dei sintomi che denunciano una situazione morbosa senza costituire di per sé una malattia autonoma o complesso di atteggiamenti con cui si reagisce in modo abnorme a una specifica situazione critica, a un condizionamento, un pericolo ecc”.
Sindrome che colpisce gli impuniti, cioè quegli atteggiamenti abnormi che si manifestano quando si rimane impuniti.
Sarebbe facile considerare le parole del nano e quelle affermazioni quasi minacciose verso chi, almeno per la cronaca, lo stia tradendo. dell’utri (rigidamente in piccolo anche se dopo il punto scusatemi) che indica sul trono degli eroi un assassino. Obama, o chi per lui, parla di esportazione della democrazia states riferendosi alle decine di guerre dove sono presenti i militari states.
Ci sono ricorsi storici famosi: indicare il contraddittorio come nemico, portare confusione nel popolo e soggiogare ogni nostra classifica sui valori. Le reazioni abnormi con cui escono fuori dai canoni del rispetto e del vivere civile  portano ad una posizione strafottente e sopra le righe, i quali si  manifestano con superficialità fino a diventare una vera e propria provocazione.
Acquistare e far distribuire finti diari di mussolini, sono briciole che cadono, le parole rimangono macigni, quasi inspiegabili per chi non ne conosce il contesto. Ruby in prima pagina quando in nord Africa è in fiamme e il nuovo ordine mondiale comincia a muovere le prime pedine.
La sindrome degli impuniti si pone come conseguenza di un vissuto.
Molti non sapranno che puntare sempre il dito verso gli altri è sintomo di una disonestà profonda. Ma la sindrome degli impuniti va oltre, vivere la propria vita in una menzogna e sopravvivere in essa creandone i presupposti reali. Ogni azione compiuta dagli impuniti ha sempre un obiettivo finale, quello di disunire la massa, ognuno è indispensabile in questo tempo dove la verità è immersa nella buca della falsità. Dobbiamo ricrearci, dobbiamo confrontarci, dobbiamo risalire e battere questa sindrome senza paura, senza remore perchè quando sulla menzogna si costuiscono i ponti per creare una realtà si è difformi dal resto dell’umanità, si viaggia in una sorta di follia che esalta la sola sindrome degli impuniti; infatti di noi si ride. Quando parliamo di sindrome degli impuniti e associamo questa fobia ai potenti ci si può rendere conto quanto possano influire sulla popolazione. La Fornero e Monti sono i prototipi di questa sindrome, annunciare riforme denigrando l'articolo 18 non è cosa da poco, un presidente della repubblica che appoggia il non rispetto verso le fasce più deboli dovrebbe spronare il desiderio di rivolta e, invece, come nelle peggiori favole, ognuno cerca sostegno solo a se stesso.
Il mondo diventa plastica, perchè la sindrome si appoggia proprio su un senso di colpa impossibile da ascoltare e come contrapposizione s’irrigidiscono i rapporti con la realtà costante, si esalta il futile, si raccontano follie, teoremi da superuomo, anche se irrimediabilmente colpevole.
L’eclatante abuso di toni spregevoli, la “bassezza” delle argomentazioni politiche sono il frutto sperato degli impuniti.  Come dire siamo alla frutta. Speriamo nel digestivo, che non sia un amaro indigesto, nel caso, spero  sia rimasto del bicarbonato a casa.  NON ABBASSIAMO LA TESTA DI FRONTE ALLA MASNADA DI IMPUNITI CHE AVANZA, PORTERANNO SONO LORO SIMILI ED È INUTILE SPERARE IN UN DIO INVENTATO.
(Antonio Recanatini)




NON DI SOLO ART. 18, di Giellegi, 22 marzo ‘12

Ho il timore che l’art. 18 rischi di diventare come lo spread; l’argomento attorno al quale ci si “impicca” dimenticando il resto. Nell’attuale frangente, si vorrebbe tirare un sospiro di sollievo perché lo spread è diminuito, se ne fa anzi un merito speciale a “Monti salvatore della patria”. Napolitano, di rincalzo, invita a non smetterla con l’atteggiamento “virtuoso” che ha condotto a simile risultato; un invito a non opporsi ad altre manovre che impoveriranno viepiù gli italiani per consegnare il paese ad una più pervasiva subordinazione allo straniero (Usa), ma solo per il tramite di quella sorta di “borghesia compradora”, ormai sempre più rappresentata dalla Confindustria dopo i travagli degli ultimi anni e l’agonia sempre più evidente della “concertazione” (figlia del “compromesso storico”, ormai “fuori gara” da un bel pezzo).
Ebbene, adesso si cerca di bloccare l’opposizione al Governo sull’art. 18, con pezzi di “sinistra” – la cui sopravvivenza è appesa al filo della pur minima difesa di salariati ormai bastonati da tutte le parti (anche chi, con enormi sacrifici, si è fatto la “casetta” ne vedrà delle “belle” in tempi brevi) – che minacciano una più radicale lotta (saranno conseguenti? Mah!). Intendiamoci bene: l’attacco al lavoro dipendente da parte di settori ottusamente reazionari – che non sanno più come giustificare il tradimento del proprio elettorato appoggiando Monti e cercano così di pagare prezzi non troppo salati (mi riferisco a Berlusconi, il “Pulcinella”, e ai suoi “servi”) – desta senz’altro rabbia e disprezzo. E’ del tutto ovvio che non è dalla possibilità di licenziare con maggiore libertà che dipende la salvezza dalla crisi recessiva (detta “tecnica” da farabutti recidivi). E’ necessaria ben altra strategia, dotata di autonomia e maggiore sovranità; non per evitare la crisi – che ci accompagnerà comunque a lungo – ma per meglio posizionarsi in essa sul piano dei rapporti internazionali, con precisi riflessi interni nel medio periodo.
In questo senso, proprio il disprezzo per questi settori reazionari (e ottusi e vili in termini di servitù allo straniero) deve spingerci comunque ad un appoggio, prudente e non credulone sui veri intenti, alla parte della Cgil o anche del Pd che sembrano indurirsi a tal proposito (scusate, ma non mi fido di costoro). Dobbiamo dare loro un piccolo “credito”, temporaneo e non scevro di precise critiche. Intanto, appunto, basta con l’inalberarsi su singoli punti. Bisogna capire che questo governo è il tentativo dei gruppi imprenditoriali fallimentari di attuare una svolta sedicente politica; in pratica seguendo supinamente quella degli Usa (la “strategia del pantano”) tradotta nel linguaggio della servitù “semicoloniale” (ovviamente si intenda la terminologia di altri tempi come semplice similitudine e analogia). Siamo in presenza di gruppi subdominanti, ormai esausti, che si arrabattano per legare le loro fortune a quella parte dei predominanti statunitensi rappresentatasi in Obama; è sicura la nuova vittoria di questa parte alle prossime elezioni presidenziali, ma non è affatto indubitabile il successo della sua politica nel medio periodo.
In ogni caso, è necessario condurre una dura battaglia per impedire che l’ignobile GFeID riesca nel suo intento di sgominare ogni opposizione sociale, chiarendo tuttavia che la difesa del lavoro dipendente va ben oltre quella dell’art. 18; e soprattutto non deve avvenire favorendo una rottura tra i salariati e gli autonomi. Questo Governo sta colpendo i primi non semplicemente rendendo più facili i licenziamenti, ma con misure che riducono il tenore di vita e le condizioni di lavoro (e di intrapresa) sia degli uni che degli altri. In tal modo, approfittando dell’ottusità reazionaria del centro-destra, cerca di ingraziarsi i settori medio-imprenditoriali; nel contempo scatena legioni di “agenti delle entrate” – trasportandoli a centinaia in giro per l’Italia con enormi spese di trasporto, di alloggio in alberghi, di pranzi, ecc. – in un’azione “antievasione” ridicola, fastidiosa e irritante, che recupera meno di quello che costa. Il tutto per cercare di ingraziarsi il lavoro dipendente come se questa pantomima rappresentasse veramente la giustizia fiscale, il “tutti finalmente paghiamo le tasse”. Balle, ben altre sono le evasioni (e le elusioni); e queste non vengono toccate.
E’ indispensabile che si difendano insieme tutti i “produttivi” da queste sanguisughe; stando però attenti a non favorire l’ulteriore campagna divisoria tra essi e i sedicenti “fannulloni” della sfera pubblica. Non devono essere difese situazioni di particolare impatto negativo sull’opinione della “gente”, così volatile e sensibile alle indegne campagne mediatiche degli infami gruppi “compradori” che allignano in una industria e finanza ormai incapaci di sopravvivere se non mettendosi al servizio dello straniero. Tuttavia, è indispensabile individuare il nemico principale e quali sono i suoi punti d’attacco alle condizioni di vita dell’80% della nostra popolazione. Si tratta proprio del Debito pubblico, del can can sulla finanza (che poi nemmeno viene toccata nei suoi punti strategici decisivi), di tutto ciò che serve a giustificare una strepitosa tassazione. E si è in presenza delle sole battute iniziali, delle “avanguardie” scatenate per ottenere più succulente “sbafate” ai danni di tale 80%, approfittando della crisi reale in avanzata, che tenderà a mettere i “poveri cristi” gli uni contro gli altri per la paura di un futuro sempre più grigio.
Bisogna comunque liberarsi della dipendenza dagli organismi europei, non seguire affatto le loro indicazioni. Bisogna demistificare sia l’argomento della rigidità del lavoro (e della “bellezza” del posto precario e variabile ad ogni mutar di vento), ma anche quello del debito che ci soffocherebbe. I nemici totali sono le sanguisughe e quelli che parlano di “atteggiamento virtuoso” a loro esclusivo favore, scatenandosi all’attacco delle nostre condizioni di vita e di lavoro, e strisciando di fronte a poteri antinazionali; nel mentre sguazzano e straparlano dall’alto di “montagne e colline”. Sono nemici mortali, difesi dalle Leggi da loro stessi emanate per impedirci di parlare. Si cominci intanto a rintuzzare le loro menzogne, prima fra tutte quelle del debito opprimente; in realtà vogliono impaurirci e pelarci per vivere “felici” a nostre spese e alle dipendenze altrui. Quindi, si parta pure dall’art. 18 se questo serve come prima “apertura degli occhi” di fronte alla protervia delle “montagne e colline”. Tuttavia, ben oltre si deve andare; e dubito lo si possa con burocrazie ormai malate come quelli sindacali d’ogni ordine e grado.
Si mettano comunque alla prova gli oppositori (in specie sindacali, oggi), appuriamo se cercano semplicemente di mantenere un qualche seguito tra i lavoratori dipendenti in maggiore difficoltà o se capiscono l’ormai urgente necessità di un respiro strategico più vasto. Personalmente credo che i lavoratori, tutti, debbano ricominciare a organizzarsi secondo nuovi moduli. Non sarà affatto un tragitto breve dopo i decenni di supina accettazione degli organismi, in un primo tempo apparentemente efficaci (durante il periodo bipolare, di illusioni circa la lotta tra capitale e lavoro, tra capitalismo e socialismo), oggi ormai fossilizzati. Se si vuole, intanto, superare quest’impasse, è d’obbligo passare per una congiuntura, non breve, in cui difendere l’assetto industriale più consono alla nostra sovranità; e si deve non essere supini alla UE, pur senza affannarsi ad uscire da essa. Andiamo alla ricerca 
degli obiettivi cruciali, altrimenti continueranno a portarci in giro su argomenti, facili per la comprensione dei superficiali critici, ma fasulli e comportanti l’esaurimento delle energie oppositrici. E’ esattamente lo scopo di questa fase transitoria di riassetto della GFeID “compradora” e dei reali “padroni” d’oltreatlantico, cui essa risponde. Non cadiamo nella trappola.
Appoggio critico a chi inizia a opporsi alla politica in atto, ma attenzione all’imbroglio e alla mistificazione. Ad esempio, si è capito che non è Monti, ma Napolitano, l’acerrimo sostenitore di questa politica, in pieno accordo con Washington? D’accordo, non possiamo dire di lui quel che vorremmo, nemmeno citare con maggiore precisione alcune fonti riguardanti la sua attività di decenni (a partire dall’ormai ben noto viaggio americano del ’78, anzi da ben prima, diciamo dal ’69). Non è comunque attaccando una persona che si raggiungerebbe il nostro scopo. Sarà invece d’uopo lavorare per una vasta ristrutturazione delle forze in campo. I nemici lo stanno facendo o almeno tentando. Pdl e Pd sono in pratica in liquidazione e si cerca il “grande pateracchio” che consenta di meglio attuare la dipendenza “compradora” dagli Usa di Obama. Anche l’opposizione a tale nefasto progetto deve quindi completamente rinnovarsi.

giovedì 22 marzo 2012

Scoperta in Italia la truffa del secolo: 6mila miliardi di dollari in Bond falsi!

E' una truffa così geniale e dai potenziali effetti così devastanti che va raccontata. L'ex-Sindaco di un paesino del materano e altri attempati truffatori che si inventano 6 mila miliardi di dollari in falsi bond americani. Più del doppio dell'intero debito pubblico italiano!
Datati 1934, con allegate finte copie del trattato di Versailles per spacciarli come risarcimento di guerra tra grandi potenze. La fattura dei Bond è straordinariamente verosimile e le autorità americane sembra stessero abboccando ricomprandone una parte. Avrebbero ulteriormente sconvolto i mercati finanziari mondiali. Nell'intrigo fiduciarie elvetiche e anche un tentativo di acquisto di Plutonio dalla Nigeria: è mai possibile che siano gli imputati ad aver pianificato e realizzato un'operazione di queste dimensioni...!!? O sono solo pedine di un gioco molto più grande?

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carabinieri mostrano i falsi bond sequestrati


Più del doppio del debito italiano. Ammonta a ben 6 mila miliardi di dollari la somma di titoli di Stato americani falsificati da un'organizzazione criminale con ramificazioni in tutto il mondo, scoperta dai Carabinieri del Raggruppamento operativo speciale (Ros) il 17 febbraio. Una cifra che potrebbe risanare completamente la Grecia dalla crisi e farebbe tremare i polsi alle economie dell'intero pianeta. Su ordine dei magistrati di Potenza, i bond sono stati sequestrati in Svizzera, a Zurigo, prima che 'infettassero' i mercati internazionali.
L'indagine, condotta dai pubblici ministeri Francesco Basentini e Laura Triassi, è durata due anni partendo dalla Basilicata e ricomponendo, pezzo dopo pezzo, una vicenda che i truffatori hanno costruito minuziosamente. Otto di loro sono stati arrestati finora.
L'operazione 'Vulcanica' (questo il nome dell'indagine) è nata dall'area settentrionale della Regione, tra storie di usura e mafia.
Passando poi per Roma e Londra, Hong Kong e Zurigo, le casse contenenti il malloppo contraffatto arrivavano a una società fiduciaria elvetica, la cui esistenza sarebbe stata giustificata dai pagamenti bellici successivi alla Grande guerra.
Copia Trattato di Versailles

Datati 1934, insieme a una copia del trattato di Versailles



La data di emissione dei titoli di Stato è infatti il 1934: in ognuna delle tre casse, ben custodita in un cilindro di piombo, c'era pure una copia del trattato di Versailles, firmato nel 1919 per chiudere la Prima guerra mondiale.
Secondo le intenzioni dei falsari, i bond rappresenterebbero un passaggio di denaro tra le potenze vincitrici per riparare i danni del conflitto e risanare le economie disastrate della vecchia Europa.
CASSETTE COSTRUITE NEI MINIMI DETTAGLI. Per sostenere questa storia, la banda di truffatori ha anche costruito le cassette nei minimi dettagli: in legno nero, ognuna pesa 1,3 quintali, con la scritta in bronzo 'Chicago' e 'Federal Reserve' sulla parte superiore. All'interno, i titoli sono stati accuratamente catalogati uno per uno, e raggruppati in piccoli box di ferro da 250 documenti l'uno.
Trattati con la paraffina per conservarli nel tempo, i bond sembravano così realistici da mettere a dura prova anche gli esperti dell'ambasciata Usa in Italia i quali, convocati dalla procura di Potenza, hanno avuto bisogno di una settimana per accertarne la falsità.

Telefonate per l'acquisto di plutonio, intrigo internazionale


La data di emissione dei titoli di Stato è infatti il 1934: in ognuna delle tre casse, ben custodita in un cilindro di piombo, c'era pure una copia del trattato di Versailles, firmato nel 1919 per chiudere la Prima guerra mondiale.
Secondo le intenzioni dei falsari, i bond rappresenterebbero un passaggio di denaro tra le potenze vincitrici per riparare i danni del conflitto e risanare le economie disastrate della vecchia Europa.
CASSETTE COSTRUITE NEI MINIMI DETTAGLI. Per sostenere questa storia, la banda di truffatori ha anche costruito le cassette nei minimi dettagli: in legno nero, ognuna pesa 1,3 quintali, con la scritta in bronzo 'Chicago' e 'Federal Reserve' sulla parte superiore. All'interno, i titoli sono stati accuratamente catalogati uno per uno, e raggruppati in piccoli box di ferro da 250 documenti l'uno.
Trattati con la paraffina per conservarli nel tempo, i bond sembravano così realistici da mettere a dura prova anche gli esperti dell'ambasciata Usa in Italia i quali, convocati dalla procura di Potenza, hanno avuto bisogno di una settimana per accertarne la falsità.
Gli inquirenti hanno anche intercettato telefonate mirate all'acquisto di plutonio (l'elemento chimico più usato nelle bombe nucleari a fissione) mai portato a termine, con intermediari nigeriani. Ma l'intrigo è davvero di livello internazionale: secondo gli investigatori, ci sarebbero stati tentativi di piazzare titoli simili fino allo scorso gennaio e trattative con «alcune non ben individuate autorità americane» che avrebbero avuto l'intenzione di intercettare il tesoro prima che venisse messo in circolazione. Di certo, c'è stata la «piena collaborazione delle autorità elvetiche», ha sottolineato il procuratore di Potenza, ma anche la «completa estraneità» degli esponenti dei governi in questione.

Falso Bond identico a quelli veri


I NOMI DEGLI ARRESTATI. Gli otto arrestati (tre dei quali ai domiciliari) sono tutti italiani: si tratta di Rocco Menzella, di 69 anni, ex sindaco di Montescaglioso (Matera); Sebastiano Nota (73) di Carmagnola (Torino); Francesco Travaini (61) di Codogno; Bruno Casciani, 68enne di Roma, e Salvatore Incandela (60) di Trapani. Ai domiciliari Simeone Ghiglia (71) di Mondovì (Cuneo), Claudio Mangogna (62) di Roma e Adriano Perin (52) di Torino.



FONTE http://slitalia.altervista.org/ext.php?m=frm&u=http%3A%2F%2Fisegretidellacasta.blogspot.it%2F2012%2F02%2Fscoperta-in-italia-la-truffa-del-secolo.html&t=Link+Esterno

AGENDA 21:LO SVILUPPO SOSTENIBILE PROGETTATO DALL'UOMO PER SOTTOMETTERE LE NAZIONI AL NUOVO ORDINE MONDIALE.

DI FREE-ITALY.INFO
L'Agenda 21 è un ampio ed articolato "programma di azione", scaturito dalla Conferenza ONU su Ambiente e Sviluppo di Rio de Janeiro nel 1992, che costituisce una sorta di manuale per lo sviluppo sostenibile del pianeta da qui al 21° secolo.Consiste in una pianificazione completa delle azioni da intraprendere, a livello mondiale, nazionale e locale dalle organizzazioni delle Nazioni Unite, dai governi e dalle amministrazioni in ogni area in cui la presenza umana ha impatti sull'ambiente.I temi prioritari di questo programma sono le emergenze climatico-ambientali e socio-economiche che l'inizio del Terzo Millennio pone inderogabilmente dinnanzi all'intera Umanità.L’Agenda 21 è quindi un piano d’azione per lo sviluppo sostenibile, da realizzare su scala globale, nazionale e locale con il coinvolgimento più ampio possibile di tutti i portatori di interesse (stakeholders) che operano su un determinato territorio.Nell'agenda 21 la Natura è considerata più importante dell'uomo:è prioritaria la sua salvaguardia anche a discapito dell'uomo stesso.L'Agenda 21 contiene un principio precauzionale secondo cui si è colpevoli finchè non venga accertata l'innocenza.Lo sviluppo sostenibile è la filosofia progettata per portare gli essere umani sotto il governo mondiale dell'elitè.L'Agenda 21 è un documento di 40 capitoli atto essenzialmente a controllare il mondo seguendo schemi socialisti.Tra gli obiettivi dell'Agenda 21:la fine delle sovranità nazionali,l'abolizione della proprietà privata,la ristrutturazione dell'unità familiare,nonchè restrizioni sempre maggiori alle opportunità e alla mobilità degli individui!Insomma un video da vedere e da condividere assolutamente!

VIDEO

http://www.youtube.com/watch?v=Z9VwfhOXHrc&feature=player_embedded

FREE-ITALY.INFO

martedì 13 marzo 2012

La satira è borghese di Antonio Recanatini


La satira si eleva proprio quando il malcontento s'identifica nella rabbia, quasi fosse un antibiotico, come se tutto potesse essere risolto con un sorriso. Ci sono momenti in cui l'indignazione è derisa dalla satira, tenetela stretta a voi, io non saprei che farmene in questo periodo. La satira non è rivoluzione e spesso sa di beffa, provate a far ascoltare i fratelli borghesi Guzzanti ad un disoccupato che è sul lastrico, provate a passare Crozza alle persone in cassa integrazione e, poi, fate le dovute riflessioni.
Certo, in questo paese ci vuole coraggio ad attaccare la satira, c'è molto di peggio da cui difendersi, ma è parte dello stesso meccanismo, la satira utilizza il sorriso quando sarebbe meglio usare la sciabola, controsenso che imprigiona e assilla i rivoltosi, annienta il desiderio di giustizia. Pirandello descrisse l'uomo “come una lumaca gettata al fuoco, sfrigola pare rida, invece ne muore”.
Partendo dal presupposto che la rabbia è l'unico sentimento che ha più probabilità di sfociare in azione, esiste il pianto di rabbia e anche di dolore, difficilmente questi sentimenti hanno uno sfogo con il sorriso. Tutti abbiamo provato a far sorridere un amico incavolato o addolorato, con l'unico intendo di attenuare la sua collera, indignazione e tormento, l'abbiamo fatto per questi motivi, non avremmo mai soffiato sul fuoco, abbiamo sempre gettato acqua.
Chi fa satira non viene dalla strada, non conosce il colore della rabbia perchè i borghesi sopravvivono alle intemperie, non riconoscono il sapore acre delle folate di vento invernali o, meglio, infernali.
La satira deve trovare un tempo per trastullare l'uomo, ma con l'onere di riportare subito lo spettatore nello stato di consapevolezza e indignazione, specie se la realtà concreta è devastante. La satira diventa manipolatoria quando non assolve questo compito, quando tramuta un sentimento di rivolta in sorriso.
Abbiamo subito 20 anni di follia, un fronte di sproloqui su cui abbiamo riso, forse se la satira fosse stata meno borghese questo popolo avrebbe avuto il coraggio di indignarsi, non esiste prova contraria, ma sarebbe giusto assumersi le proprie responsabilità. Chi scrive dovrebbe farlo ogni giorno, così come chi fa satira. 

Sull’orlo del baratro Pubblicato il: 10 marzo, 2012 Analisi / Europa | Di Mark JVD

Il panorama che ci si pone di fronte non è dei migliori, da tempo. Si dice che “si raccoglie ciò che si semina”, niente di più saggio. Gli anni Novanta sono stati caratterizzati da fenomeni di rottura storici, economici e geopolitici senza precedenti. Con il muro sono crollate certezze, ideologie, teorie, contrapposizioni, concezioni e quant’altro. Dal punto di vista politico le fratture sono state irrimediabili: vecchie élite politiche, ancorate a sistemi di ragionamento politico e di conduzione economica incompatibili con il “progresso”, con la “globalizzazione”, con la “fine della storia”, come da molti fu definita l’epoca che si affacciava all’orizzonte della fine del bipolarismo, sono state sostituite da classi politiche più dinamiche, in grado di leggere il nuovo sistema che si andava conformando, soprattutto in occidente. Il libero mercato si è eretto a pilastro indiscutibile della vita quotidiana in occidente, condizionando modi di pensare e di concepire la società. E’ divenuto un emblema statuale impossibile, secondo i più, da rimuovere, considerato intrinseco nella natura stessa della società e dell’economia, chiunque lo metta in discussione non è che un estremista o un folle che esce dai paletti del “libero pensiero”, che travalica ogni limite concessogli dalla libertà, si può discutere di tutto, ma la base sistemica non è in discussione. Il ricambio generazionale nelle élite, un classico dei sistemi “democratici”, è avvenuto in modi diversi a seconda del contesto storico-politico, ma il risultato è stato lo stesso. Le sinistre e le destre hanno configurato un sistema politico centripeto in quasi tutta Europa, trascinando con sé le rispettive ali estreme, assumendo tutte come conditio sine qua non il libero mercato e le ricette neoliberiste. In Italia il ricambio è stato di quelli traumatici, un ricambio guidato dall’alto, come si addice ad una (semi)-colonia: nel 1994 tangentopoli, ancora oggi celebrata dalla maggior parte dei professionisti e non della politica come un evento di purificazione, ha definitivamente spazzato via gli elementi vecchi e ancora condizionati da una conduzione economica fin troppo accentrata, basata su un apparato industriale forte e statale. Ad oggi rimane nel panorama politico una casta ristretta, lontana anche dal concetto di élite, termine che, come condiviso dalla maggior parte dei politologi, racchiude una concezione “positiva” di eletti, di maggiormente capaci, di avanguardia, seppure il dibattito attorno al termine sia tutt’altro che chiuso o scontato (dell’élite possono far parte anche “eletti” per disponibilità di risorse materiali, ad esempio). Una casta i cui fili, manovrati dall’oltreoceano, sono più che visibili. Tangentopoli non ha certo spazzato via una classe di eletti, di uomini capaci o di grandi statisti, ha spazzato via una classe dirigente vecchia e legata con la muffa alle proprie poltrone, ma quel che conta è che a spazzarla via non è stata una purificazione necessaria, ma un gretto calcolo padronale, un dettame provenuto dalle lucide sale della Casa Bianca, a Washington. L’Europa vive una situazione di stallo, si muove solo ciò che può far comodo, l’UE si trova stretta nella burocrazia e nell’immobilismo totale, poiché così, d’altronde, è stata concepita. Il debito è il nuovo collante, è il nuovo simbolo dell’Europa, un Europa debole, appendice di un’alleanza atlantica da cui è pressoché impossibile liberarsi attraverso iniziative personali e senza progetti (ci hanno provato Jacques Chirac a suo tempo e Silvio Berlusconi, in maniera fallimentare e nient’affatto lungimirante). Il debito non deve essere estinto, non è questa la volontà (nessun economista potrebbe pretendere che un debito enorme come quello della Grecia possa essere realmente estinto), il debito deve rimanere vivo, deve tenere l’Europa appesa ad un filo, dipendente dalle ricette del FMI e dai saccheggi del neoliberismo e dei loro sicari. Il panorama, insomma, è senz’altro buio e le vie d’uscita percorribili non sono molte, nessuno conosce le ricette, ma ciò che è certo è che se ci si vuole salvare lo si deve fare in modo unitario e con un progetto comune, singole iniziative paiono destinate a fallire, nonostante la situazione ungherese meriti di essere tenuta d’occhio. In questo contesto, fondamentale, per quanto riguarda il nostro paese, è scrollarsi di dosso vecchi schemi utili solo a separare e a mantenere lo status quo, è necessario abbandonare i vecchi concetti di destra e di sinistra, definizioni che paiono sempre più vuote di significato, visto che i rispettivi partiti e elettori si fondono in un unica struttura che solidifica e giustifica i saccheggi attuali e il neoliberismo distruttivo, proposto come un “male necessario”, come un inevitabilità, come un dolore da sopportare, perchè “siamo pigri”, siamo “maiali” (PIIGS), perché “è colpa nostra”, fandonie propugnateci dalla stretta mediatica, e solo in parte veritiere. I partiti estremi rimangono anch’essi relegati a schemi vecchi e oramai incomprensibili e inapplicabili, l’estrema sinistra va avanti a lampi, tra l’altro sempre più rari, così si finiscono per appoggiare guerre fratricide e politiche insensate e masochiste, la sinistra, in Italia erede della grande macchina politica del PCI, ha ormai assunto come totem insostituibile il neoliberismo e la partnership con gli Stati Uniti (per gli amici: “sub-dominanza”), e in questo momento prosegue la mattanza ai danni degli strati sociali meno abbienti e a danno di ciò che rimaneva della produzione statale e dello Stato sociale. Serve un ricambio generazionale, una classe dirigente che sia in grado di riprendere in mano le redini di ciò che rimane del settore statale e industriale, in questo momento in fase di smantellamento. Ma per far questo, per evitare che ciò accada in maniera teleguidata – come in passato, occorre prima di tutto togliersi di dosso il guinzaglio (un guinzaglio materialmente composto da ben 113 basi militari e da vari esecutori di cui i nomi sono fin troppo evidenti per ripeterli ancora). Occorre dunque un’alleanza che salti le “normali” dualità, le contrapposizioni, occorre raccogliere gli scontenti che provengono da sempre più numerose classi sociali. In Italia, di recente, cominciano ad aizzarsi vari focolai spontanei (seppur non esenti da infiltrazioni) che in maniera apartitica cercano di cambiare le carte in tavola, occultati e isolati dai media nazionali e dalle classi politiche, è il caso del Movimento dei Forconi, casualmente prima occultato e poi avversato dai media nostrani. Ma la stessa cosa accade in maniera incensurabile in Grecia, dove è in corso una rivolta che per ora rimane, a prima vista, spontanea, seppur apparentemente priva di prospettive strategiche. Qualche giorno fa a Bruxelles i Vigili del Fuoco hanno manifestato il proprio disappunto per i nuovi tagli, inondando le strade della città, epicentro dell’Unione Europea. Le proteste proseguono, montano, ma in modo disorganizzato e senza progetti politici a lungo termine. Appare ora più che mai necessario dunque un ricambio delle generazioni politiche, solo conseguente però (non può essere altrimenti) ad una conseguita sovranità nazionale, senza la quale ogni progetto economico o politico è destinato ad infrangersi contro il muro padronale. Il ricambio deve avvenire in maniera autonoma e spontanea; non appare al momento altra soluzione, e ovviamente nessuno ha la ricetta in tasca, ma di certo il sistema attuale sta andando in cancrena, sta crollando a pezzi e vuole trascinarci nel baratro, salvando i pochi sicari che rimarranno in piedi. A questo punto, proseguendo a tentoni nel buio, tanto vale sondare ogni strada realisticamente perseguibile per una via d’uscita.
da Stato Potenza

venerdì 9 marzo 2012

Il nuovo mercato della cocaina Ecco chi sniffa per lavorare meglio

SPECIALE LA REPUBBLICA DI PAOLO BERIZZI

Una volta era la droga di moda, quella da sballo del sabato sera o quella destinata ai mestieri glamour: finanza, arte, spettacolo. Oggi è trasversale, coinvolge medici e infermieri, camionisti e muratori, artigiani e piloti, chef e avvocati. Tutti abbagliati dalla possibilità di vincere stress e fatica, di reggere i ritmi, di essere più "performanti" nelle rispettive attività. Tutti destinati a restarne prima o poi schiavi.

Michele viaggia tutta la settimana in camion dalla Brianza a Monaco di Baviera. Luca è chef e prepara catering per 200 persone nelle ville venete. Giuseppe, muratore cottimista, costruisce case in Lombardia. Il problema è che tira su molto altro. Come Gaetano, infermiere strumentista in un importante ospedale di Milano: lui sniffa dieci minuti prima di entrare in sala operatoria. D'altronde lo fa anche il neurochirurgo per prepararsi a un intervento di precisione al talamo. E anche Vittorio e Enzo, 73 anni in due, autisti di autobus per un'azienda privata con appalti nel pubblico. E poi Raffaella  -  non è il suo vero nome  -  42 anni, magistrato penalista, dopo quindici anni è ancora in balia dei suoi demoni.

Sono macchine fatte di carne e vanno a cocaina. Si dopano per aumentare le prestazioni, per vincere lo stress e la fatica, e reggere i ritmi. La prendono a casa prima di uscire la mattina. O sul posto di lavoro. Magari in pausa. In cantiere. Negli spogliatoi del deposito dei tram, dell'ospedale, nella cucina del ristorante. Sulla cabina del Tir. Nei bagni del Parlamento (ricordate l'inchiesta delle "Iene"? Un parlamentare su tre positivo ai test anti droga) e dei tribunali. In taxi. Prima di mettersi alla cloche dell'aereo. Grazie alla polvere bianca riescono a lavorare anche quindici ore senza staccare: se non per uno, o più, "richiamini". C'è chi la droga-doping è convinto di dominarla, e se ne serve a piene narici. Ma poi diventa una scimmia e ti schiaccia. E' così che la droga invade il mondo del lavoro. Una categoria dopo l'altra. Chi sono i nuovi schiavi della sniffata-professionale? Quanto è diffusa?

EFFETTO PERFORMANCE
"All'uso tradizionale della coca  -  quello evasivo-sociale  -  si è affiancato, ormai stabilmente, quello della sostanza assunta come stimolante lavorativo". Vittorio Tanzi è responsabile qualità del Crest, centro per i disturbi di personalità e tossicomania, sede e ambulatorio a Milano, due comunità in provincia di Varese. Ha pazienti imprenditori, manager, magistrati, piloti, operai, avvocati, artigiani, autisti, poliziotti. "Più è stressante il tipo di mestiere  -  in alcuni casi entra in gioco anche il fattore frustrazione  -  e più è frequente il ricorso alla cocaina. Il motivo è molto semplice: oltre ad essere un eccitante è anche un contenitore dello stress, e un abbattitore della fatica". Molto caro. Perché il tempo di effetto della polvere bianca è rapido: un'ora, contro le sei ore dell'eroina. "Se sniffi per aumentare la performance devi farlo di continuo  -  aggiunge Tanzi  -  Più volte al giorno. Il che comporta costi notevoli. Dopo un po' la quantità che prima ti bastava, non ti basta più. Tutto questo fa si che l'uso "performante" della sostanza non possa protrarsi per periodi molto lunghi".

I mestieri della coca hanno una storia millenaria. Che risale fino agli Inca. Nell'800 in Sudamerica i contadini masticavano foglie di cocaina per resistere alla fatica nei campi. Ai fini di una buona resa lavorativa le foglie venivano distribuite tre o quattro volte al giorno, durante le pause dal lavoro. Nell'area compresa tra Colombia, Perù e Bolivia  -  dove si producono tre quarti della cocaina del mondo  -  l'abitudine è ancora intatta, benché un conto sia masticare la foglia, e un altro tirare la coca in polvere, ottenuta tramite vari procedimenti chimici. Tutt'altra storia è la "bamba". La chiamano così a Milano-coca-city (il capoluogo lombardo coi suoi 125 mila consumatori è la capitale italiana e europea dell'assunzione di cocaina; tre volte sopra la media nazionale). Nella sua nuova declinazione la "bamba" ha un po' perso la tradizionale identità. Non più tanto o soltanto stupefacente da "estetica sociale", da "adeguamento" allo status sognato. Piuttosto, una specie di stampella. Per sostenersi nel mestiere, essere competitivi, ammortizzare lo stress.
 
23 febbraio 2012

mercoledì 7 marzo 2012

IL SIGNORAGGIO E' IL VERO MALE DELL'ECONOMIA E LA CAUSA DELLA CRISI ECONOMICA MONDIALE. Cos'è il Signoraggio?

tratto da http://www.signoraggio.com/signoraggio_ilsignoraggio.html

Il signoraggio è una truffa monetaria e psicologica a cui tutti noi siamo soggetti. Questa truffa si nasconde e si potenzia dietro una cortina di silenzio e di morte e ha attraversato gli ultimi 300 anni senza lasciar trapelare nulla della propria esistenza.

Si usa dire che “il più grande inganno del diavolo sia stato far credere all’umanità che lui non esiste” ed è proprio grazie a questa diabolica tecnica che il signoraggio è padrone del mondo ma in maniera trasparente per tutti noi.Non sentirai mai parlare di signoraggio in TV o suoi libri, nessun cantante ci farà mai una canzone né un comico uno spettacolo. I politici non litigheranno mai per il signoraggio e non vedrai mai la Guardia di Finanza arrestare qualcuno per quest’argomento.
Il signoraggio è il massimo potere del pianeta e tutti noi ne siamo schiavi.Tecnicamente il signoraggio è il lucro che si genera dal creare moneta.La legislatura internazionale prevede attualmente che siano le Banche Centrali a creare moneta, sia contante che scritturale.

Un esempio chiarirà il meccanismo:

Creare una moneta (sia essa di carta, in metallo o virtuale come un c/c) ha dei costi, dovuti alla materia prima, alla manodopera e ai servizi necessari di contorno, come la distribuzione, le tecniche anticontraffazione, etc..Il costo maggiore è il materiale di cui è composta la moneta, e l’insieme di tutti i vari costi su indicati vanno a determinare il suo VALORE INTRINSECO.La moneta però riporta sulla facciata un numero che indica un altro valore: il VALORE NOMINALE (o, per l’appunto, DI FACCIATA o anche LEGALE). I due valori (intrinseco e nominale) differiscono tra loro e la loro differenza determina quello che si chiama SIGNORAGGIO, ossia il guadagno che ha chi ha creato quella moneta.Ovviamente chi crea moneta tende a segnare un valore nominale più alto possibile rispetto al valore intrinseco, altrimenti ci rimette (signoraggio negativo), come avviene ad esempio nel conio delle monetine da 1, 2, 5 o 10 centesimi di euro, poiché per farle occorre spendere 15 centesimi. Guarda caso il conio di monetine metalliche è riservato allo Stato e non alla BCE.. 
DALLA MONETA ORO ALLA MONETA CARTA 
Ora vediamo ciò che avviene nella creazione della moneta-oro e della moneta-carta. Anticamente le monete metalliche erano in oro e quindi con un valore intrinseco piuttosto alto. Il “signore” che coniava queste monete imprimeva loro un valore nominale più alto per poterci guadagnare e permettersi così un “aggio” economico notevole.Infatti questo Potente riceveva l’oro (da ricchi commercianti o direttamente da miniere) con la richiesta di convertirlo in moneta sonante e semplicemente metteva la sua effige per GARANTIRE la bontà del pezzo da lui creato (coniato). Era una sorta di garanzia e per questo aveva il suo guadagno.In soldoni.. una moneta veniva dichiarata come contenete 10 grammi d'oro mentre in realtà ne venivano impiegati in fase di conio solo 9 grammi (con l'aggiunta di 1 grammo di metallo non nobile). La differenza tra il valore nominale dichiarato (10 grammi) e valore intrinseco effettivo (9 grammi) era il signoraggio (un grammo d’oro per moneta).
Quando all’oro si è sostituita la carta il discorso è peggiorato (per noi) e il signoraggio è arrivato a quasi il 100%.Peggiorato per noi,migliorato nettamente per loro:
Infatti per stampare una banconota da 5 euro o una da 500 euro bastano 30 centesimi di euro e consideriamo anche che tale banconota non è più legata all’oro (non ha più ‘copertura’ e non è più ‘convertibile’). Questo vuol dire che il Signore moderno, ossia chi oggi CREA moneta (ad esempio la BCE in Europa o la Federal Reserve negli USA) ha un potere enorme. Infatti questi organi privati (tutte le Banche Centrali sono private) possono ricattare o comunque influenzare intere Nazioni.
Basti pensare che la Banca Mondiale (di proprietà della Federal Reserve e della Banca d’Inghilterra, a loro volta tutt’e due private e padrone anche del Fondo Monetario Internazionale) nega prestiti a quei Paesi che NON ACCETTANO di privatizzare il settore dell’acqua potabile! E questo è solo un esempio.
Chi ha ben capito il meccanismo del signoraggio ora avrà anche compreso che ELIMINARE la banconota è un’azione PEGGIORATIVA in quanto sparisce, per le Signore Banche, il ‘costo’ e aumenta al 100% il signoraggio sulla moneta elettronica.Ma c'è dell'altro!Sulla moneta paghiamo gli interessi:
Inoltre la moneta è sottoposta ad un interesse (ad. es. 3%) che fa lievitare il debito dei Cittadini di un Paese sovrano oltre il valore nominale della moneta stessa! In pratica una moneta (banconota) da 100 euro costa al cittadino 103 euro e al Banchiere solo 30 centesimi. Questo è il signoraggio.
Si potrebbe ovviare a tutto ciò in un modo molto semplice: basterebbe infatti che lo Stato, finalmente Sovrano, emettesse moneta senza debito, come fa, ad esempio, con le monete metalliche (naturalmente quelle con valore nominale maggiore del valore intrinseco, ad esempio i pezzi da 50 centesimi, 1 e 2 euro). I più smaliziati avranno capito ora la presa in giro del defunto governatore DUISENBERG nei confronti di TREMONTI quando quest'ultimo chiedeva di sostituire le monete metalliche da 1 e 2 euro con banconote di pari valore e l'ex governatore (morto in circostanze misteriose) rispose dicendo: "Ma il sig. Tremonti sa che così facendo il suo Paese perderebbe il diritto di signoraggio sulla massa di denaro sostituita?".
Dal momento che la banconota non ha un corrispettivo in oro (le banconote sono convertibili in dollari USA ma dal 1971 il Dollaro USA non è più convertibile in oro) non c’è ragione che ad emetterla sia una entità privata né tanto meno che questa entità abbia un monopolio su tale emissione. Inoltre le spese per servire questo prestito (interesse) sarebbero evitate e lo Stato, ovvero tutti noi, avrebbe la REALE autonomia di gestione del Paese.
Chi teme che lo Stato possa in qualche modo iniziare a stampare moneta fuori misura e fuori controllo è una persona che non ha fiducia nello Stato.Sappiamo bene che i politici nostrani sono collusi con ogni interesse immaginabile (banche, petrolio, armi, droga, prostituzione ecc..) ma la domanda che dobbiamo porci è molto semplice:
Perché un politico dovrebbe RIFIUTARE la responsabilità di creare denaro per il popolo?
Se egli è onesto non ci dovrebbero essere problemi poiché opererà secondo ETICA e REGOLE corrette e democratiche.Solo un politico disonesto, con un ultimo barlume di sincerità dirà: “No, guarda.. non darmi questa stampante in mano perché mi conosco e mi stamperei montagne di soldi per me e i miei amichetti!”.
L’ultimo caso è che il politico sia effettivamente disonesto..
Ma se è disonesto perché dovrebbe rifiutare una così ghiotta occasione?Non per remore morali in quanto abbiamo detto che è già disonesto.Se non lo fosse (disonesto) accetterebbe subito la stampante e si comporterebbe come i tanto decantati Governatori di una qualsiasi e privatissima Banca Centrale, ai quali è riconosciuta stima e saggezza fuori dall’ordinario e notoriamente operano secondo il bene della Comunità.
Einaudi ebbe a dire:”Alla scarsità dell’oro si è sostituita la saggezza del governatore [della Banca Centrale, n.d.A.]” (sic!).
Ma allora un ladro perché non ruba? Forse perché c’è un pezzo grosso molto più potente di lui? Forse c’è un’entità che NON VUOLE dargli la stampante e far si che si crei denaro per il popolo (pur con il rischio di ruberie politiche)? E questa entità superiore è onesta? Se così fosse DOVREMMO IMMEDIATAMENTE cedergli ogni potere, poiché saprebbe ben governarci, di sicuro meglio del politico di cui sopra, o no? E se fosse invece disonesta perché ha in mano la stampante e affama il popolo facendolo vivere in un regime di anemia finanziaria? E questa entità superiore disonesta tanto, anzi più, del politico chi è se non Il Grasso Bankiere©?
E’ evidente che il politico NON VUOLE E NON PUO’ prendere la stampante in nome del popolo perché i banchieri privati internazionali NON LO PERMETTERANNO MAI.
Eleggiamo persone che sono sponsorizzate dai banchieri e che quindi non opereranno mai in un’ottica popolare ma sempre a vantaggio dei loro VERI DATORI di lavoro.
E’ pur vero che solo POLITICAMENTE si potranno invertire le cose ma per far ciò occorre la CONSAPEVOLEZZA di una grande fetta della popolazione, che sia informata, cosciente e motivata ad operare un RADICALE CAMBIAMENTO NELLA SCENA POLITICA.
A tal fine questo articolo deve essere divulgato presso il Popolo tutto, assieme ad altri scritti, libri, manifestazioni e dibattiti pubblici che spieghino quale sia LO VERO MALE DELLO MONNO e le soluzioni terribili e dolorose che si dovranno presto adottare per non cadere nel baratro.
In un prossimo articolo approfondiremo aspetti importanti della questione e chiuderemo in un terzo articolo parlando di Riserva Frazionaria, altra truffa questa, vera responsabile dell’Inflazione e del potere delle Banche Commerciali che creano denaro dal nulla tramite i Conti Correnti che ci obbligano oggi ad avere.

Dai medici di famiglia un invito ai cittadini per salvare la loro salute Dal colpo di Stato ai farmaci generici

Tratto da “Rinascita”, www.rinascita.eu - Giuseppe Sassi, Gianantonio Valli

 

Siamo in guerra. Aperta. Non dichiarata. Anomala. Con suicidi per disperazione. Quando lo fanno i militari lo chiamano colpo di Stato; quando lo fanno le banche, lo chiamano governo tecnico. Da tre mesi in Italia (come in Grecia) è in atto un colpo di Stato dell’Alta Finanza coordinato dal presidente della Repubblica e avallato, complice o idiota, dalla quasi totalità del Parlamento.
Che un presidente comunista come Giorgio Napolitano si faccia garante di un governo imposto dall’Alta Finanza e dalla Massoneria non è un paradosso, ma la conseguenza di un medesimo sistema di pensiero. L’attuale inquilino del Quirinale non è solo colui che, membro del Comitato centrale del Pci, nel 1956 faceva spallucce mentre i carri armati sovietici massacravano il popolo ungherese, ma è anche colui che, violando la Costituzione, lo scorso anno ha aizzato il governo a partecipare all’atroce guerra di Libia voluta, anche a danno dell’Italia, dai franco-anglo-americani. E’ colui che, maggiore responsabile dello stato di soggezione alla Finanza globale e alle manovre “lacrime e sangue” imposte dall’improvvisato senatore a vita Mario Monti, è stato ricompensato a Bologna con la laurea honoris causa in “Relazioni internazionali”.
Le attuali manovre non sono che la riconferma della concorde volontà, da parte della destra liberale e dell’eterna sinistra comunista, di annientare il popolo italiano. Ciò in nome di un’ideologia mondiali sta che si propone di eliminare ogni specificità nazionale per imporre ad ogni Paese la completa sudditanza economica, il caos razziale e la disgregazione sociale. Dopo la creazione del mostro pseudopolitico chiamato Unione Europea e dopo l’invasione terzomondiale chiamata “immigrazione”, si è aperto il terzo tempo della distruzione delle nazioni europee. La riduzione in miseria dei popoli sta oggi ovunque avvenendo ad opera dei loro stessi ceti dirigenti mediante la consegna dei loro interessi e del loro destino nelle mani dell’usura internazionale.
False sono le ragioni addotte dal finanziere mister Monti – boss della banca d’affari Goldman & Sachs (come Ciampi, Prodi, Padoa Schioppa, Draghi e compagnia cantante), della Trilateral Commission, del Bilderberg Group e di ogni altro più celato gruppo di pressione – sia sulle cause che sui rimedi per “risanare” il debito pubblico. Infatti la massima parte del “buco” del debito pubblico non è dovuta alle pur delinquenziali ruberie attuate in passato dai politici italiani, ma alla perdita della sovranità monetaria e alle manovre speculative compiute dall’Alta Finanza.
Le Banche Centrali – Bce e Banca d’Italia comprese – non sono istituzioni pubbliche come pensa la maggior parte dei cittadini, ma strutture private. Senza obbligo di tutelare le politiche nazionali, nel chiuso dei loro covi privati esse, tra l’altro, stampano segretamente, a discrezione, le banconote, stringendo o allargando il credito secondo i loro interessi privati.
E’ chiaro che un Sistema siffatto non può che creare un debito pubblico sempre maggiore, richiedere il varo di “manovre” sempre più onerose e numerose, incatenare infine in eterno i popoli alla schiavitù dell’interesse.
E’ per far funzionare tale sistema, cioè per arricchire i grandi usurai, che i governi europei – quello di mister Monti in prima fila, tra i miserabili piagnistei (vedi Sua Eccellenza Fornero, docente, banchiera e ministra) e insulti ai giovani italiani (“il posto fisso è monotono”, “sfigati”, “mammoni”, etc.) – impoveriscono i popoli strozzandoli con tasse sempre più pesanti. In secondo luogo anche un mentecatto comprenderebbe che se al cittadino si sottraggono i soldi con tasse ed aumenti di ogni genere, egli non può certo spenderli per “far girare l’economia” (nazionale?) e contribuire alla “crescita” (nazionale?). Egualmente, anche un mentecatto sa che nessuna “crescita” è possibile se non si ferma l’alluvione di merci dall’estero, tanto per dire: cinesi, prodotte con manodopera pagata un decimo degli equivalenti europei. Ma i nostri ministri sono uomini d’onore. Banchieri e professori universitari. Riveriti da ogni parassita della carta stampata e delle televisioni. Non gente come noi e voi, coi piedi per terra e il cervello funzionante.
Dopo i provvedimenti di rapina dell’Esecutivo (nel senso di “esecutore di “esecuzioni”…) – com’è buono Lei, direbbe Fantozzi – è arrivato il tempo delle “privatizzazioni” e delle “liberalizzazioni”. Tali termini sono impropri. Il primo altro non è che una svendita dei beni pubblici, arraffati per un tozzo di pane dagli “amici degli amici”. Il secondo è improprio anche perché evoca sensazioni positive di “libertà”.

Se per il primo si dovrebbe meglio parlare di “saccheggio”, per la “liberalizzazione” si dovrebbe parlare di “deregolamentazione” – “deregulescion”, nell’idioma dei manolesta - vale a dire “abolizione di tutte quelle regole che finora sono servite a mantenere in piedi una società civile”. Con l’abolizione delle regole e lo scatenamento del caos in ogni settore, con l’impoverimento generale e la guerra di tutti contro tutti, i gruppi finanziari più forti e criminali otterranno per sempre il predominio. Come sempre è accaduto quando viene calata nel concreto l’ideologia liberale.
Non contento di suggere il sangue degli italiani, in campo sanitario l’Esecutivo Monti (sempre nel senso di “esecuzione”), seguace di quell’altro bel tomo dal ghigno giocondo chiamato Romano Prodi, vorrebbe che noi medici lasciassimo campo libero all’azione devastante delle ditte di “generici” e al comportamento improprio dei farmacisti. A parte le lodevoli eccezionalità professionali, questi ultimi vi affibbierebbero, infatti, i farmaci secondo loro e per loro più convenienti.
Già cinque anni fa abbiamo espresso chiaramente la nostra opinione: già solamente per legge, e a prescindere da furberie commerciali, i farmaci generici non sono eguali a quelli originali.
Chiunque – governo, Asl, giornalisti e quant’altri – vi dica il contrario sbaglia. Magari per leggerezza, magari per ignoranza, magari per interesse. Il minimo risparmio economico col quale vi si alletta con farmaci che “assomigliano” a quelli originali non è controbilanciato né dai rischi né dai fastidi che potreste correre.
E quindi, a dispetto dei deliri di questo governo del caos – che ancora con dl n.1 del 21.1.2012 art. 11/9 persiste nel disinformare sulla “uguaglianza” dei farmaci generici (spesso neppure prodotti in Italia, ma in posti “affidabili” come Pakistan, India, Cina e Africa) – continueremo a prescrivere in scienza e coscienza unicamente i farmaci originali.
Con questa comunicazione non pretendiamo di risolvere alcunché dello sfacelo in atto, e tuttavia il nostro senso di responsabilità verso di voi e verso la comunità nazionale nella quale ancora crediamo non ci permette di restare in silenzio. Grazie per l’attenzione e, ancor più, per la condivisione del nostro pensiero.

 

Moderne memorie

Ahi, dover cantare storie lontane
di un passato distratto
con il cuore straniero
su di una terra crocifissa!
Sotto le fronde degli ultimi ulivi
si sono persi i canti dei padri
e delle madri!
Le pietre da sole non bastano
a rimembrare un orgoglio sbiadito!
Senza memoria alcuna
Tu muori
e del ritorno a quella "Terra Promessa"
non resta che una pia illusione
per quei pochi, grandi sognatori...
(mirko torelli)

lunedì 5 marzo 2012

I figli dei ministri? Tutti geni (con posto fisso e vicino a mammà) – Nomi, foto, storie

Sarà forse una questione genetica ma i figli di questi ministri incartapecoriti, che da una settimana somministrano al Paese dosi mai viste di delirio senile, sono tutti ma proprio tutti dei grandi fenomeni della natura, una sfida alle leggi della statistica. Oh nemmeno uno “sfigato” ma tutti autentici geni con uno o più posti fissi e con compensi che i comuni mortali possono solo sognare. O forse no. Forse sono solo i figli di una classe dirigente che predica bene e razzola malissimo. Forse sono soltanto la punta dell’iceberg di un sistema malato, fondato sul nepotismo e sulla clientela e ostile al merito. E tuttavia, le sparate di Monti, Fornero e Cancellieri, ci offrono una grande opportunità, ossia quella di aprire nel Paese una grande discussione sul tema della mobilità sociale. Dobbiamo interrogarci su come sia possibile offrire a tutti (al figlio di Monti come a quello dell’operaio) le stesse condizioni di partenza e le stesse opportunità così come recita l’articolo 3 della Costituzione che qui ricordiamo: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”
Ecco a voi i ritratti di questi fenomeni della natura e, come si suol dire, Una coincidenza è una coincidenza due coincidenze sono un indizio tre coincidenze sono una prova:
GIOVANNI MONTI (figlio di Mario)
39 anni. A poco più di 20 anni è già associato per gli investimenti bancari per la Goldman Sachs, la più potente banca d’affari americana, la stessa in cui il padre Mario ricopre il ruolo apicale di  International Advisor. A 25 anni è già consulente di direzione da Bain & company, dove rimane fino al 2001.  Dal 2004 al 2009, vale a dire fino al suo approdo alla Parmalat, Giovanni Monti ha lavorato prima a Citigroup e poi a Morgan & Stanley: a Citigroup è stato responsabile di acquisizioni e disinvestimenti  per alcune divisioni del gruppo, mentre alla Morgan  si è occupato in particolare di transazioni economico-finanziarie sui mercati di Europa, Medio Oriente e Africa, alle dipendenze dirette degli uffici centrali di New York.
SILVIA DEAGLIO (figlia di Elsa Fornero)
37 anni. A soli 24 anni, mentre già svolgeva un dottorato in Italia, ottiene un incarico presso il prestigioso Beth Israel Deaconess Medical Center di Harvard, il prestigioso college di Boston. La figlia del ministro inizia ad insegnare medicina a soli 30 anni. Diventa associata all’università di Torino a 37 anni con sei anni di anticipo rispetto alla media di accesso in questo ruolo. Il concorso lo vince a Chieti, nel 2010, nella facoltà di Psicologia, prima di essere chiamata a Torino, l’università dove insegnano mamma e papà, nell’ottobre 2011. alla professoressa Deaglio ha certamente giovato nella valutazione comparativa il ruolo di capo unità di ricerca all’Hugef, ottenuto nel settembre 2010 quando era ancora al gradino più basso della carriera accademica, e a ridosso dell’ultima riunione della commissione di esame che l’ha nominata docente di seconda fascia. Come detto, l’Hugef è finanziato dalla Compagnia di San Paolo, all’epoca vicepresieduta da mamma Elsa Fornero.
PIERGIORGIO PELUSO (figlio di Annamaria Cancellieri)
Appena laureato viene catapultato subito all’Arthur Andersen. Un fenomeno della natura. Da lì balza a Mediobanca. Passa poi per diversi enti e dirigenze bancarie tra cui Aeroporti di Roma (consigliere d’amministrazione), Gemina (consigliere) Capitalia, Credit Suisse First Boston e Unicredit per finire, poco tempo fa, alla Fondiaria Sai dove ricopre il ruolo di direttore generale con compenso da 500mila euro all’anno.
MICHEL MARTONE (figlio di Antonio)
Figlio di Antonio Martone, avvocato generale in Cassazione, amico di Previti e Dell’Utri e Brunetta, già  nominato da Brunetta presidente dell’authority degli scioperi, ruolo da cui si è dimesso dopo essere stato coinvolto come testimone nell’inchiesta P3. Il superaccomandato Michel Martone ha una carriera universitaria molto rapida: a 23 anni ha un dottorato all’università di Modena. A 26 anni diventa ricercatore di ruolo all’università di Teramo. A 27 anni diventa professore associato. Al concorso, tenutosi tra gennaio e luglio 2003, giunse al secondo posto su due candidati, in seguito al ritiro di altri 6. Presentò due monografie, una delle quali in edizione provvisoria (ossia non ammissibile); ottenne 4 voti positivi su 5, con il parere negativo di Franco Liso, contro i cinque voti positivi ricevuti dall’altra candidata, 52enne con due lauree e 40 pubblicazioni. Tuttavia fu Martone ad ottenere il posto da ordinario. A 37 anni diventa viceministro del governo Monti.

tratto da  http://www.blogger.com

domenica 4 marzo 2012

PIRANDELLO: LA POETICA

Alla base della visione del mondo pirandelliana vi è una concezione vitalistica, idea ripresa dalla filosofia di Bergson: la realtà tutta è vita, perpetuo movimento vitale, flusso continuo, incandescente, indistinto. Tutto ciò che assume forma distinta ed individuale, comincia a morire.

Questo lo porta ad avere una nuova e rivoluzionaria concezione dell'uomo: esso tende a fissarsi in una forma individuale, che lui stesso si sceglie, in una personalità che vuole coerente ed unitaria; questa, però, è solo un'illusione e scaturisce dal sentimento soggettivo che ha del mondo.

Inoltre gli altri con cui l'uomo vive, vedendolo ciascuno secondo la sua prospettiva particolare, gli assegnano determinate forme. Perciò mentre l'uomo crede di essere uno, per sé e per gli altri, in realtà è tanti individui diversi, a seconda di chi lo guarda.

Ciascuna di queste forme è una costruzione fittizia, una "maschera" che l'uomo s'impone e che gli impone il contesto sociale; sotto questa non c'è nessuno, c'è solo un fluire indististo ed incoerente di stati in perenne trasformazione.

Ciò porta alla frantumazione dell'io, sul quale si era fondato tutto il pensiero sino a quel tempo, in un insieme di stati incoerenti, in continua trasformazione. La crisi dell'idea di identità e di persona è l'ultima tappa della crisi delle certezze che ha investito la civiltà dei primi del novecento.

La presa di coscienza di questa inconsistenza dell'io suscita nei personaggi pirandelliani sentimento di smarrimento e dolore. In primo luogo provano angoscia ed orrore, seguiti dalla solitudine, quando si accorgono di non essere nessuno; in secondo luogo soffrono per essere fissati dagli altri in forme in cui non si possono conoscere.

Vi è quindi un rifiuto delle forme della vita sociale, che impongono all'uomo "maschere" e parti fittizie. Innanzitutto viene criticata la famiglia. La seconda "trappola" è quella economica, la condizione sociale ed il lavoro; da quest'ultima non vi è alcuna via d'uscita storica: il pessimismo pirandelliano è totale. Per lui è la società in quanto tale che è condannabile, in quanto negazione del movimento vitale; per questo la sua critica è puramente negativa e non propone alternative.

L'unica via di relativa salvezza che viene data ai suoi eroi è la fuga nell'irrazionale, oppure nella follia, che è lo strumento di contestazione per eccellenza delle forme fasulle della vita sociale.

Nell'opera pirandelliana viene introdotto un nuovo personaggio: il "il forestiere della vita", colui che "ha capito il giuoco" e che perciò si isola, rifiutando di assumere la sua parte, ed osservando gli uomini imprigionati dalla "trappola" con un atteggiamento umoristico (filosofia del lontano).

Dal vitalismo pirandelliano scaturiscono importanti conseguenze sul piano conoscitivo: se la realtà è in perpetuo divenire, essa non si può fissare in schemi e moduli d'ordine totalizzanti ed onnicomprensivi. Non solo, ma non esiste neanche una prospettiva privilegiata da cui osservare l'irreale, le prospettive possibili sono infinite e tutte equivalenti (Einstein).

Ciò comporta un radicale relativismo conoscitivo: ognuno ha la sua verità, che nasce dal suo modo soggettivo di vedere le cose. Da ciò deriva un'inevitabile incomunicabilità tra gli uomini, dato che ciascuno fa riferimento alla realtà come gli appare, mentre non può sapere come sia per gli altri.

L'incomunicabilità accresce il senso di solitudine dell'uomo che scopre di essere nessuno.

Dalla visione complessiva del mondo scaturiscono la concezione dell'arte e la poetica di Pirandello.

L'opera d'arte nasce dal libero movimento della vita interiore, mentre la riflessione, al momento della concezione, non compare o rimane celata sotto forma di sentimento. Nell'opera umoristica, invece, la riflessione giudica, analizzandolo e scomponendolo, il sentimento.

Il dato caratterizzante dell'umorismo è il sentimento del contrario, che permette di cogliere il carattere molteplice e contradditorio della realtà e di vederla sotto diverse prospettive contemporaneamente. Inoltre accanto al comico è sempre presente il tragico, dal quale non può mai essere separato.
tratto da http://users.libero.it